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La Mia Cambogia - VIII

Diario di viaggio nel piccolo ma intrigante paese indocinese

 

segue... 

 

29° giorno 
Colazione standard poi ritirati gli scooter manuali da Mr. 42 partiamo con destinazione il grande ponte sullo splendido fiume Tatai, nel mezzo del Conservation Corridor, circa 18 km fuori città su strada asfaltata. Percorso in salita, ma occorre diffidare nell’allontanarsi dalla statale, i dintorni non sono ancora stati bonificati dalle mine, le viste sulla foresta di mangrovie e su Krong Koh Kong spettacolari. Da qui risaliamo ancora la statale per prendere una via sterrata in direzione Thma Bang, nel bel mezzo dei Monti Cardamomi, dalla svolta sulla statale identificabile dalle tante bancarelle alimentari. Dopo poco meno di 2 km vi è l’unico bivio del percorso, evitate la strada a sinistra e continuate diritto, non vi è più possibilità di perdersi. Il sentiero è al solito su terra rossa, ma con molta meno polvere che a Ratanakiri e soprattutto non incontrando quasi mai nessuno non la si respira in continuazione, anche se la mascherina è comunque indicata. Pochissime abitazioni, la valle si apre e si chiude più volte e prima di arrivare a Thma Bang si attraversa un altro villaggio, giunti vi è possibilità di prendersi una pausa presso una abitazione sulla destra, una famiglia dedita all’agricoltura mette a disposizione alcune bevande e della benzina. Uno dei figli parla un po’ di inglese e ci racconta la loro storia, ora ripiegano qui dopo anni di vita in città, perché il padre che faceva l’autista ha avuto un incidente perdendoci un occhio, due persone trasportate e di conseguenza la licenza di guida. Così son saliti a fare gli agricoltori e lui parla un po’ di inglese per via dei primi anni di scuola, poi incredibilmente veniamo a sapere che la sorella è la moglie di Mr. 42, piccolo il mondo anche da queste parti. Ci segnala delle cascate nei paraggi, ovviamente nessuno cartello a indicarle, andando a caso e prendendo un sentiero sul lato destra della via tornando verso la statale (unico sentiero degno di questo nome uscendo da Thma Bang) lo percorriamo più volte seguendolo con deviazione a destra ma lì termina presso alcune capanne disabitate. A quel bivio, escludendo il buon senso, occorre invece prendere a sinistra, ci si butta nella boscaglia per alcuni minuti, passaggi tra tronchi stretti, ovviamente se lo scooter fosse il mio e fossi a casa mai andrei in passaggi del genere, ma qui pare la normalità. A un certo punto troviamo altri scooter parcheggiati, vi è un piccolo sentiero che scende verso il fiume e si arriva effettivamente a delle cascate nel mezzo della foresta, alcuni ragazzini del luogo son stupiti dell’arrivo di stranieri in questo angolo remoto dei Monti Cardamomi, ma questa volta glissiamo sul buttarci in acqua, riprendendo il lungo cammino verso la statale. Nei dintorni del ponte sul Tatai, circa 1 km a destra c’è la possibilità di vedere le omonime cascate, ma durante la stagione secca le cascate non sono nemmeno una banale rapida. Arrivati in città andiamo a visitare la parte su terraferma della foresta di mangrovie del Peam Krasaop e uscendo da Krong Koh Kong al solito attraversiamo la suburbia della città dominata dalla popolazione di credo musulmano, e fa un certa impressione vederli così numerosi in questi luoghi da sempre assimilati al buddhismo e dove i monaci un qualche seguito lo esercitano ancora, anche se ben differente da quanto avvenga in Laos. L’escursione tra i villaggi galleggianti al tramonto è un’esperienza altamente gratificante, cromaticamente il luogo offre un risalto fantastico, il sole che si specchia su laghi e bacini esalta al massimo il luogo, certo che pensarlo quando le piogge saranno continue, il fango la farà da padrone è altro aspetto, molto inquietante. Il tramonto ce lo godiamo qui nel mezzo dei bacini tra le mangrovie e vicino al mare, più o meno dove il Kaoh Pao si getta nel Golfo di Thailandia. Ennesimo tramonto da cartolina, son già vari giorni che accade durante questo viaggio ma non ci si stanca né abitua mai. Consegniamo gli scooter, percorsi indicativamente 135 km. Per cena facciamo tappa al ristorante alla rotonda del francese, come ormai lo identifichiamo. Notiamo come sia sempre molto frequentato e come i viandanti di lungo corso lo utilizzino come base delle loro serate.  Ma del resto la città offre poco, alcuni ristoranti di nuova apparizione nei paraggi dell'Asia Hotel vengono sconsigliati da più persone e allora le scelte rimangono limitate. 

 

Le mangrovie di Krong Koh Kong

 

30° giorno

Ultima colazione qui al caffè dove ormai siamo di casa sia col titolare che con gli avventori quotidiani, alle 8 il conducente del motoremorque ci preleva puntuale, per arrivare al posto di confine si attraversa il lungo ponte che taglia la baia e ci scarica proprio a ridosso del confine cambogiano di Cham Yeak, le procedure sono simili a quelle dell’entrata ma invece di 200 persone ce ne saranno 5 davanti a noi così in pochissimi minuti ci viene rilasciato il passaporto col timbro di uscita, 100 metri a piedi e siamo a Hat Lek, lato Thailandese, anche qui procedure velocissime, usciti dal posto di confine un minivan ci carica immediatamente con destinazione Trat anche se dopo 20’ in un’area si servizio cambiamo mezzo. A Trat arriviamo alla stazione dei bus, il primo mezzo in partenza per Bangkok è un minivan così prendiamo quello, la calca dei minivan cambogiani è fortunatamente esclusa, facciamo una prima tappa per rifornimento di gas in un’area di servizio dotata di ogni confort e tante opzioni alimentari, cosa a cui non eravamo più abituati. Prima di entrare in Bangkok, lunga sosta a una stazione di rifornimento di gas, il conducente ha un accordo con questa catena e non può rifornirsi dove preferisce, così perdiamo quasi 30’, il minivan sfreccia a velocità impressionante sulle ampie autostrade thailandesi, passiamo anche a fianco allo stabilimento locale della Triumph e non posso non farlo notare con orgoglio, il viaggio termina nei dintorni del Victory Monument, il pacchetto in vendita dalle compagnie di viaggio a Krong Koh Kong offriva una soluzione analoga ma più costosa, viene venduta come un Koh Kong-Bangkok diretta ma in realtà occorre fare gli stessi cambi che si fanno andando da soli. Qui col bus raggiungiamo la zona di Khaosan Road cercando il solito posto per dormire che però è tutto esaurito, rimediando presso un altro in Rambutri. Giro serale lungo le vie che si trasformano in mercati con cena in locale non troppo affollato e dalla qualità migliore che tanti altri incontranti lungo il cammino. Qui ovviamente la vita non si ferma mai, al confronto delle cittadine cambogiane par di essere dall’altra parte del globo quando invece disteremo non più di 500 km. La zona è piena all’inverosimile di uffici cambi, le banconote in dollari hanno valori differenti, quelle da 50-100 vengono cambiate a un tasso migliore rispetto a quelle da 10-20, che a loro volta godono di un servizio preferenziale nei confronti di quelle da 1-5.

 

Il Monumento alla Vittoria di Bangkok

 

31° giorno

Abbondante colazione poi in bus giungiamo alla stazione di partenza della metropolitana di Hualamphong, di fronte alla omonima stazione ferroviaria. Da lì in metro raggiungiamo dopo 15 fermate Chatuchak Park per visitare l’enorme mercato del fine settimana. Da Khaosan Road si impiegano circa 90’ con la soluzione bus+metro. Alle numerose entrate vien distribuita la guida del mercato, utile per comprendere come muoversi e che settori prediligere, per girarlo tutto, comprese le bancarelle attigue sulle vie limitrofe. Serve una giornata intera, il mercato è dotato di svariati servizi, bancomat e cambiavalute, servizi igienici, ristoranti e bar di ogni tipo, volendo si può far giornata alla grande, anche se alla lunga le merci esposte si assomiglino enormemente, col made in China a farla da padrone. Vi è anche una parte più culturale con artisti a esporre le loro opere, un diversivo interessante nel mezzo dell’ultimo modello Nike (partono al massimo da circa 30€ ma tutto è trattabile) o di collanine del mercato equosolidale in presa diretta. Rimane comunque il luogo giusto per far man bassa di souvenir dell’ultimo momento in modo da non appesantire anzitempo lo zaino, certamente il mercato russo di Phnom Penh è più competitivo economicamente ma offre meno scelta. Da qui rientriamo via metro ma invece di prendere i bus camminiamo per circa un km dalla stazione finale della metro al lungofiume dove saliamo sul battello che funge da servizio pubblico, da Tha Krom Chao (sempre difficoltosa da trovare negli stretti passaggi tra i mega alberghi della zona e le catapecchie semiabbandonate) a Tha Phra Athit. Sul battello la confusione è tale che nessuno ci chiede di acquistare il biglietto. In una delle numerose bancarelle in preparazione del mercato notturno su Tha Phra Athit ci rifocilliamo prima di un consulto su internet nell’attesa che il mercato prenda forma per visionarlo al meglio. La confusione è totale, in vendita di tutto, soprattutto oggetti usati, le visioni più incredibili riguardano il cibo, ragni giganteschi e scorpioni fanno bella mostra di sé fritti in padella, alcune bancarelle per evitare di venir assediate solo per rimirare queste leccornie son sormontate dal cartello di No Picture, evidentemente questi piatti non son poi così comuni per la maggior parte della gente che in questo mercato notturno è per la maggior parte locale a differenza dell’attiguo mercato notturno di Khaosan Road, vero fulcro del turismo dei backpakers. Per cena si va di bancarella in bancarella tentando di evitare i ragni fritti ma lasciandosi tentare dalle varie specialità, terminando con una crepe alla francese. Il culmine della festa è attorno al Phra Sumen Fort, illuminato e attorniato da varie band locali, anche se una presenza stile andina mi sembra non mancare nemmeno qui… Nella calca locale non mancano i monaci del vicino Wat Chana Songkhram, alla ricerca di questue serali, così da mettersi avanti sui colleghi che si muovono di mattina.

 

Un venditore di ghiaccioli al mercato di Chatuchak

 

32° giorno

Sveglia ore 5:30, destinazione aeroporto per il rientro in Italia. Per guadagnare tempo faccio colazione con alcune cose comprate la sera precedente, ma volendo qui non c’è problema nel trovare locali aperti a qualsiasi ora. Il passaggio per il Suvarnabhumi Airport era stato comprato il giorno precedente, il servizio non è con minivan come tutti gli altri ma in auto assieme a due operatrici di terra dell’aeroporto che si recano al lavoro, evidentemente in accordo col gestore dell’agenzia, meglio ancora perché così il servizio è più comodo. C’è traffico anche alle 6 di mattina a Bangkok anche se non congestionato come durante la giornata, servono comunque 45’ per arrivare, il check-in della Oman Air è veloce come i controlli del passaporto in uscita e quello alle porte dei raggi X. Volo per Muscat puntuale, solito servizio di bordo di ottimo livello, attesa di circa 3:30 e volo puntuale per Milano e di nuovo si mangia e beve a piacimento, all’aeroporto di Malpensa le procedure son veloci come anche il ritiro dello zaino (sorpresa positiva), lo shuttle per la stazione centrale deserto, il problema è che dopo le 20:45 da Milano non ci sono più treni in direzione Roma, giusto la linea più frequentata d’Italia. Così devo attendere circa 90’ al freddo (non c’è una sala di attesa in stazione), gli addetti alla sicurezza consigliano di rimanere nel piano di mezzo dove il freddo è meno intenso, buon uso fa la coperta della Oman Air per evitare di aprire lo zaino ed estrarre il sacco a pelo. Sembra più un ostello che una stazione, ma del resto nell’attesa dei pochi treni in partenza dove riparare? Per fortuna un treno notturno Milano-Salerno è in partenza, strano che non fermi a Bologna e Firenze, così scendo a Parma (viaggia lento come il treno di bambù a Battambang senza però lo scenario del luogo e la magia di quel piccolo oggetto strambo) nella neve all’una di notte apprezzando la magnanimità di chi nel mezzo di una nevicata mi viene a recuperare a circa 90 km da casa. Intanto mi rimane impresso come nel mezzo della foresta cambogiana un motoremorque per spostarsi si possa sempre trovarlo mentre in Italia un collegamento Milano-Bologna in alcuni momenti possa essere impossibile, ma questi son tutti altri pensieri già con vista su viaggi futuri.

 

Un poco invitante secchio di ragni fritti

 

2 note di commento

Il viaggio si è svolto tra dicembre e gennaio, stagione secca, caldo ma non umido (almeno per quei luoghi) e qualsiasi via/sentiero percorribile. In Cambogia servivano indicativamente 5.000 riel per 1 euro e 4.000 per un dollaro. Di fatto il riel serve solo per i piccoli importi, la moneta vera e propria è il dollaro, emesso anche dai bancomat (sì, i bancomat non emettono la moneta nazionale!) e quelli della Canadia Bank non necessitano di commissioni. In qualsiasi città o paese uno sportello bancomat lo si trova, iniziano a trovarsi anche nei villaggi, quindi si può girare sempre con poco contante, però tenete conto che le carte di credito son difficilmente utilizzabili. Si può evitare di cambiare in valuta locale, serve poco e la si recupera coi vari resti dai dollari, che sarebbe meglio avere in tagli piccoli perché i cambogiani, a prescindere, non vogliono mai dare resti vari. Abituatevi a pagare nel sistema misto così come ricevere resto in quel doppio modo. I cellulari hanno copertura quasi ovunque, a meno di luoghi ancora remoti (vedi l’attraversamento tra le provincie di Ratanakiri e Mondulkiri), basta osservare come ne siano dipendenti i cambogiani, quasi tutti provvisti di 2 modelli a testa. Facilissimo trovare wi-fi free in qualsiasi esercizio commerciale, ma internet point sono ovunque a prezzi bassi. Per muoversi con motorini a nolo fondamentale procurarsi una mascherina per la polvere, presente in quantità incredibili nei luoghi più remoti, sovente i più affascinanti. La temperatura è ovunque elevata a parte nella provincia di Mondulkiri dove la sera occorre coprirsi, i letti sono dotati di panni e coperte quindi non serve portarsi un sacco a pelo adeguato. Con la lingua inglese normalmente si riesce a interloquire ma nei villaggi diventa più problematico, però anche il semplice frasario presente sulle guide può esser sufficiente e comunque qualche parola in lingua locale farà piacere e avvicinerà. Il cibo, almeno per chi è abituato alla buona tavola, è poca cosa e ripetitivo, ma si sopravvive bene ugualmente. Acqua da bere solo e rigorosamente in bottiglia, nessun problema per il ghiaccio, viene tutto prodotto in apposite fabbriche e distribuito ovunque, quindi gustatevi senza timore caffè ghiacciato, anche perché il caffè quasi sempre è delizioso. Non occorre esser muniti di visto, lo si riceve all’ingresso (30 giorni, rinnovabile ma con procedura lunga), in qualsiasi punto ufficiale si passi, però il punto di frontiera presso il Prasat Preah Vihear è ancora chiuso, e visto il dispiegamento di militari immagino lo sia ancora a lungo. Se intendete continuare verso il Vietnam quasi tutte le agenzie di viaggio provvederanno a fornivi il visto in 2/3 giorni, visto che non è possibile espletarne le formalità all’ingresso. Infine, tutto è molto commerciale, se siete alla ricerca del misticismo orientale qui non c’è proprio, scegliete altre mete in area, a cominciare dal confinante Laos. E pazienza, tanta pazienza ad Angkor, pare che il mondo intero sia in quel posto a visitare le favole vestigie Khmer, a cominciare da frotte di ricchi cinesi che si comportano come i padroni di tutto. Ma anche un’invasione di cavallette è trascurabile a fronte dello spettacolo del luogo. In Thailandia un euro corrisponde indicativamente a 40 bath, un dollaro a quasi 30.

 

 

La Mia Cambogia - I

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Luca

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