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13° giorno
Colazione in pousada, forse pure più scarsa e meno buona del giorno precedente, con la camioneta attraversiamo due imponenti guadi sul rio Grande, un taglio che ci porta sulla MA320 e da lì si prosegue fino all’incrocio con la MA402 dove cambiamo mezzo, lasciamo la camioneta per un minivan, fino a São Luís è tutto asfalto, anche se la capitale maranhense sorge su di un’isola, in realtà molto più simile a una penisola, durata del trasferimento complessivo oltre 3 ore. Per i nostri standard la città è enorme, oltre un milione di abitanti, arriviamo da villaggi e paesi, il solo percorso per accedere al centro cittadino è lungo quanto un trasferimento tra il nord e il sud del parco. Soggiorniamo in una bella struttura in pieno centro con personale alla reception di un’antipatia da guinness (non a tutti ma ad alcuni una piccola mappa della città la forniscono), ma la posizione e il prezzo ripagano, proprio prospicenti alla Igreja da Sé e a una piazza dal celebre centro storico coloniale. La particolarità della città è quella di essere l’unica brasiliana a essere stata fondata dai Francesi, come il nome fa ben intendere, rimpiazzati solo due anni in seguito dai Portoghesi. Il celebre centro storico è patrimonio UNESCO, come tutte le grandi città del paese non è propriamente un luogo sicuro, durante la settimana il centro è però molto vivo anche di sera, durante i fine settimana invece tende a spopolarsi con le genti locali che preferiscono far tardi nella zona nuova di Calhau, distesa di grattacieli fronte oceano. Poco male, partiamo alla scoperta della città passando dalla Igreja do Carmo dove un grande cartello affisso sul fronte specifica che la scalinata non è un orinatoio. Le vie a scacchiera limitrofi sono quelle del commercio locale, la gioia di chi colleziona i più svariati modelli di havaianas, per il resto questa zona nasconde qualche chiesa ma la parte più interessante prevede il rientro verso la città bassa. Alcuni caratteristici bar all’aperto con giocatori di domino riempiono Praça João Lisboa, da qui prendiamo Humbertos de Campos, la fotogenica strada a scalini che entra nel cuore dell’area coloniale. Turistica come ben contraddistinguono i tanti negozietti di souvenir (Giamaica e Bob Marley su tutto), piena di botteghe e artisti, con palazzi ricoperti interamente da artistiche decorazioni di azulejos che trovano l’apoteosi in Rua Portugal. Ma tutta l’area è piena di scorci incantevoli, carretti che vendono bibite e prelibatezze fanno sì che il cammino s’interrompa sovente, esibizioni musicali riempiono Praça Nauro Machado, il tempo passa velocemente buttando occhio e naso (i gamberetti essiccati si odono da distante) nella Feira da Praia Grande, arriviamo sul lungo mare per risalire la scalinata che fiancheggia Capitania dos Portos do Maranhão per giungere alla terrazza a fianco del Palácio dos Leões da dove rimirarci l’ennesimo tramonto da cartolina, questa volta però ammassati come sardine tra turisti locali ciarlieri. La marea, che tocca fino a un dislivello di 6 metri, lascia la baia senza acqua praticamente fin dove la vista si allunga, da qui rientriamo nel gelo dell’hotel per prepararci alla serata, ci hanno consigliato un ristorante in zona Calhau raggiungibile in taxi, il gigantesco ed anonimo Cabana do Sol, ristorante che non transige dai piatti doppi. Così evito e rimedio un panino scadente da Subway e un ottimo gelato da I Love Gelato, che si fa vanto di essere gelateria italiana, ma di nostri immigrati al mio passaggio nessuna presenza. La zona, turistica e per gente del posto non certo proveniente dai quartieri poveri, è molto tranquilla, animata da alcuni bar sul versante spiaggia palesemente alla caccia di ricchi stranieri disposti a far la fortuna dei proprietari e delle ben poco avvenenti giovani e meno giovani bellezze locali. Un concentrato di obesità del nord del mondo attratta dall’obesità delle ragazze/signore locali, scene tristi tanto che al primo taxi tanto vale rientrare nel centro storico che oggi è ancora pieno di vita, magari qualche angolo non così sicuro come Calhau ma autentico, colorato e vivissimo.
Palafitta di pescatori nella baia di Sao Marcos
14° giorno
La colazione potrebbe valere pure da pranzo, merenda e cena, ma abbiamo un possibile inconveniente, lasciati gli zaini in hotel dobbiamo arrivare al porto per salpare, marea permettendo, col catamarano che ci porterà alla penisola di Alcantara, proprio di fronte a São Luis a 18 km di mare ma a oltre 400 via terra. Attendiamo che la marea ritorni, il catamarano sarà anche caratteristico ma con le onde che incontriamo non così tanto efficace. Chi lavato sul fronte che almeno si è goduto il panorama, chi asciutto sul retro senza aver visto praticamente nulla, giungiamo all’attracco lungo la semidiroccata Ladeira do Jacaré per immergerci in un luogo a sé, fuori dal mondo e ancora intatto. Vie acciottolate, vecchie botteghe che si trasformano in sale da ginnastica, chiese anzi resti di chiese, palazzi coloniali, una guida ci accoglie per portarci a piedi a quella che sarà casa per la giornata raccontandoci fatti e misfatti di questa cittadina da sempre fuori dalle regole brasiliane. In una pousada ci appropriamo di camere gigantesche con pure letto imperiale, bagno più grande di stanze avute in passato e anche finestre stile vivandiera, col proprietario che fa di tutto, compreso la sera il cantautore. Ma prima dell’escursione in barca del pomeriggio c’è tempo per girare autonomamente il luogo, cominciando dal Largo de São Matias, la piazza centrale posta nel punto più alto di Alcantara, dove i resti della chiesa sono ancora contrapposti al Palazzo del Governatore. Qui è bello vagare indisturbati tra viuzze acciottolate, le più importanti con decori a rammentarne la nobiltà del tempo, musica reggae in ogni dove. Appuntamento al porto, in barca si va all’Ilha do Livramento, tra storie di pirati e guaros, ovvero ibis rossi. Lasciati su di un lato si risale su quello opposto per entrare nella Baia do São Marcos passando a fianco di grandi capanni di pescatori che vivono qui a circa 10 metri da terra sull’oceano con la propria barca sotto. Attendiamo il tramonto, poco prima il cielo incomincia a farsi rosso, non tanto per il sole calante ma per stormi di guaros che prendono possesso degli alberi prospicenti la baia. Sono centinaia e centinaia in formazioni disparate, la baia è un minimo riparata e qualche scatto interessante è possibile ottenerlo. Finita la migrazione riprendiamo la via di casa sbarcando quando è già buio, per chi vuole c’è una camioneta per la pousada, rientrando a piedi con alcune candele a illuminare i davanzali ci s’imbatte in una pseudo palestra, incuriositi da chi osserva, coinvolgono nella loro sudatissima lezione. Solo donne a faticare, gli uomini tendono a prediligere la fatica costituita dal portare bottiglie o bicchieri alla bocca. Per cena optiamo per fare come loro, nella piazza centrale alcune signore con figli e figlie predispongono rudimentali cucine dentro a furgoncini malandati, spiedini di ottima qualità, verdure di tanti tipi, la difficoltà maggiore è recuperare un tavolo e le sedie, per il resto sono organizzatissimi, quanto al bere basta ordinare quel che si vuole, uno dei ragazzi parte ogni volta di corsa verso il bar più vicino e recapita ogni cosa. Spesa contenutissima per la carne migliore assaggiata nel viaggio, scelta di cibo non così varia, quel che hanno si mangia. Al Colonial, altro non è che il bar collegato alla nostra pousada, c’è un concerto di una cantautrice locale abbastanza brava, peccato che dopo due pezzi lasci il palco a chi abbia voglia di ergersi a re per una notte, compreso il proprietario, esiti modesti, peccato. Nei pressi della Igreja de Nossa Senhora dos Rosarios dos Pretos c’è una specie di festa in un bar, musica tra reggae e pop, terminiamo qui la serata lungo le vie di un luogo alquanto originale.
Largo de Sao Matias, Alcantara
15° giorno
Colazione in hotel, la più scarsa del viaggio, poi tempo per vedersi col calma quanto non ancora rimirato del luogo, cominciando dalla Igreja Nossa Sehnora do Carmo dove si può accedere alle campane del campanile per uno scorcio di vista su Alcantara. Scendiamo lungo le vie a caso fino al porto per assaggiare una buona noce di cocco ed immergerci nella fauna locale che qui si ritrova tra nullafacenti, venditori di pesce, affittacamere, guide per turisti e passanti curiosi. Nota, il venditore di pesce è quello del giorno precedente, non ha ancora terminato di vendere la sua pesca, e ben prima dei tre giorni il pesce puzza… Risaliamo la via per recuperare in pousada gli zaini (in catamarano ci si può portare un bagaglio minimo) e ritornare di nuovo al porto, ore 14 si salpa, circa. Il catamarano è praticamente tutto esaurito, e prevedendo un viaggio poco agevole mi prendo il passaggio con la barca che fa da traghetto locale, viaggio molto più comodo, possibilità di stare seduti all’interno su comode poltrone o godersi il viaggio anche all’aperto o sul tetto, pure acqua a disposizione. Giunti in città, da Cais da Praia Grande si raggiunge l’hotel in nemmeno 5 minuti, riappropriati di zaini e camere è subito tempo di una visita guidata alla città gestita dal corrispondente di viaggio locale che qui abita, italiano residente da oltre 10 anni proprio a São Luis. Quella che pareva una visita banale inizia dal Palácio dos Leões, attuale palazzo del governatore e visitabile solo in parte, per passare alla Igreja de Sé, conosciuta anche come Nostra Signora della Vittoria dalla leggenda secondo la quale i portoghesi trasformarono la sabbia in polvere da sparo per avere la meglio nei confronti dei francesi, poi scendiamo nel centro coloniale e la visita guidata diventa più uno scambio di info sulla vita locale, le imminenti elezioni politiche, lo stile di vita maranhense, insomma 2/3 ore interessanti. Notiamo che il centro è quasi interamente spopolato, un bene per poter fotografare al meglio Rua Portugal che fu costruita nel medesimo periodo della ricostruzione post terremoto di Lisbona, e le vie limitrofe, pure il mercato di Piazza Grande ha già chiuso i battenti, e come ci avevano accennato trovare un posto per cenare qui di sabato sera non è semplice. Fortuna che la pizzeria del Cafè Latino è aperta così come il bar, scelta quasi obbligata e quindi con tempi da bradipo, evito la pizza per un risotto alla maranhense di ottima fattura mentre per avere una bottiglia d’acqua occorre uscire e comprarsela, strana usanza. Poco male, dietro l’angolo il Bar da Faustina non ha problemi e si rimedia in un attimo. In realtà non tutto il centro è un deserto, pian piano si rianima, ma in generale ragazzi giovanissimi, poco avvezzi agli stranieri che percepiscono come un pericolo pure per la loro incolumità, ci dicono che i malviventi sono attratti dagli stranieri ponendo in una situazione rischiosa pure loro. In realtà tanto rumore per nulla mi verrebbe da dire, ma che non sia un ambiente sereno è palese. Con comodo si rientra in hotel a piedi, il cammino che doppiamo affrontare è poco, nessun inconveniente da Rua 28 de Juhlo ad av. Pedro II. Ultima notte brasiliana tranquilla in questa zona, va detto che tra São Luis e Alcantara la temperatura è alta anche di notte, l’umidità picchia forte, rimanere a metà tra il freddo dell’hotel e la temperatura equatoriale esterna sarebbe un esercizio di buon equilibrio.
Rua Portugal, Sao Luis
16° giorno
Visto che la giornata sarà lunga la colazione deve essere abbondante, e qui in hotel c’è da sbizzarrirsi. Tempo per un ultimo giro all’interno del centro coloniale, di mattina ben pochi avventori, sia tra le viuzze acciottolate sia nel mercato da Praia Grande, tempo per souvenir. Fortuna che qualche bar non rispetta le regole del posto e pure di mattina solleva le serrande tipo uno che serve bevande in splendidi bicchieri a forma di ananas. Risaliamo per l’ultima volta la scalinata di Rua 28 de Julho salutando così il sito UNESCO che ormai ci vede abitudinari del luogo. In hotel ci lasciano l’uso della camere fino alle 13 così da poter utilizzare i servizi prima della partenza, e data l’umidità di São Luis non è roba da poco. In taxi raggiungiamo l’aeroporto internazionale Marechal Cunha Machado per il volo Azul-Air. I biglietti non prevedono il bagaglio, qui l’aereo è utilizzato come autobus con orari fissi tra tutte le principali città del Brasile, occorre pagare a parte, fino a 23 kg sono 80r, ma è possibile pagare pure in €, $ o carta di credito. Check-in comunque veloce, nella zona a sinistra rispetto all’entrata c’è un ufficio cambio valuta nel caso ci siano da convertire gli ultimi real rimasti, il controllo bagaglio altrettanto veloce, qui si può passare anche con bevande. Il volo dura un'ora, serviti chips e bevande e senza nemmeno accorgercene siamo già in atterraggio all’aeroporto Pinto Martins di Fortaleza. Qui c’è possibilità di fare il check-in direttamente agli sportelli automatici, TAP però ne ha solo due e in ogni caso occorre rifare la fila per lasciare il bagaglio da imbarcare, alla fine dato che molti arrivano col check-in già effettuato la fila in quello sportello diviene più lunga di chi deve fare il check-in vero e proprio. Controllo passaporto velocissimo, evidentemente in uscita dal Brasile non c’è quasi nessuno, controllo bagaglio pure veloce e opportunità di connessione wi-fi semplice. Volo puntale per i 5.720 km che ci attendono, da compiere in circa 7 ore. Dopo circa 1:30 è servita una discreta cena, temperatura interna molto più umana che all’andata, pure qui schermo a disposizione ma scelta limitata di servizi, non c’è possibilità di ricaricare nulla. Si abbassano immediatamente le luci una volta terminata la cena e chi vuole o riesce, può dormire, anche se dato il volo non particolarmente lungo e cena/colazione non è che rimanga tanto tempo.
17° giorno
Sveglia in volo con colazione leggera, qui non ci sono gli adesivi da apporre ai sedili per segnalare se si desidera essere svegliati oppure no, atterraggio in perfetto orario e con passaporto elettronico si evita qualsiasi fila d’ingresso nella comunità europea. Connessione wi-fi pratica e veloce, l’attesa però non è eccessiva, il volo per Roma è puntuale (2:50), è servito un leggero pranzo e dopo un atterraggio regolare c’è la sorpresa che una volta arrivati alle cinghie di riconsegna bagagli il mio zaino è già lì ad attendermi. Mi sorprendo di questo servizio di Fiumicino, altre volte ho dovuto soggiornare per quasi un’ora, anticipo i tempi e dalla stazione ferroviaria di fronte all’aeroporto con una Frecciarossa con cambio a Tiburtina raggiungo Bologna perfino in anticipo su quanto avessi preventivato. Peccato che per guasti alla linea elettrica il Frecciarossa ad alta velocità in area Orte venga deviato sulla linea tradizionale, ma 45’ di ritardo in un trasferimento iniziato il giorno precedente non sono neppure un grande male, mi diletto nel leggermi la rivista di bordo che qualcuno ha diligentemente curato anche dal Maranhão.
BLOGGER
Luca