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Isole Egadi e Sicilia Occidentale - II

In epoca di pandemia, riscopriamo territori a noi vicini ma non sempre così conosciuti

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4° giorno

Ben lontani dall’alba, tempo di caffè e merendine, poi a piedi raggiungiamo l’imbarco dell’aliscafo verso le 6:00. In realtà non servirebbe un grande anticipo, ma così c’è tempo per vedere il porto e le case attigue che s’illuminano. La tratta Marettimo-Favignana prevede tappa a Levanzo, pochi i posti occupati e distanziamento obbligatorio, strano, ora che non c’è troppo passaggio è indicato, quando c’è possibilità di far cassa no, mascherina sempre. Sbarchiamo e cerchiamo un luogo per colazione, trovando nella piazzetta principale un solo bar aperto. Da qui ci interfacciamo col referente del residence dove pernotteremo che carica gli zaini nel van fissandoci appuntamento alla reception. Tempo per regolarizzare la presenza, lasciare i bagagli e con le bici a nolo del residence iniziamo a perlustrare la prima ala della farfalla. Favignana ha un disegno che pare una farfalla, dopo aver fatto scorta di acqua e cibo partiamo per l’ala destra passando da San Giovanni, Punta e Cala San Nicola fino alle grotte di tufo di Scalo Cavallo, dove si scorgono antiche abitazioni troglodite. Qui si ha il primo contatto con l’isola di tufo, una sorta di abitazioni rupestri primordiali dentro cui perdersi o al momento ripararsi dal sole, capendo come la base dell’isola sia puro tufo in ogni dove. Dopo una sosta tra questi luoghi, è di prossimo approdo la zona più turistica dell’isola, che sta tra Cala Rossa e Bue Marino, luoghi dove parcheggiare anche una bicicletta può essere complesso. A loro favore il fatto che qualche rivendita di bibite si trova nel caldo sempre più incipiente. Per chi come me non ama troppo il mare e la calca, da questo lato dell’isola c’è la possibilità di ammirare le cave di tufo, perfettamente divise tra un blocco e l’altro, ma soprattutto l’architettura delle abituazione locali, costruite al primo piano con case che si aprono nei sotterranei, tra corridoi naturali e ambienti ricavati dal tufo, così da avere sempre una temperatura mite senza dover ricorrere ad aria condizionata o altro. L’area che sta lungo la strada provinciale punta Marsala e la Tunisina ne è un esempio esemplare. Da lì un salto a Burrone poi rientro per essere in orario perfetto alla visita degli Stabilimenti Florio. Se Favignana è universalmente nota, lo deve al tonno, alle tonnare e alla mattanza, il tutto lavorato già da fine ‘800 in questi stabilimenti. I Florio, glorie locali a cui tutto è dedicato anche se lasciarono lavori e impresa prima di metà ‘900, resero immortale questa lavorazione. Da qualche tempo si può visitare lo stabilimento con guida, ovviamente al momento sempre e solo su prenotazione. Il turno è alle 19, misurata la temperatura, dotati di mascherina, si accede alla visita dove poter apprendere storie, segreti e in parte leggende di quest’antica tradizione che dal 2008 non è più perpetrata poiché la vecchia maniera non è più redditizia. Ma la storia dell’isola passa da qui e perdersi questa storia non avrebbe senso. Lo stabilimento si trova nella parte ovest del paese, non lontano del centro, che raggiungiamo in seguito per notare come l’affollamento sia totale, un mondo a parte rispetto a Marettimo, così dopo aver capito che la situazione non è di comodo ripieghiamo su di un ristorante fuori dal centro, vicino al residence con cui stringiamo di fatto un patto anche per poter avere colazioni ai nostri tempi e prezzi certi. Al ristorante un menù non c’è, specializzato in pasta tipica locale, busiata, e pesce del giorno, si va a voce con quel che c’è. Ma quel che c’è, compreso il salame di tonno (nome locale, ficazza, una prelibatezza, leggermente piccante) è ottimo, i tempi sono rapidi (in linea col nome pasti veloci) anche perché gli addetti mandano in preparazione subito gli antipasti per evitare di far perdere tempo con le ordinazioni a seguire. Dopo l'ottima cena, è tempo di relax per avere qualche ora di sonno in più. Percorsi in bicicletta indicativamente 20 km.

 

Nuvole su Levanzo

 

5° giorno

Per chi vuole salire al castello di Santa Caterina è consigliato farlo di prima mattina, quando nell’assolata salita il caldo non la fa da padrone, unico inconveniente, la formazione di nubi che limitano la vista. Al termine della notte (per modo di dire visto l’orario), in bici si giunge fino alla strada dietro agli stabilimenti Florio, poi da lì a piedi (45’) un sentiero a gradini porta al castello, al momento non visitabile, in stato di degrado non di poco conto. Immerso nelle nubi, riacquista una parte di fascino perduto da così vicino, nubi che però chiudono le viste sull’isola e sul Mediterraneo, peccato. Rientrati alla base, colazione al ristorante che fornisce anche cibo per la giornata, tutto comodamente pagabile con carta di credito, poi via verso l’ala ovest della farfalla favignanese. Usciti dall’abitato si sale verso il lungo tunnel che attraversa il Monte Santa Caterina, percorribile in bicicletta solo sul marciapiede separato dalla via dal guard-rail, circa 800 metri in leggera ascesa. Una volta oltrepassato il tunnel, ci si trova in una Favignana decisamente diversa da quella est, meno frequentata e percorsa quasi esclusivamente da scooter o bici elettriche, o da vecchie auto da parte dei proprietari di case in zona. Meno assembramento, possibilità di visitare più cale, dopo un passaggio a Cala Rotonda prendo per Punta Sottile contraddistinta dall’unico faro dell’isola, purtroppo di proprietà militare, non visitabile e in ristrutturazione. Qui l’ombra è sconosciuta, così ritorno sui miei passi (meglio dire pedalate) e prendo per la punta nord di Punta del Faraglione, raggiungibile in ogni caso su sentiero non asfaltato ma in buone condizioni. Qui si aprono più cale e luoghi da visitare, anche se le grotte nella montagna sovrastante di Montagna Grossa non sono visitabili, ma la parte sul mare regala ottime viste, di fronte c’è Levanzo in bella evidenza, a sinistra più lontano il profilo di Marettimo. Sul faraglione si riesce a salire per godersi una vista ancora migliore, tra i sentieri c’è pure spazio per sosta all’ombra, luogo di cui approfitto ove rilassarsi tra viste non di poco conto. Nella bella baia di Cala Faraglione ovviamente il traffico si fa intenso tanto da trasformare il mare nell’ennesimo parcheggio, anche se in teoria la zona attorno al faraglione non dovrebbe essere percorribile. Riparto per rimirare i tanti muri a secco che hanno permesso all’isola un minimo di coltivazioni, ora dividono prevalentemente proprietà con abitazioni di pregio, con quel poco di vite bassa piantata in attesa della vendemmia tra qualche mese. Passato il tunnel esploro Punta Lunga che si potrebbe ribattezzare Punta Brulla o Bollente, da lì il centro paese è a un passo, così ne approfitto per visitare Villa Florio (visita gratuita) dove oltre a rimirare la costruzione neogotica con interni Liberty, si può ammirare un bel panorama su porto e Punta Campana, la montagna a fianco di Monte Caterina. C’è tempo per testare una granita siciliana, ma il bar in piazza Europa mi comporta una delusione. Tempo di rientrare per una doccia quanto mai fondamentale dopo oltre 25 km in bicicletta sotto al sole e ottima cena al solito risotrante a un orario un attimo anticipato per fare un giro in paese, tra piazze sovraffollate e ricerca di bancomat, trovato e funzionante. Favignana, sicuramente, non è Marettimo come presenza turistica, pieno in ogni dove, uso mascherina anti covid19 molto limitata.

 

Barche nel porto di Levanzo

 

6° giorno

Il ristorante per noi apre prima delle 7:00 così da permetterci di far colazione, consegnate le biciclette alla reception col van i bagagli sono consegnati al porto che raggiungiamo a piedi per prendere l’aliscafo destinazione Levanzo. L’anticipo sulla partenza è sempre minore, abbiamo compreso come 30’ siano inutili, poca è la gente che sale alle 8:10 (che col ritardo diverranno le 8:30) per la velocissima attraversata con posti distanziati e mascherina obbligatoria. All’arrivo giusto il tempo per lasciare gli zaini preso l'albergo e partenza immediata con destinazione alla meta più celebre della piccola isola, la Grotta del Genovese. Dal centro paese si prende un sentiero in salita che taglia l’isola fino alla carrabile che prosegue a centro isola. All’unico vero e proprio bivio si svolta a sinistra, dritto si prosegue per il faro di Capo Grosso, visibile dopo nemmeno 300 metri dal bivio, in splendido isolamento. La grotta si trova al di sotto di una picchiata di almeno 10’, per chi vuole prendersela comoda c’è la possibilità di arrivare anche in barca, con attracco che varia a seconda delle maree La visita va obbligatoriamente prenotata, si entra lasciando zaini nell’atrio antistante la grotta, s’indossa il caschetto - e in questo periodo la mascherina - e con le info della guida pian piano si viene edotti delle pitture e delle incisioni rupestri che la grotta contiene. C’è solo una sala e nemmeno grande (30 metri), quindi poco da camminare, molto da ascoltare e da osservare per una particolarità quasi unica in luoghi del genere : convivono incisioni di 10.000 anni a.c. con pitture dal 7.000 al 3.000 a.C., situazione che non si trova comunemente, dove gli ultimi arrivati tendevano a ricoprire quello elaborato precedentemente. Le incisioni raffigurano prevalentemente animali, le pitture anche ominidi, in molti casi difficile distinguerne il sesso, in alcuni casi evidentemente ripresi durante danze. Va detto che soprattutto per le incisioni, senza la torcia e le indicazioni della guida non sarebbe agevole distinguerle, quindi ben venga la visita solo con guida al seguito, anche per evitare eventuali danni volontari o involontari all’interno della grotta. Da qui, si risale l’erta che porta al sentiero che compie il periplo del lato ovest e sud dell’isola passando dal Faraglione e dalle sue affollatissime cale, non tanto sulle spiagge, non proprio comode da terra, ma nel mare, il solito disdicevole parcheggio. In 10’ si rientra in paese passando dal porto, quello celebre per le immagini simbolo dell’arcipelago, con barche colorate, mare trasparente e case bianche, imperdibile. Il centro ora è affollato, tempo per granita (ma a Levanzo le scelte sono ristrette, limone o gelso) per poi esplorare l’altro lato di Levanzo. Dal centro ripercorro il sentiero del mattino e da lì trovo un sentiero per la parte est che però rientra verso Cala Fredda che deve il nome non alla temperatura ma alla vista dell’area, avendo come riferimento il cimitero la vista è per forza di cose fredda. Dopo un attimo di relax all’ombra, continuo per Punta San Leonardo e Cala Minnola, proprio sotto a una vasta pineta utilizzata anche per picnic, sosta con amache e relax generale. Da lì il sentiero continua ma ancora per poco, passata Punta Minnola si giunge a Cala Nuccida e stop, così con qualche sosta rientro alla base per recuperare i bagagli e prendere possesso di una stanza, con doccia immediata obbligatoria. Prima di cena velocemente ritorno alla zona antistante il faraglione per godermi il tramonto verso Marettimo, anche se qualche nube di troppo smorza i colori. L’hotel dove facciamo base funziona anche da ristorante, per gli avventori di quest’ultimo c’è posto in terrazza, per noi nella sala interna, molto distanziamento, molto caldo. Cena discreta a menù fisso, abbiamo trovato di meglio. La scarsissima ricettività di Levanzo fa sì che con l’ultima nave se ne vada la gran parte dei villeggianti, il paese col buio si presenta ben poco folto di persone, un giro fino al porto ci rivelerà un luogo completamente diverso da quanto visto alla luce del sole. Prima del tramonto il luogo “di tendenza” pare essere una panetteria specializzata in kabucci, ma anche qui col buio il distanziamento è assicurato. Levanzo non presenta difficoltà escursionistiche come quelle di Marettimo, paesaggi meno mozzafiato, ma spiagge più accessibili anche a piedi dal porto, per questo è molto battuta di giorno, mentre di sera diviene vivibilissima. Fuori dal paesino di Levanzo, uno schizzo bianco a persiane blu tra mare e montagna, poche case sparse in giro collegate da una strada carraia, rare auto con alcune perle di vecchie 126 da museo.

 

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Isole Egadi e Sicilia Occidentale - I

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Luca COCCHI

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