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Marocco meridionale - III

Diario di viaggio nel dolce paese maghrebino

 

segue... 

 

9° giorno 

Colazione in hotel e partenza verso Bouzakarne, anonima cittadina contraddistinta da un colorito mercato lungo la strada principale, donne vestite al modo tradizionale arabo che paiono arrivate dirette dalla Mauritania piuttosto che quelle incontrate fino ad ora in Marocco, angurie su tutto e tutti, anche se la parte del leone la fanno le tante macellerie dove teste di dromedario mozzate fanno a gara con quelle di capre e pecore. Ma in vendita su di un banchetto mobile c’è anche una quantità industriale di menta, la preziosissima menta che non può mancare in nessun tè, consumata in maniera così corposa che deve essere importata per soddisfare le ingenti richieste. Luogo mai citato ma piccolo e interessante, uno spaccato della dura vita del sud del paese. La tappa seguente si trova ancora più a sud, Guelmine, ad un passo da quel confine conteso che viene identificato come territorio del Sahara Occidentale, per i marocchini roba loro. La prima visita è al mercato dei dromedari, oggi non così affollato perché non giornata di punta, ma comunque presenti circa una cinquantina di animali pronti per essere acquistati, scambiati o semplicemente osservati per affari futuri. Usciti da qui visitiamo il centro città immergendoci nelle vie del mercato molto ampio che mischia prodotti alimentari a tutto il resto, con una quantità incredibile di abiti tutti identici, che vengano realizzati a mano come ogni venditore è pronto a giurare, vien dura da credere, l’invasione cinese qui è ben presente. Sosta al bar sport per il solito e ormai immancabile tè alla menta, bar tradizionale dove come quasi ovunque sosta una quantità numerosa di avventori che non consumano praticamente nulla, situazione classica soprattutto nel sud del paese. Del resto qui fa particolarmente caldo, meglio starsene all’ombra al bar, anche senza consumare nulla. Infine si parte per il mare a Sidi Ifni, antica enclave spagnola, ceduta al Marocco solamente nel 1969, dove troviamo alloggio presso un albergo gestito da un marocchino inventore di giochi di società ma la proprietà è di una compagnia belga. Gestione familiare che più non si può, camere piccole ma confortevoli, dotate di ogni cosa compresa una importante coperta, già perché dopo aver sofferto il caldo, appena arrivati al mare questo scompare. Sidi Ifni è costruita sulla parte alta della collina, edifici in stile coloniale bianco e azzurro, pare più Caribe che Marocco. Dall’alto si domina un mare scuro e agitato, frequentato solo in un’unica posizione e controllato dai bagnini locali, la temperatura e il vento ne sconsigliano l’immersione, i numerosi surfisti dimostrano che la condizione ideale per loro rende difficile quella per gli habitué della Riviera Adriatica… Scesi in spiaggia perlustriamo la costa in direzione nord oltrepassando la montagna. Lo scenario è bello e inquietante, occorre fare bene i conti con le maree per non trovarsi in un punto isolato e non più raggiungibile, ma la lunga passeggiata è valsa la pena. Al rientro ci spingiamo verso il porto per risalire in prossimità del centro cittadino dove sorge, nella zona dell’ex-aeroporto, il mercato. Più interessante il mercato alimentare, dove si possono gustare ottime prelibatezze, alcune frittelle deliziose costano nulla. Rientrati in hotel, ci godiamo il tramonto dalla terrazza che da sul mare laggiù, colorato di giallo, col vento che inizia a farsi sentire. Per cena il gestore ci propone di affidarci alla sua fantasia culinaria che qui significa pesce dell’oceano, svetta su tutto uno sparago delizioso, ma tutta la cena è degna di nota. La sera ci immergiamo nella movida lungo il sentiero che corre sulla spiaggia e delimita l’area dei camper, la vita pulsa qui, un andirivieni di giovani tra posti dove bere e improvvisare qualche ballo, siamo oggetto di curiosità ma oltre a quello nessun disturbo, anzi finiamo per animare noi qualche locale con pretese da balera sulla spiaggia, unico problema è che occorre essere particolarmente coperti data la temperatura che mista al vento fa dimenticare in un battito di ciglia il caldo dei giorni passati. A tarda notte fa piacere coricarsi sotto ad un elevato strato di coperte e panni, chi l’avrebbe mai immaginato. Percorsi 205 km.

 

Macelleria, Bouzakarne

 

10° giorno

Dopo esserci gustati una ricca colazione partiamo per un’escursione a Mirlef, poco più a nord lungo la costa, cittadina che oggi propone un vasto mercato, per poi rientrare fermandoci a Legzira Plage, probabilmente la spiaggia più celebre del paese, non fosse per gli enormi archi che la contraddistinguono. Ovviamente il posto è intasato di gente, la piccola strada che si dirige verso la zona alta è difficile da percorrere col nostro pulmino, dopo numerose manovre optiamo per continuare a piedi fissando un'ora e un luogo di ritrovo per il rientro, gli archi sono visibili appena si mette piede in spiaggia in direzione sud, non sembrano nemmeno imponenti fino a quando non si decide di avviarsi verso il primo al quale non si giunge mai. La prospettiva inganna e pian piano ci si rende conto dell’imponenza e dell’enorme lavoro compiuto dall’acqua e dal vento per modellarlo, quando si arriva al primo si scorge anche il secondo, che essendo meno frequentato non si può non raggiungerlo. Il bello è che arrivati qui si scorge ancora oltre una specie di grotta e allora si continua, fino a quando la formazione rocciosa non si fa padrona assoluta del territorio bloccando del tutto il passaggio. Ma proprio qui dentro c’è un piccolo pertugio, una specie di terzo arco e così in un’immagine sola se ne intravvedono ben tre, all’interno di questo quando un’onda di dimensioni maggiori si infrange pare di essere nel mezzo di un terremoto, la natura padrona assoluta del luogo. Lentamente si rientra anche perché la giornata è coperta, impareremo che qui fino a metà pomeriggio è sempre così per aprirsi verso sera, cogliendo ogni volta tramonti mozzafiato. Ritorniamo a Sidi Ifni dove passiamo una seconda notte per intraprendere un giro perlustrativo del luogo che emana un fascino trasandato di tempi che furono. Nel centro di piazza Hassan II (già piazza di Spagna che poi è il nome con cui i locali la identificano), mentre provo a capire a che guerra faccia riferimento la lapide posta al centro, un anziano del posto mi si avvicina e comprendendo che parlo spagnolo si lancia in ricordi infiniti, narrandomi storie e guerre, citando orgoglioso come negli anni ’60 lui fosse sempre presente proprio in questa piazza alle adunate che venivano salutate dalla presenza del caudillo Franco. Quando provo a intervenire per spegnere il suo panegirico, capisco che non è tanto la figura di Franco che lo esaltava quanto l’appartenenza a un mondo ritenuto molto più evoluto e riconosciuto a livello mondiale a dargli questa carica e anche il solo parlare con me lo rende felicissimo del poter espletare tale "onorificenza". Dopo aver testato una pizza locale nemmeno male, ci concediamo una sosta di relax dalla nostra terrazza per rimirare l’ennesimo tramonto che, come immaginabile, avviene quando le nuvole se ne sono scappate. Per cena testiamo un ristorante locale, qualità buona ma tempi di attesa interminabili anche perché con un solo fuoco dove preparare qualsiasi richiesta si fa lunga. Arriviamo allo struscio serale già sul tardi, locali che iniziano a chiudere e freddo imperante, la movida ha già salutato la compagnia. Percorsi 60 km.

 

Uno degli archi della spiaggia di Legzira

 

11° giorno

Colazione in hotel e dopo saluti come fossimo bambini che lasciano la casa materna per la colonia estiva, partiamo in direzione nord con prima sosta a Tiznit, antica città fortificata già sede di un importante mercato di gioielli d’argento della popolazione berbera. Buona parte delle antiche costruzioni sono in ristrutturazione così non è possibile visitare la grande moschea e le antiche mura sono visibili ma non percorribili. Ci facciamo un veloce giro del souq dove svettano le botteghe artigianali per la realizzazioni di sandali e borse, il marchio (a dire loro originale) di Louis Vitton svetta immancabile in ogni magazzino. Il mercato locale è animato ma quello che manca, o è presente in numero limitato, è l’argenteria berbera, che si trova qui come in ogni altro luogo del Marocco. Dopo l’immancabile tè alla menta gustato in un bar pieno di genti locali, solitamente molto abili nel captare quello dove un alito di vento rallegra la permanenza, ripartiamo verso i monti dell’Anti Atlas su strada che si inerpica. Caldo torrido ma viste splendide, sosta più per raffreddare il motore che altro al Col de Kerdous dominato da un ksar rimesso a nuovo e trasformato in hotel di prestigio. Tafraute ci attende nel mezzo delle montagne ma prima di arrivare c’è la visione del "Cappello di Napoleone", una grande montagna che il vento ha lavorato a immagine del copricapo del celebre corso. Occorre trovare l’angolo giusto per apprezzare e identificare tale forma, ma se non sarà il cappello di Napoleone a impressionare, la visione delle attigue montagne non è da meno. Tafraute, tappa finale della nostra giornata dista pochi chilometri, arrivati prendiamo possesso della camera in hotel ma l’obiettivo è recuperare un mezzo adeguato per raggiungere le Pietre Blu, grandi massi che l’artista belga Jean Verame dipinse appunto di blu nel lontano 1984. Dopo lunga trattativa, troviamo un taxista disponibile a stiparci in numero adeguato all’interno del suo mezzo per questa escursione, si prende verso sud-ovest lungo la R104, passati circa 3 km si lascia l’asfalto per salire le dolci montagne e a un certo punto questi enormi massi blu si fanno padroni della zona. Quello che pareva più una boutade d’artista si rivela invece un’idea avvincente, sarà per la totale mancanza di avventori, i contrasti che le colorazioni accostano, odori e luci ma questa vallata rende bene quell’idea di luogo di energia terrestre per il quale viene identificato. Capiamo perché il taxista era così titubante sui tempi, la distanza è minima ma una volta sul posto non ci stacchiamo più, immergendoci nell’energia positiva che emana, così ci presta perfino l’auto da posizionare comoda per scatti prolungati e da tempi lentissimi. A quel punto ci porta a zonzo per i dintorni e rientriamo a Tafraoute giusto in tempo per il tramonto con montagne che sembrano prender fuoco. Per cena, su consiglio di genti locali, ci dirigiamo in un ristorante dove poter gustare qualche piatto differente dai soliti couscous e tajine e per gli amanti dell’alcool ci sono scelte diverse dal solito, tra vino e birra (solo calda). Percorsi 211 km.

 

Edifici coloniali a Sifi Ifni

 

12° giorno

Colazione al bar, poi prendiamo la via delle montagne, dove si alternato antichi villaggi con ksar più o meno interessanti come ad Argd e viste che spaziano per valli lontane, con la bella notizia per me che lo zoom della macchina fotografica ritorna a funzionare dopo grandi problemi causati dalla sabbia del deserto. Siamo in montagna ma il caldo anche di mattina è già intenso, Sidi Ifni un lontano ricordo. Prima di entrare a Tiote sorge l’antica Kasbah di Alì Baba, o meglio la kasbah che fece da scenario per l’omonimo film di produzione francese. Ora il complesso è trasformato in grande ristorante mentre sul retro la ristrutturazione non è ancora arrivata e si gira tra ruderi e animali come quelle capre che salgono sugli alberi così caratteristiche della zona, visibile in lungo e largo. Giungiamo in anticipo a Taroudannt, nella valle del Souss, dopo una breve sosta presso una cooperativa locale che lavora l’argania spinosa, magico albero da cui si estrae l’argan per l’olio utilizzato sia per cosmetici che per usi alimentari, fonte di sostentamento per larga parte degli abitanti del sud del Marocco. La nostra sistemazione fissata in precedenza è fuori città nel villaggio di Nouayl, presso lo splendido Riad El Aissi nel quale ci riprendiamo immediatamente in piscina. Visitiamo la città celebre per i bastioni che la circondano per ben 7,5 km dei quali vale la pena visitare le porte principali, scegliendo bene gli orari per godere dell’illuminazione migliore. La kasbah è il solito vivacissimo mercato, immancabile in una città di queste dimensioni. Il caldo non lascia tregua, si cercano i vicoli più stretti per non cuocersi, prendendo spunto dalla gente del posto bravissima nell'esercitarsi nel dolce far nulla con un tè alla menta nei posti migliori. All’interno della città il taxi più utilizzato è il calesse, i piccoli taxi che percorrono il centro città non si avventurano fuori dalla mura, ma all’uscita della porta a sud staziona un numero impensabile di taxi. Con gli autisti trattiamo una corsa verso il riad dove terminare la giornata nel fresco della piscina in attesa della cena servita nel giardino. Qui l’escursione termica è maggiore e finiamo i racconti serali con la necessità di recuperare una felpa. Percorsi 240 km.

 

continua...

 

Marocco meridionale - I

Marocco meridionale - II

 

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Luca COCCHI

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