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Magiche Faroe - I

Lo spettacolare arcipelago nel cuore del Mare del Nord

1° giorno 

La lunga marcia di avvicinamento parte dall’aeroporto di Bologna, con un buon anticipo la fila è corta al check-in KLM, carte d’imbarco fino a destinazione, verifica green pass solo visiva. Controlli per ingressi al gate pure veloci prima dell’alba e partenza puntuale del volo dov’è servito un sandwich e da bere quello che si vuole. A Schiphol nessun controllo per il volo successivo destinazione Copenaghen, a parte un’attesa di quasi 4 ore. Altro volo KLM, pure qui servito sandwich e vasta scelta per bere, arrivo e partenza puntuali. Nell’attesa di quasi 3 ore tempo, qualcosa di più sostanzioso come cibo e poi ultimo volo di giornata, al quale accedo senza ulteriori controlli. Volo Atlantic, in code share con KLM, destinazione aeroporto di Vágar sull’omonima isola dell’arcipelago delle Faroe. Volo di 2 ore, qui il cibo si paga, il bere è offerto tranne gli alcolici, disponibili a pagamento. Atterriamo in perfetto orario, ritiro bagagli immediato, appena usciti si è incanalati verso la tenda che funge da punto tamponi (va prenotato in anticipo, meglio pure pagarlo in anticipo, ma gli infermieri sono dotati di pos, meno di contante per il resto), in nemmeno 20 minuti tutti i componenti del volo son testati, basta mostrare la carta d’imbarco e la fialetta per il tampone compare col nome stampigliato sopra. Piove, nuvole basse ma tanta luce nonostante siano le 20:00. Da qui arriviamo agli uffici dei noleggi che gravitano un po’ tutti attorno ad Hertz, pratiche veloci e via verso l’appartamento prenotato in capitale che dista circa 50 km da qui. Piove anche all’arrivo, siamo a Tórshavn, zona centro, dopo aver invaso il parcheggio delle attività commerciali attigue già chiuse prendiamo possesso della grande casa su tre piani che ci farà da base per cinque notti (consiglio, forse meglio far base per tutto il viaggio qui). La differenza dell’ora ci allunga la giornata, ma una volta sistemati e mangiato qualcosa al volo è già tempo di pensare alle tappe del giorno dopo e riposarsi. Percorsi 58 km.

 

La spettacolare cascata di Mulafossur - Copyright Pianeta Gaia

 

2° giorno

Mi sveglio e noto sul telefono cellulare un sms che avvisa come tutti i passeggeri del volo con cui sono arrivato siano negativi al covid19, ottimo inizio. Prima di colazione, spesa al vicini supermarket nella zona pedonale. Si trova di tutto, compresi ottimi prodotti freschi di pasticceria, faccio scorta per il soggiorno in capitale di yogurt, biscotti, spremuta, caffè e the già predisposti da Bologna, in realtà in casa c’è di tutto e di più, probabilmente lasciti dei passaggi precedenti. La prima meta è la più celebre del luogo, il lago sospeso, Leitisvatn, nell’isola Vágar che raggiungiamo in una giornata di sole dopo aver ammirato begli scorci nei passaggi che portano al tunnel dal nome omonimo all’isola. In pratica la stessa strada per l’aeroporto, raggiunta Miðvágur si prende per l’ingresso alla camminata (quasi tutta in piano sul lato ovest del lago, in 2 ore si fa tutto comodamente) dove si lasciano le auto e si paga l’ingresso. Si costeggia l’azzurro lago contenuto da sponde verdissime, al termine si scorge il promontorio di Trælanípan sull’oceano, e proprio là sta la magia del luogo. Salendo, contrastando un vento fortissimo, s’inizia a scorgere l’imponente scogliera che sovrasta grandi grotte marine, al di sopra della quale sorge magicamente il lago. Non ci sono collegamenti, sopra acqua dolce, sotto acqua salata, come se si trattasse di un doppio livello delle acque. Non fosse per un vento implacabile, si resterebbe qui a verificare a lungo se sia verità o magia nordica, meglio scendere verso la minima cascata di Bøsdalafossur, in questo momento con portata minima. Ovunque si getti lo sguardo si rimane estasiati, non si vorrebbe lasciare questa magia, ma risalendo un gioco di viste fa comparire il lago a due livelli, insomma, se di fiaba si tratta, tutto eccitante e incredibile. Ma rientriamo in paese, tappa per un veloce hotdog, ricoperto di pancetta abbrustolita, cipolla caramellata e una senape da urlo, col caffè americano che qui sembra bibita abituale per pranzo. Scendendo nella baia che merita per la vista sulle case colorate del villaggio, scorgiamo una ragazza che se ne va in costume a fare il bagno. Temperatura sui 13°, vento ma sole, acque ovviamente gelide, le chiediamo conto della possibile “impresa”, quando le diciamo la nostra sulla temperatura, ci risponde con un umiliante “not for us”. Prendiamo e partiamo mesti, abbiamo in programma un’altra delle visite simbolo, quella alla cascata di Múlafossur, che immagino i più avranno visto come cascata tipica tra le tipiche cascate a livelle mondiale. Perché questa? Perché cade direttamente in mare in una sorta di ferro di cavallo naturale che anche pensarla non si sarebbe creata così affascinante. Parcheggiando lungo la strada si raggiunge il punto fotografico di Gasadalur, ora il sentiero che costeggia è bloccato, il mare se lo è mangiato, per chi vuole c’è la possibilità di percorrere il sentiero che fino a non tanti anni fa era l’unica connessione col villaggio e che passa sulla montagna, ora in alternativa c’è la strada che grazie al tunnel taglia la montagna. Da qui si può percorrere un anello che permette viste splendide dell’isola ma non della cascata, proprio sotto ai nostri piedi (in meno di un’ora con soste fotografiche). Si può salire sino al punto panoramico del tramonto e rientrare attraversando il villaggio che offre qualche caffè ma poco altro, se non abitazioni caratteristiche con alcune dal tetto in erba, qui un tempo unica soluzione, ora spesso la soluzione più coreografica tra chi si può permettere una manutenzione complessa. Riprendendo la via di casa, passato il tunnel di 200 metri, c’è un viottolo che porta ad un altro punto panoramico, questa volta rivolto verso alcune isole, tra cui il faraglione con grande arco naturale di Drangarnir e la cresta di gallo di Tindhólmur che vedremo meglio l’indomani in nave. Si scorge però già molto bene come il mare sia un po’ ovunque contraddistinto da grandi cerchi con reti protettive, l'allevamento intensivo del salmone si sta prendendo sempre maggiori spazi rispetto alla pesca tradizionale. Sosta al villaggio di Bøur, abitazioni tipiche, una chiesa di legno e una piccola spiaggia nera (oltre a un campo da basket). Ora è tempo di rientro a casa, doccia bollente (nella casa ci sono 3 docce e 4 bagni), preparazione cena e a seguire un giro in centro città, che alle 21:30 è già deserta. Nell’area del porto, sul promontorio di Tinganes che separa le due aree portuali, sorge l’antica città in legno rimessa a nuovo, ospitante ora i vari ministeri. Particolare, merita un rapido passaggio, soprattutto in una serata come questa in cui non piove. Proseguiamo fino al forte di Skansin che ingloba anche il faro, oggi è giorno di arrivo del traghetto dall’Islanda che proseguirà verso la Danimarca, così da scambiare qualche chiacchiera con alcuni motociclisti in attesa che m’informano sulle loro escursioni preferite a piedi delle Faroe. Veloce briefing per i giorni a seguire, per l’indomani è già tutto fissato avendo il biglietto del traghetto per Mykenes, per i restanti confrontiamo le nostre idee prima della partenza con quanto ricevuto sul posto, ma molto dipende dalle condizioni atmosferiche, oggi giornata memorabile, ma sappiamo che può cambiare da un momento all’altro. Percorsi 102 km.

 

Il lago sospeso Leitisvatn, visto dal promontorio Trælanípan

 

3° giorno

Colazione in casa, poi in auto destinazione porto di Sørvágur (isola di Vágar) da dove salpa il traghetto per l’isola di Mikynes. Giornata particolarmente fredda, tocchiamo i 6° sulla terraferma, sulla barca probabilmente dato il vento pure meno, ma come non restare all’aperto quando si passa a fianco di Drangarnir? In circa un’ora raggiungiamo il porto di Mykines, l’isola più “bella”, quella fotogenica, senza strade, con un unico villaggio che si raggiunge salendo la ripida scalinata (per chi vuole c’è un montacarichi) e da lì una sola delle attrattive del luogo. Il faro, situato all’estremo nord, non è raggiungibile, il ponte che serve per giungervi è chiuso, alternative non ne esistono, ma chi viene qui lo fa principalmente per un altro scopo. Qui, non chiedetemi perché, sul promontorio a ovest dell’isola stazionano migliaia di pulcinelle di mare (puffin in inglese, forse meglio note così). Quello veramente inspiegabile è il fatto che non abbiano la minima paura delle persone, si può camminare tra di loro, occorre però salire il promontorio, tranquilli, 10’ di ascesa e si giunge a destinazione (non sono nel villaggio), e quasi farci conversazione! Anche guardare nelle loro tane è possibile, in un interscambio virtuoso in cui uno non disturba l’altro. Emozione unica, pure il freddo e il vento si dimenticano, foto a centinaia, s’inizia a una certa distanza, già increduli, per terminare con primi piani incredibili, a volte i potenti zoom devono essere sostituiti dai grandangoli per dare una visione d’insieme di questo fenomeno. Dal villaggio si può prendere un sentiero che porta dal versante opposto, ma volendo c’è la possibilità di anticipare il rientro (il biglietto non è controllato al rientro, è dato per scontato che tutti l’abbiano essendovi arrivati), occasione che forzatamente colgo perché mi si sono aperte le pedule, devo trovare una soluzione in città negli stretti orari d’apertura dei negozi, un altro giorno a camminare sulle montagne in Converse anche no. Al rientro il mare è particolarmente mosso, ma un salto all’esterno per rimirare un’altra volta Drangarnir va fatta. Sono in anticipo, sosta a Miðvágur per un menù ormai fisso ed arrivo sotto una leggera pioggia a Tórshavn. Qualche negozio sportivo c’è, pure aperto, opto per uno fornitissimo ma non proprio per pedule, e dire che qui appena fuori città si cammina solo nel verde. Trovo comunque un paio di scarpe idoneo, così da salvarmi il viaggio. Continua a piovere, anche le buone intenzioni di visitare la capitale terminano, attendo i compagni di viaggio proponendomi come cuoco di serata, ne ho il tempo, dopo una lunga e corroborante doccia che serve pure a scaldarmi viste le temperature odierne. Terminata la cena, tempo per programmare le varie escursioni, largo spazio ogni giorno a cambiare idea, si va dove il clima permette. Percorsi 92 km.

 

continua...

 

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Luca COCCHI

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