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Il libro più grande del mondo

Si trova in Birmania e non è fatto di carta...

 

Non intendo parlarvi dell’ultima trilogia di gialli di un autore scandinavo da mettere in valigia o dell’edizione rilegata in pelle di un classico della letteratura mondiale, ma di un libro abbastanza sui generis, che si trova in Myanmar. Lo trovate alla Kuthodaw Pagoda di Mandalay, situata ai piedi della Mandalay Hill, il sito di pellegrinaggio ricolmo di pagode e monasteri di questa importante città birmana.

 

Una delle steli iscritte - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

Non aspettatevi una biblioteca ricca di scaffali come queste qui e nemmeno un file che potete caricare sul vostro ebook reader, perché il libro in questione è composto da 729 lastre di marmo riportanti – su entrambi i lati – inscritti in lingua birmana. Si tratta degli insegnamenti del Buddha tratti dal Sutta Pitaka, dal Vinava Pitaka e dall’Abhidhamma, i tre antichi testi in lingua pali che costituiscono il Tripitaka. In realtà, per fare numero pari, c’è anche una 730ima lastra di marmo, in cui viene raccontato come è stato realizzata questo libro anomalo.

 

Uno dei corridoi tra le tante edicole del tempio - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

L’opera è stata fatta realizzare dall’amato sovrano Mindon Min, che nel 1857 aveva già fatto erigere la Kuthodaw Pagoda all’interno del palazzo reale, peraltro già dotato di una biblioteca tradizionale. Mindon volle superarsi e ideò la realizzazione di questo libro che, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto essere ancora esistente 5 millenni dopo la nascita del Buddha storico. Il marmo per le lastre proveniva da cave a nord di Mandalay e fu trasportato via fiume.

 

L'ingresso alla Kuthodaw Pagoda - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

L’esecuzione  richiese 8 anni. Le iscrizioni vennero ricopiate da antichi manoscritti su foglie di palma: i tondeggianti caratteri della lingua birmana furono cesellati da abili artigiani locali e poi rivestiti da foglia d’oro ma anche rubini e diamanti. Forse non fu un’ottima idea, perché un paio di decenni più tardi, i soldati di Sua Maestà la Regina d’Inghilterra fecero razzia dell’oro e delle gemme preziose, durante l’occupazione della Birmania. In seguito, i caratteri vennero restaurati e dipinti di un più semplice colore nero, dopo tutto più adeguato agli insegnamenti del Buddhismo che da sempre predica la semplicità e l’assenza del desiderio.

 

La cupola dorata della Kuthodaw Pagoda - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

Le lastre di marmo sono altre 153 centimetri e larghe 107 e contengono dalle 80 alle 100 righe di testo. A un monaco servivano circa 3 giorni per ricopiare il testo necessario per una lastra e a un artigiano scultore 10/12 giorni per completare la trascrizione sul marmo. A dirla tutta, a dare fascino a tutto l’insieme sono soprattutto le graziose edicole in muratura - dette “dhamma ceti” o “kyauksa gu” – a base quadrata e riccamente decorate, sormontate da piccoli stupa decorati da piccoli ombrelli dorati (gli originali furono ovviamente preda degli Inglesi).

 

In ciascuno dei quattro lati delle edicole vi sono dei cancelli di metallo, che rendono le lastre visibili dall’esterno ma non accessibili al pubblico, utilizzate per le saltuarie operazioni di pulizie e restauro. Le edicole sono perfettamente allineate in linee lasciando lo spazio per passeggiare fra di esse e costituiscono uno scenografico sfondo prospettico all’interno di uno dei luoghi di pellegrinaggio preferiti dal devotissimo popolo birmano.

 

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