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Abitazioni tradizionali - II

Stavolta andiamo in Cina, Giappone, Burkina Faso, Sud Africa, Papua Nuova Guinea e Vietnam

 

Tra le case tradizionali più interessanti prodotte dalle varie culture del pianeta, non si possono non icludere gli stupendi tulou, le case cilindriche degli Hakka, una minoranza etnica della provincia cinese del Fujian. Costruiti in questa strana foggia per motivi difensivi, tra il XII e il XX secolo, compattando terra, bambù, pietre, legno e qualsiasi altro materiale disponibile, sono strutture davvero imponenti, costruite su più piani e capaci di dare tetto ad una ottantina di famiglie. Estremamente solide, capaci di resistere ai terremoti che spesso scuotono queste terre, ben ventilate, calde in inverno e fresche d'estate, rispettano il principio del "da fuori chiuso, da dentro aperto". Nel cortile interno, sul quale si affacciano le balconate continue che delimitano ogni piano, si svolge la vita comune.

 

Un gruppo di tulou, di cui uno dall'inconsueta forma quadrata - Fujian, Cina

 

Sempre in Estremo Oriente, benché sempre più rare a trovarsi visto che sono tipiche di un paese che da tempo si è lanciato senza remore verso il futuro più avveniristico, troviamo le tradizionali case agricole giapponesi, dagli spessi tetti di paglia detti gassho-zukuri (mani in preghiera). Abitazioni di un'eleganza unica considerate patrimonio dell'umanità dall'UNESCO, tutte in legno e con peculiarità negli interni talmente uniche che meriterebbero un approfondimento a sé, hanno coperture di paglia spesse circa un metro che vanno rinnovate ogni 25/35 anni circa, operazione che viene svolta in un giorno da squadre di circa 200 operai.

 

Lo spesso tetto gassho-zukuri di una casa tradizionale di campagna coperta dalla neve - Giappone

 

Appartengono invece ad un popolo con possibilità economiche molto inferiori le sukhala, le abitazioni dei Gurunsi, un'etnia che vive nel Burkina Faso e nel nord del Ghana. Ma non per questo sono meno spettacolari. Costruite con fango mescolato a paglia e sterco di vacca, a lungo pestato per renderlo più compatto una volta essiccato, sono la prova vivente di come non servano materiali di alta qualità per costruirsi delle belle abitazioni. Le forme sinuose con le quali sono costruite potrebbero già essere da sole un motivo per apprezzarle ma il tocco finale è dato dalle decorazioni dipinte sulle facciate dalle donne che ricorrendo a motivi geometrici neri che ne ricoprono quasi per intero la superficie sembrano dare una nuova "pelle" alle case.

 

Forme sinuose e decori geometrici rendono i villaggi Gurunsi un'esperienza "optical" - Burkina Faso

 

Anche gli Ndebele, che vivono in Sud Africa, hanno uno sviluppato senso estetico che non palesano solamente nell'abbigliamento ma anche nell'architettura. Mura e strutture costruite con le stesse modalità dei Gurunsi ma decorazioni che, benché anch'esse di tipo geometrico, sono infinitamente più colorate. È una tradizione che risale alla fine dell'800, pare che sia stato un modo per gli Ndebele per superare un brutto momento della loro storia quando erano stati sconfitti dai Boeri e relegati ad un'esistenza difficile. Anche presso gli Ndebele sono le donne ad occuparsi dell'abbellimento della casa e la loro bravura nel decorarla viene vista come un'esplicita dimostrazione delle sue abilità di moglie e donna di casa.

 

Colori sgargianti e variegate forme geometriche sui muri e sul recinto di un'abitazione tradizionale Ndebele - Sud Africa

 

Molto meno gradevoli ma a loro modo uniche sono le incredibili palafitte dei Karowai, uno sparuto gruppo di circa 3000 indigeni dell'Irian Jaya, la parte indonesiana dell'isola della Nuova Guinea che prima degli anni '70 non aveva mai avuto contatti con i bianchi. La loro è una regione da sempre frammentata fra popolazioni rivali al punto che è la terra al mondo dove si parlano più lingue diverse, spesso da parte di gruppi di poche centinaia di persone. Questo perché sono zone dove l'altro era il nemico, il quale spesso doveva dimostrare il proprio coraggio riportando al villaggio la testa di componente di una tribù rivale. È per questo che i Karowai hanno imparato a costruire abitazioni ad altezze vertiginose, a 20/30 metri da terra, sugli alberi più alti che trovano, curandosi di abbattere quelli nelle più immediate vicinanze. Poi, quando si ritirano per la notte, tirano sù la lunghissima scala che è l'unico accesso alla struttura, portando contemporaneamente con sé anche i maiali e gli altri animali che potrebbe essere rubati di notte. I cacciatori di teste devono cercare altrove i propri trofei.

 

Una palafitta Karowai, un modo di vivere scomodo ma che ha il suo perché - Irian Jaya, Indonesia

 

Notevoli sono i tetti delle rong house, che più che delle abitazioni sono delle strutture comuni dove si tengono cerimonie ed altre eventi. Nella zona montuosa del Vietnam centrale ogni villaggio ne ha una, che spicca in mezzo a tutti gli altri edifici grazie ai suoi tetti vertiginosi, appuntiti come le lame di un'ascia gigante e costruiti facendo ricorso a larghe foglie locali impermeabili.

 

L'appuntito tetto di una rong house - Vietnam

 

ESPERTO: Viaggi etnografici e alternativi

Roberto CORNACCHIA

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