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Viaggio nel tempo a Lukomir

Il villaggio nelle montagne della Bosnia che non ha visto la guerra

 

Lukomir è il villaggio più remoto della Bosnia, a circa 110 km dalla capitale Sarajevo e a 1500 mslm, nei pressi del Bjelašnica, il monte più alto del paese nonché il sito in cui si svolsero le gare alpine durante le Olimpiadi Invernali del 1984. Erano altri tempi, la Jugoslavia, benché Tito fosse già scomparso da 4 anni, era ancora un paese unito e il Blocco Sovietico, di cui ufficialmente non faceva parte ma di cui avvertiva indubbiamente l’influenza, era ancora lontano dallo sfaldarsi. Poi ci fu la Guerra dei Balcani, che soprattutto in Bosnia ha avuto la mano pesante. Non a Lukomir, l’unico villaggio che non è stato toccato da quei tragici eventi, troppo isolato e insignificante dal punto di vista strategico per prenderlo di mira.

 

La strada sterrata che porta a Lukomir - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

Ci arrivo – dopo diversi chilometri di strada sterrata - con un tour organizzato da un’organizzazione locale di giovani guide amanti della natura. Portano turisti a Lukomir per fare trekking ma, in verità, a me questo aspetto interessa poco: il motivo che mi spinge fin qua è legato al fatto che so che qui vive quella che è probabilmente l’ultima comunità di pastori musulmani che segue lo stile di vita tradizionale.

 

Il villaggio di Lukomir - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

La visita conferma l’idea che mi ero fatto: il trekking che permette di ammirare il canyon profondo 800 metri creato dal fiume Rakitnica non è trascendentale, in più non vale neanche la pena scendere fino alla cascata che si tuffa nel fiume perché è agosto e le acque sono al loro minimo stagionale. Meglio così, rimane più tempo da dedicare al villaggio che è invece un piccolo gioiello.

 

Le casupole tradizionali di Lukomir - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

Costellato di casupole a pianta quadrata sormontate da aguzzi tetti di scandole di ciliegio ma sempre più spesso da lamiere – che necessitano di minore manutenzione – non di rado arrugginite e ricavate da vecchi bidoni di petrolio, sembra essere stato catapultato nel presente da un remoto passato. Non è un caso che la Società Storica di Architettura Inglese abbia proclamato Lukomir come uno dei villaggi d’Europa ininterrottamente abitati da più tempo. Sorge in un piccolo avvallamento, sopra la linea in cui crescono gli alberi e immagino che d’inverno i venti freddi giochino un ruolo di un certo peso. L’imponenza delle stondate cime che circondano il villaggio contrasta con le abitazioni lillipuziane.

 

Un'anziana in abito tradizionale - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

La popolazione è di appena 60 anime, ma solo perché siamo in estate e il clima salubre richiama anche i ragazzi che sono a casa da scuola. Nel lungo inverno – l’unica strada che porta quassù rimane chiusa per neve per circa 9 mesi – i residenti si riducono ad appena 20 persone. Sono pastori che si prendono cura dei greggi di pecore con l’ausilio di grossi cani, necessari per difendere gli animali dai lupi della zona. Una vita dura, che i giovani sono sempre più restii a sposare, il che mi fa temere che Lukomir abbia gli anni contati.

 

Le pecore sono la sola risorsa economica - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

Velocizzando il pic-nic post trekking, riesco a rientrare per primo dal trekking e per qualche minuto ho il villaggio tutto per me. La scelta mi premia e mi permette di potermi avvicinare a un’anziana – a occhio e croce avrà una 90ina d’anni – che indossa l’abito tradizionale costituito da una specie di diadema di antiche monete sulla fronte coperte da un fazzoletto ricamato e chiederle il permesso di fotografarla. Dopo un po’ giunge anche il resto del gruppo e la magia sparisce, saluto un anziano con le due parole in croce che ho imparato in serbo-croato, lui smette di dedicarsi a quello che stava facendo probabilmente desideroso di uno scambio di chiacchiere ma devo deluderlo, non ho le conoscenze linguistiche per andare oltre al buongiorno. È già ora di salire sul pulmino e rientrare, mentre un gregge di pecore si abbevera alla fontana del paese come se fosse un loro preciso diritto: del resto, se qualcuno è sopravvissuto e continua a sopravvivere in questo sperduto angolo di mondo, è soprattutto merito loro.

 

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Roberto CORNACCHIA

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