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Deserti d'Oman - II

Il nostro Luca ci racconta questo stupendo pezzo di Medio Oriente

... segue 

 

4° giorno 

Alle 6 c’è luce, per le 7 abbiamo già riposizionato le tende ed è tempo di colazione. Chi vuole va in escursione per nuotare coi delfini altrimenti un giro nel villaggio passando per spiagge invase dai gabbiani. C’è pure una guest house gestita da oltre 20 anni da un italiano, a oggi il numero di turisti maggiore giunge proprio dal Bel Paese. Sistemato tutto, prendiamo la strada per Sur, 50 km, dove facciamo tappa al cantiere navale Khour Al Batah per vedere la realizzazione dei dhow, la tipica nave araba. Il cantiere sorge proprio di fronte al Al Ayjah Watch Tower e alla sua imperiale scalinata. Visitata la fabbrica a cielo aperto, saliti e scesi da dhow in realizzazione, tempo per rimirare la baia fino al faro, cromaticamente scintillante, mare verde, faro bianco, forti e torri marroni, tutto molto bello. Ora lasciamo la costa per dirigerci all’interno seguendo la statale 23 fino ad Al Kamil dove facciamo spesa di generi freschi. Da lì ripartiamo per Wadi Bani Khalid, altro celebre wadi forse più frequentato del precedente poiché l’accesso è più semplice. Che rigurgiti di visitatori lo si comprende dal parcheggio, lasciamo i mezzi ad almeno 1 km dall’inizio del sentiero. Non occorrono imbarcazione né lunghe scarpinate, 10’ e si giunge al wadi vero e proprio, con qualche costruzione in cemento non proprio a impatto zero con l’ambiente, si prosegue lungo sentieri segnalati con passaggi nel fiume e tra gallerie naturali, ognuno può decidere dove far base, molti utilizzano il posto per picnic ma anche per bagnarsi in alcuni idromassaggi naturali, la temperatura lo concede, si raggiungono quasi i 30°. Chi vuole può proseguire fino alla Moqal Cave (dal bar circa 15’), la grotta non è illuminata, ha passaggi ove occorre strisciare per entrare, si trovano ragazzi che possono fare da guida, tra pipistrelli e qualche sorgente d’acqua ben muniti di torcia qualcosa si scorge, la temperatura interna però schizza ad oltre 40°. C’è da dire che questa parte del wadi è la più scenografica, con alcune pozze verdissime su rocce bianche, anche senza entrare nella grotta merita un passaggio. Per chi ha tempo si può risalire il canyon, opzione che non ho eseguito, non so darvi info se non che ci sia possibilità. Ritorniamo sulla statale 23 fino ad Al Mintirib, mentre da un gommista (sono ovunque e numerosissimi) gli autisti sistemano le gomme per l’imminente ingresso tra le dune del deserto, scorgiamo dall’esterno il Forte della città. Poi si entra nel deserto vero e proprio, Sharqiya Sands, conosciuto anche come Wahiba Sands. Deserto “comodo” vicino alle città e con possibilità di passare la notte in alcuni campi tendati di lusso, caratterizzato da sabbia rossa e dune dolci con qualche albero, contrasto interessante. Purtroppo la facilità nell’accesso fa sì che tanti, soprattutto giovani locali, facciano un “salto” qui lasciandone invasive tracce, plastica a più non posso e rifiuti di ogni genere. Dobbiamo così avanzare tra le dune ben oltre il tramonto per trovare un posto dove far campo, in parte protetto dal vento e non troppo sporco, arrivando così quando il vento non aiuta nel montare le tende. Non avendo ovviamente un nome il luogo tra le dune, queste le coordinate: 22.20101, 58.76832. I tramonti incontrati viaggiando su e giù per le dune lasciano però già una valida impressione del deserto che ci vivremo in totale pace creando il nostro piccolo campo e preparandoci la cena. Sarà la notte più fredda del viaggio, ma con temperatura sempre sopra ai 12°. Iniziamo a diventare pratici con la dotazione da campo, dimenticando la doccia, utilizzando con parsimonia l’acqua non sprecandola per lavaggi eccessivi, utilizzando la sabbia per sgrossare lo sporco e l’acqua solo per risciacquare. Le 21:30 è giù un orario per “biassanot” da queste parti. Percorsi 285 km.

 

Vista dal ponte Batar, Sur

 

5° giorno

Colazione e poi richiusura tenda non immediata per far sì che l’umidità accumulata durante la notte fresca si asciughi. Oggi attraversiamo le Sharqiya Sands, tappa di deserto, nell’interno di dune rosse. Oltrepassiamo alcuni campi tendati, poi le tracce spariscono, non c’imbattiamo più in maxi suv o jeep sfreccianti, il panorama regala la vista di dune dalle forme più bizzarre ma non particolarmente alte, la temperatura sale ma il caldo non è certo problematico. Quello di problematico invece è un inconveniente alla pompa dell’acqua di una jeep, situazione che ci vede fermi per oltre un'ora attendendo un mezzo sostitutivo, e così la sensazione di perdersi nel deserto si fa crescente, provando a salire e scendere le dune non vedendo più il punto di partenza. La promessa di arrivare con un mezzo in sostituzione è mantenuta, magari non proprio l’ora indicata ma trasferiti i bagagli sul nuovo mezzo, si prosegue in direzione sud su scenari che indubbiamente scatenano l’interesse degli amanti del deserto. Nel nulla, quasi come una visione, ci appare una moschea, nessuna strada, nessuna abitazione, nessuna persona, proprio il nulla. La grande moschea Jal Jalala si trova qui (21.6145, 58.80946), sarei curioso di sapere da chi frequentata, in realtà non molto oltre c’imbattiamo in un accampamento che funge anche da stazione di carburante (qualche tanica), noleggio dromedari per giro tra le dune e bar-ristorante. Una bambina vestina con un abito lungo rosso amaranto ci corre incontro su grandi scarpe con tacchi, proprio l’ideale tra le dune, al ristoro ci sono alcune bibite, gli immancabili datteri, del cibo e il caffè, quello sempre offerto. Un poco d’ombra nella grande tenda, mentre in un contenitore di plastica tengono in bella mostra un serpentello che tende a nascondersi nella poca sabbia contenuta, a dimostrazione che nel deserto vita c’è, non proprio di quella che invoglia a camminare scalzi. Il complesso porta una vetusta insegna di Arabic Umani Caffè, se risponda al suo nome non garantisco. Continuando a puntare a sud tra la sabbia iniziano a comparire sterpaglie, segno che l’acqua è più frequente o più vicina, e in effetti non manca molto all’incrocio con la statale 23 che segue la costa nei pressi di Juwayrath, che lasciamo per inoltrarci tra le dune che arrivano al mare, uno splendido luogo denominato Ras Al Ruiz (20.98301, 58.79576), dopo aver dato assistenza a una coppia ungherese piantata nella sabbia, a pochi metri dall’asfalto. Identificato il luogo ideale per far campo ma anche per rimirarsi dune che paiono una falesia a strapiombo sul mare, prima di iniziare col montaggio tende e campo è bello inoltrarsi su questa distesa non più così rossa ma tendente al giallo che fa da bordo al mare, con alcuni blocchi enormi di sabbia che a volte si staccano cadendo fragorosi nel mare, scene che riportano alla memoria situazione totalmente diverse, come quella del ghiacciaio Perito Moreno che spaccandosi cade nel Lago Argentino. Due luoghi all’opposto accumunati da fatti naturali. Terminata la piccola esplorazione costruiamo il campo, iniziamo a preparare la cena in una serata contraddistinta da una brezza costante ma non fredda. Percorsi 160 km, a parte 12, tutti in fuoristrada.

 

Fenicotteri a Ras Knasa

 

6° giorno

Mattinata senza vento, terminata colazione e riposto il tutto nelle jeep, col favore del sole che illumina dal mare le scogliere di sabbia, l’ennesimo giro su e giù tra questi luoghi, invasi ora da torme di gabbiani. Di nuovo lungo la 23 fino al bivio che porta a Shana’a, porto d’imbarco per l’isola di Masirah, ma soprattutto punto principe della pesca nell’area. Attraversiamo alcune saline e poi dritti fino alla cittadina che in realtà conta ben poche strutture, i pescatori se ne stanno sulle loro imbarcazioni in mare o lavorano a terra per sistemare il tantissimo pesce, questo mare è una fucina assoluta di molteplici specie ittiche. Le condizioni di lavoro non sono proprio in stile Oman, e ben presto chiacchierando coi pescatori ci accorgiamo che sono quasi tutti del Bangladesh, un duro lavoro lasciato a immigrati. Tra casse colorate, reti che vengono sistemate, gabbiani in ogni dove, imbarcazioni che vanno e vengono c’è anche un distributore di benzina dove rabboccare le “ubriache” jeep a nostra disposizione e un market dove far scorta di acqua. Lasciamo il porto per rientrare sulla 23, qui però Alì, dopo aver preso informazioni in paese, ritiene che si possa tentare l’attraversamento dell’area delle saline, che regalerebbe immagini affascinanti ma comporta il passaggio in luoghi non facili, nelle paludose saline non ancora asciutte è semplice sprofondare con tutta la jeep se si sbaglia il passaggio. Un mezzo che incontriamo in uscita ci avvisa della difficoltà, ma proseguiamo, Alì a volte deve scendere e con un bastone verificare la consistenza della crosta salina, vietato prendere avventure qui dove tutto pare uguale, e una volta passato il primo mezzo anche gli altri 2 devono rimanere rigorosamente sulla traccia. Par di stare nel nulla, non vi vede l’orizzonte, solo una patina salata tendente al nero ed un cielo che più blu non può essere. In qualche modo giungiamo al mare e da lì sempre percorrendo la spiaggia facciamo il periplo della penisola, imbattendoci nella zona di Ras Knasa in un gruppo di fenicotteri, che pare messo lì appositamente dall’ufficio del turismo. La spiaggia bianca alle nostre spalle e pure nel lembo di terra di fronte, l’acqua che propone svariate tonalità di verde, piccole dune bianche tutto attorno e nessuno all’orizzonte, se non poco oltre due persone a pesca di squaletti. Tutto vero? Facciamo sosta per cibo e relax al volo qui, luogo incantevole con possibilità di bagno nel mare, ripartiamo attraversando alcuni piccoli villaggi di pescatori fino a Filim, da lì è un susseguirsi di tagli tra deserti, saline e tracce d’asfalto in zona Al Ghadum per ritornare al mare verso Al Khaluf. Qui, in una piazza c’è una sorta di bagno pubblico, due docce all’aperto e due dentro ad una cadente struttura, fermiamo i mezzi e ci godiamo una doccia che in altre situazioni parrebbe da denuncia, qui è invece una gioia, acqua fresca, ma acqua, dopo qualche giorno senza. La strada saluta l’asfalto e s’inoltra al bordo del mare rasentando le dune bianche dove vogliamo far campo, la serata si preannuncia particolarmente ventosa così troviamo riparo dietro a un hotel in costruzione, ci lavorano nemmeno a dirlo ragazzi del Bangladesh, ci lasciano piazzare proprio dietro così da evitare di essere sepolti dalla sabbia, sabbia che magari non si vede ma che di mattina avrà riempito per bene le tende. Il luogo prescelto è nei paraggi di Ras Bintawt (20.38291, 57.94052), predisponiamo con comodo il campo per una cena che a ogni occasione si arricchisce di prelibatezze del luogo recuperate nei pochi negozi incrociati. Del resto è anche modo e maniera per far serata nel nulla, considerando che alle 18 già fa buio arrivare ben oltre le 21 è un’impresa. Giornata intensa con molti km su sabbia, 258 in totale.

 

continua...

 

Deserti d'Oman - I

 

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Luca COCCHI

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