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1° giorno
All’aeroporto di Bologna approfittiamo dei check automatici dell’Air France per ritirare le carte d’imbarco sia dei voli per Parigi e Johannesburg che di quello South Africa per Windhoek, ma occorre comunque fare una lunga fila per depositare i bagagli da imbarcare. Il volo per Parigi è puntuale viene servito uno snack, all’arrivo cambiamo gate rimanendo comunque sempre all’interno del terminal 2. Nell’aeroporto Charles De Gaulle c’è la possibilità di usufruire del servizio wi-fi gratuito per 20’ oppure utilizzare sempre per 20’ gratuitamente i pc a disposizione, oltre a giornali e riviste. Il volo per Johannesburg servito coi nuovi A380 a due piani (posto assegnato al piano superiore ma non si ha idea di essere su di un aereo a più piani) parte con circa un’ora di ritardo, appena decollati è fornito il kit cortesia, lontano parente di quello delle compagnie arabe o del sudest asiatico e subito dopo la cena, di buona qualità. Terminata questa le luci si spengono, chi vuole può consultare il video scegliendo tra mille opzioni oppure provare a dormire.
Un "albero faretra" nei pressi di Keetmanshoop - Archivio Fotografico Pianeta Gaia
2° giorno
Svegliati per colazione, buona e abbondante, atterriamo con l’ora di ritardo accumulata in partenza, passiamo nella zona transfert per raggiungere l’imbarco del volo South Africa destinazione Windhoek. Occorre esibire nuovamente il passaporto e sprecare spazio per un timbro di transito, ma le procedure sono veloci. Il volo per la capitale della Namibia è puntuale, l’aeroporto è piccolissimo, le procedure veloci, niente visto, veloce registrazione e timbro sul passaporto, terminate queste formalità il bagaglio è già in consegna e siamo subito presi in carico da un addetto della Camping Car Hire che come accordi ci sono venuti a prendere per portarci all’hotel prenotato in anticipo su loro indicazione, a ridosso del centro storico. Espletate le minime formalità su indicazione del personale dell’hotel, gestito guarda caso da una famiglia tedesca, andiamo alla scoperta della città, la cosa è più semplice è trovare un ATM visto che Windhoek è un concentrato di banche e negozi di souvenir, questi però di domenica pomeriggio tutti chiusi. Quello che emerge è proprio che in un giorno di festa la città è fantasma, tutto chiuso compresi la maggior parte dei ristoranti, con strade deserte e i semafori funzionanti per nessuno. Facile da girare, la parte pedonale del centro storico è spettrale, non che cambi lungo la principale Independence Avenue, c’è qualche anima viva giusto nel parco di Zoo Park, ma tutto termina qui, all’angolo con Fidel Castro Street. Così trovare un ristorante aperto è un’impresa, visto che abbiamo già definito che la maggior parte delle cene in viaggio le faremo nei camping in autonomia, in città vorremmo testare la cucina locale, fortunatamente ci viene in soccorso il ristorante internazionale La Marmite dove poter gustare l’orice con esito positivo. Nel deserto capitolino rientriamo in hotel dove pure qui la vita latita, e per tirare serata mi preparo con tempistica sudamericana un lungo caffè.
Rocce in equilibrio nel Giant's Playground - Archivio Fotografico Pianeta Gaia
3° giorno
Abbondante colazione in hotel, alle 9 in punto, anzi con 10’ di anticipo, l’incaricato della Camping Car Hire è già pronto per portarci in sede a ritirare il pick-up. Le pratiche per il noleggio sono veloci, meno il prendere contatto col mezzo e con tutto quanto al seguito, oltre alla prova pratica di estrazione e rimessaggio della tenda sul tetto. Un accurato controllo di eventuali segni su carrozzeria e vetri, mentre la parte in vetroresina del furgone non è presa in considerazione, poi immessi nel traffico con guida all’inglese. Prima obbligatoria tappa a un grande ipermarket per sistemare le provviste e tutte quelle cose utili durante il viaggio ma inutili da portarsi da casa, vedi carta scottex, zampironi, biscotti, sale, olio, zucchero, frutta, pane ecc… Volendo nei market c’è anche una completissima zona gastronomia, evitiamo cibi già preparati avendo tempo per provvedere, dai ricordi del Kalahari faccio però scorta di distinte tipologie di biltong, snack deliziosi e sostanziosi di carne essiccata in piccoli tranci. Acqua in taniche da 5 litri, nei market è possibile far scorta di birra e vino ma non di superalcolici, per quelli ci sono i Bottle Shop, solitamente nei paraggi dei market. Ed ora via, destinazione sud lungo la B1, l’arteria principale della nazione con destinazione Sud Africa, percorsa da molti camion che rientrano dove tutto quanto viene commercializzato da queste parti è prodotto, ovvero lo stato che fa capo a Johannesburg. Lungo la strada ci sono più aree di sosta in prossimità di grandi alberi, la strada è sempre separata dai campi delle immense fattorie da imponenti staccionate quindi nessun problema con animali, utilizziamo una di queste per pausa snack&bevuta mentre all’uscita di Mariental facciamo rifornimento potendo pagare con carta di credito. La nostra prima tappa è nei paraggi di Keetmanshoop, appena arrivati in città deviamo a sinistra sulla D26 e successivamente ancora a sinistra sulla D19 (strade sterrate come la denominazione indica, solitamente le B sono asfaltate anche se non sempre, le lettere a seguire indicano strade senza catrame) per arrivare al campeggio del Quiver Tree Forest, situato all’interno della foresta dei kokerboom, alberi molto particolari che connotano la zona desertica. Le piazzole distano circa un km dalla reception, dotata di wi-fi con password gentilmente fornita, sono ben tenute con ottime docce calde e situate a ridosso dei kokerboom, così girarsi la foresta poco prima del tramonto è un’esperienza interessante. Tra questi splendidi alberi si aggirano le procavie del capo, una specie di grossa nutria senza la minima paura della presenza umana, tranquilla e rilassata nel godersi il sole al tramonto. Unica nota negativa il vento che di sera si alza, complicazione per il fornello da campeggio che impiega un lungo tempo per andare in temperatura. Nonostante il vento, la temperatura notturna non porta nessun problema, si può dormire tenendo chiusa giusto la zanzariera e non occorre sigillare la tenda. Iniziamo a prendere confidenza con tutto l’armamentario di dotazione, ci sono talmente tante cose che ci pare di vivere nel lusso più sfrenato nonostante all’orizzonte si prospetti solo deserto. Percorsi 495 km, media al primo rifornimento 5,5 km con un litro, ma percorsi tutti su asfalto a buona andatura.
Una veduta del grandioso Fish River Canyon
4° giorno
L’alba sale magica poco dopo le 6, quindi non tiriamo molto tardi e ci prepariamo una lauta colazione, facciamo tappa alla reception per sapere se fosse possibile vedere il ghepardo che staziona in una grande parte del giardino, ma purtroppo ora che è cresciuto passa da qui verso le 17 per rifocillarsi poi se ne sta in disparte. Facciamo un salto ai Giants Playground, un campo infinito di migliaia e migliaia di grosse rocce disposte le une sulle altre in equilibrio precario ma stabile, ci sono alcuni percorsi da 30’ in cui inerpicarsi per godere al meglio la visione. Lasciato questo luogo ripartiamo verso il Fish River Canyon, la meraviglia del sud della Namibia. Strada asfaltata fino a Seehiem, nei dintorni c’è un hotel con distributore, sono così impegnati che ci consigliano di procedere per 80 km e rifornirci al prossimo. Da qui l’asfalto rimane un lontano ricordo anche se la strada è buona, senza curve ma soprattutto senza avvallamenti, la cosa che mette più in pericolo il muoversi in queste vie. Percorriamo la D38 in direzione sud fino al bivio a destra per la D39, avanti 15 km si trova il Cañon Roadhouse dove possiamo rifornirci ma pagando solo in contanti, tutto il resto si può pagare con carte, anche se all’interno si trova un ATM. Da qui ripartiamo subito per arrivare all’ingresso del Fish River Canyon Park dove paghiamo l’ingresso valido 24 ore (80$ + 10$ per l’auto) ed il campeggio per la notte (155$ con acqua calda e piscina). Per prendere posto, basta scegliere una piazzola e impegnarla, solitamente è sufficiente lasciare tavolo e sedie, impareremo ben presto che qui non scompare mai nulla. Partiamo immediatamente per il canyon facendo subito tappa al primo punto panoramico ribattezzato Main View Point, poi avendo tutto il pomeriggio a disposizione iniziamo a lanciarci alla ricerca di ogni possibile visione dato anche il fatto che in questo periodo dell’anno non c’è possibilità di scendere per percorrerlo a piedi. Le escursioni in giornata sono state bandite perché ritenute troppo faticose, nella stagione meno calda, da aprile a settembre, è possibile intraprendere un trekking guidato di 5 giorni in autosufficienza, che vuol dire portarsi in spalla tutto il necessario, compreso litri e litri di acqua. Esiste una via di fuga dopo 3 giorni di cammino, al di là della fatica non abbiamo nemmeno il pensiero sul che fare visto che ora non si può. Raggiungiamo comunque il punto più a nord da dove parte il cammino e da dove si gode della vista più suggestiva, poi facciamo tappa in ogni punto raggiungibile con un mezzo 4x4, sovente per fare poche centinaia di metri occorre percorre chilometri con salite e discese complesse ma quasi sempre ripagate da viste mozzafiato dell’imponente canyon. Percorriamo oltre 20 km a velocità ridottissima, impieghiamo oltre 2 ore tra soste fotografiche e passaggi lenti, ma ne vale ampiamente la pena, anche perché lasciato il main view point non s’incontra nessuno e la parte più selvaggia del canyon fa bella mostra di sé. La geologia spiega che questa spaccatura della terra, unica in tutta l’Africa, è in realtà composta da due canyon nati in differenti maniere, per il tutto occorre risalire a oltre 2 miliardi di anni fa. Rientriamo in campeggio col sole già tramontato, è il vantaggio di far tappa nel camping all’interno del parco, il costo è maggiore ma permette di godersi in maniera completa il posto. È tardi per usufruire della piscina, poco male, usufruiamo delle docce e per far serata cuciniamo una saporita zuppa con zucca, patate dolci e finferli e terminiamo con un caffè caldo verificando se fosse possibile passare da sud lungo il fiume Orange compiendo il periplo del parco spostandoci ad ovest verso Lüderitz seguendo una via meno battuta. Purtroppo la parte di percorso che va da Ai-Ais all’incrocio con la D29 ci viene descritto in pessimo stato e difficile da seguire perché occorre entrare e uscire dal letto del fiume, non passa quasi mai nessuno e potremmo non trovare tracce, non essendo una via vera e propria non c’è navigatore che tenga, occorrerebbe far tappa ad Ai-Ais ed attendere un abitante del luogo che debba prendere quella strada, troppo tempo da impiegare senza la minima garanzia di centrare l’obiettivo. Percorsi 249 km.
continua...
BLOGGER
Luca