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Marocco meridionale - I

Diario di viaggio nel dolce paese maghrebino

 

1° giorno 

Con volo Royal Air Maroc parto da Bologna destinazione Casablanca, per problemi di congestione del traffico aereo ci muoviamo in ritardo e arrivo con un’ora di ritardo, il servizio di bordo allieta il volo con pranzo dai sapori già marocchini. Dopo qualche dubbio sull’ora esatta del Marocco, l’ora legale è adottata ma non vale nel periodo del ramadan che è finito proprio in questo fine settimana, raggiungo velocemente la parte dei voli nazionali per un breve volo destinazione Marrakech, procedura lenta per entrare causa anche il contemporaneo giungere di più voli. Ritirati i bagagli che già stazionavano a bordo nastro, col transfert dell’agenzia siamo accompagnati a un accesso della medina dove in zona Riad Zitoun si trova il nostro alloggio, dove prendiamo possesso di splendide camere dotate di aria condizionata fondamentale per poter abbattere il caldo intenso che non lascia le stanze nonostante la notte sia fresca e ventilata. Percorsi 8 km, distanza aeroporto-entrata della medina.

 

Tra i numerosissimi ristoranti di piazza Djemaa el-Fna, Marrakech

 

2° giorno

Abbondante colazione in riad e giornata dedicata alla visita di Marrakech, la principale attrattiva turistica del Marocco. Già di mattina fa caldo, ma a sentire i gestori del riad (una coppia italiana che gestisce pure una gelateria) l’annata è fresca, si balla da inizio estate sui 40° quando di solito si raggiungono i 50°. Vicino a noi sorge il palazzo Bahia, sorta di piccola Alhambra che si apre su cortili freschi nei quali le decorazioni sono splendide in ogni dove, pavimenti, soffitti, pareti ecc…Da qui, attraversando la zona ebraica della Mellah, raggiungiamo il palazzo El–Badi la cui caratteristica principale sono gli imponenti bastioni da cui godersi il panorama, sui quali nidifica un numero elevatissimo di cicogne per nulla disturbate da ritmi e rumori della città. Da qui, con un percorso circolare, la prossima tappa è uno dei luoghi più sacri della città, le Tombe dei Saaditi, il cui accesso passa tra strettissimi vicoli per aprirsi al grande cortile con queste decorate tombe in ogni angolo. All’angolo sorge una moderna moschea della kasbah, ma dopo una mattina intensa di visite puntiamo diretti alla Djemaa el-Fna, la celebre piazza del mercato attorniata da ristoranti e caffè in ogni dove. Il caldo eccessivo limita le presenze in piazza, durante il giorno la fanno da padroni gli incantatori di serpenti, i venditori di souvenir e i tanti banchetti che vendono frutta e spremute, tutti a combattere gli uni con gli altri con gli stessi prodotti agli stessi prezzi, da provare per dissetarsi, togliendosi fin da subito le remore per i prodotti locali. Ora è tempo per inoltrarci, meglio perderci, nel celeberrimo souq di Marrakech, non c’è un senso preciso su dove vagare, basta andare a caso ed eventualmente chiedere, la quantità di mercanzia è impressionante, certo alla lunga è sovente la medesima e credere a tutti quelli che garantiscono che sia tutto fatto a mano fa ridere, ma anche questo è il fascino del souq. Dato che qui ritorneremo e quindi potremo lasciare gli eventuali acquisti a una prossima volta, continuiamo con le visite cercando di arrivare senza perderci alla splendida Medersa Ali ben Youssef, probabilmente il luogo più incantato e incantevole della città. Il cortile principale accoglie i visitatori e regala la vista del complesso che si specchia nella grande fontana, è possibile visitare le antiche camere degli studenti all’interno di un dedalo di piani e scale infinite, solo la moschea è preclusa a non islamici, ma poco male. Da qui, uscendo dalle mura in zona nord-ovest, raggiungiamo una delle attrattive della città nuova, il Jardin Majorelle, un paradiso botanico nel mezzo del deserto creato ad inizio del secolo scorso da Jacques Majorelle e in seguito acquistato e sviluppato da Yves Saint-Laurent, da lui sistemato e donato alla città. Un po’ per volta ci siamo allegramente allontanati dal nostro riad ma poco male, antistante al giardino sosta un buon numero di taxi, dopo lunga e fruttuosa trattativa strappiamo un passaggio collettivo, risparmiandoci quasi un’ora di cammino così da rientrare in tempo per una doccia ed essere pronti ad affrontare una delle poche serate mondane del viaggio. Tappa nella piazza principale dove ci regaliamo un ristorante importante più per rimirare la folle animazione dall’alto che per il menù vero e proprio, la scelta cade sul Tac’in Marna e dopo aver rimirato e fotografato folla e fumi ci buttiamo anche noi nella baraonda, indescrivibile se non ci siete già passati. Poi per gli amanti della birra è concessa un’escursione tra i vicoli della medina per raggiungere uno dei vari luoghi dove la proibitissima bevanda può essere venduta (nascosta in sacchi che ben poco lasciano all’immaginazione) e consumata, escursione non proprio facile da farsi in autonomia, meglio se guidati da qualcuno del posto.

 

Mercato di strada, Marrakech

 

3° giorno

Colazione di buon mattina in riad e poi caricati gli zaini si parte col pulmino a disposizione verso gli Alti Atlanti. Attraversiamo la Zat Valley verso il passo Tizi n’ Tichka da cui prendiamo per Telouet dove sorge la Kasbah dei Glaoui costruita in mattoni rossi di fango. Avventuratevi fino al tetto dove si scruta il panorama della vallata ma anche decorazioni di coppi verdi tipici, non ci sono segnalazioni, la conservazione non è al massimo ma con un po’ di attenzione nel muoversi lo spettacolo è garantito. Nei paraggi sorge qualche ristorante per ristorarsi o riprendersi dal caldo, la via principale sterrata è battuta dal mezzo più comune, l’asino. Da qui continuiamo per una delle mete più scenografiche del paese, teatro di posa per più opere cinematografiche, la kasbah patrimonio dell’Unesco di Aït-Benhaddou, sorta nell’XI secolo. L’imponente kasbah sorge sulla pendice di una collina dolcemente appoggiata a un uadi con le palme a custodirne l’entrata, insomma non fosse vera parrebbe finta! Dopo aver lasciato gli zaini all’antistante riad, e rinfrescati con un tuffo in piscina, è tempo per visitare la kasbah risalendo pian piano le varie costruzioni ancora in parte abitate fino alla sommità da cui rimirare lo scenario unico ed incredibile. Da un lato le montagne che si mischiano al deserto, dall’altra la grande e imponente kasbah, si fa sera e si attende il tramonto dalla vetta. Per cena affrontiamo il primo tajine, specialità locale che deve il nome alla forma del contenitore in cui viene cotto solitamente il pollo accompagnato da svariati tipi di verdura, a mio personalissimo giudizio non questa prelibatezza per cui è spacciato ma ammetto di non amare il pollo. Dalla terrazza del riad cerchiamo di prendere un po’ di fresco anche se in realtà non ne scorgiamo traccia. Percorsi 206 km.

 

La kasbha di Aït-Benhaddou, patrimonio Unesco

 

4° giorno

Colazione nel riad e partenza con sosta volante agli studios di Skoura, ma la prima tappa vera e propria è presso la kasbah di Amridil, più che una kasbah un museo della civiltà del XVI secolo perfettamente conservato. Una guida che sciorina un italiano invidiabile racconta vita morte e miracoli del luogo perfettamente conservato, kasbah raffigurata sulla cartamoneta da 50d. Da qui si prosegue per la gola del Dadés punteggiata da palmeti rigogliosi, facendo tappa per un tè alla menta che diventa un tutt’uno col territorio, con meta finale presso la gola del Todra. Questa gola dalle elevatissime pareti rosa si presta meglio a una visita di mattina, così dopo aver preso possesso di un alloggio partiamo subito per una piccola escursione del luogo passando per il palmeto e i campi coltivati, dove principalmente le donne lavorano la terra e trasportano enormi covoni sulla testa mentre gli uomini sono più propensi a discutere dei destini del mondo al bar sorseggiando deliziosi tè alla menta. Attraversando il piccolo fiume si può visitare la kasbah locale, decadente e non paragonabile a quelle viste di recente ma con un fascino maggiore dato dalla mancanza di avventori e dal mistero che pervade ogni passaggio, poco illuminato e pieno di sinistri rumori. Per cena, oltre alle solite insalate abbondantissime, spiedini misti, pollo e una carne che dal colore assomiglia al manzo, ma molto più gommosa, che si rivelerà dromedario, di difficile digestione. Dalla terrazza dell’hotel, un toboga di scale che si dipana sul palmeto, ci godiamo la nottata particolarmente calda anche perché qui nel mezzo delle gole le camere non sono dotate di aria condizionata e il caldo la fa da padrone. Percorsi 238 km.

 

continua...

 

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Luca COCCHI

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