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Laos - I

Dettagliato diario di viaggio nel montuoso e variegato stato indocinese

 

1° giorno 

Il check-in a Malpensa è velocissimo, nonostante l’aereo si rivelerà pieno si fa in un attimo, poi via verso Muscat volando con la Oman Air, la classica compagnia araba dal servizio superbo, airbus con schermo personale, infinita scelta di film (compresi in italiano) e giochi, ingresso USB, possibilità di utilizzo del cellulare per chiamate, sms e navigazione internet via satellite, il costo però non so dirlo visto il mio inutilizzo di tal servizi. Ma osservando come nessuno si sia buttato sulla cosa mi vien da pensare che costi un botto. Si pranza alla carta, e quando vien distribuito il menù viene servito anche il primo rinfresco. Ovviamente viene fornito il comfort kit, cosa ormai dimenticata nelle classi economy del mondo occidentale.

 

Il Palazzo Reale di Bangkok

 

2° giorno

Prima di atterrare viene servita la colazione, anche questa scelta anticipatamente dal menù servito durante la continua distribuzione bevande (bello, sia chiaro, ma anche dormire lo sarebbe…). Arriviamo a Muscat in anticipo, i controlli sono velocissimi e dopo un’attesa praticamente nulla (la preoccupazione è per i bagagli, riusciranno a imbarcarli?) si riparte sempre con Oman Air destinazione Bangkok dove atterriamo dopo 5:30’. All’aeroporto, dopo aver ritirato i bagagli arrivati assieme al volo, si preleva senza problema dai bancomat e poi con un free shuttle veniamo portati a un parcheggio da dove parte un bus per la città che purtroppo non arriva nella zona di Khaosan Road dove fare tappa. Per arrivarci occorre prendere un taxi che passa più tempo fermo nel traffico della città che in movimento. Facciamo tappa in albergo poi iniziamo subito a visitare la zona girovagando tra le bancarelle per cenare lungo la strada. La confusione regna sovrana e la domanda che mi pongo è: ma tutti gli europei sono in questo luogo? La temperatura mite facilita la permanenza, come anche i prezzi bassissimi, il fatto che i locali non chiudano mai e che tutto sia a portata di mano, e anche nella confusione più totale la tranquillità è assoluta. Dopo una veloce presa visione del luogo il sonno richiama all’ovile.


Il gigantesco Buddha Sdraiato

 

3° giorno

Per precauzione, soprattutto per l’arrivo dei bagagli vista la coincidenza strettissima a Muscat, ci eravamo presi un giorno di tempo prima di partire per Luang Prabang (non ci sono voli in coincidenza dall’Italia al Laos), così dopo una lauta colazione si parte per la visita di Bangkok della serie “tutto in un giorno”. Da Khaosan Road arrivare al Palazzo Reale si fa in circa 20’ a piedi (maggior parte del tempo spesa ad attendere il verde ai semafori…), poi una volta lì, nonostante la tantissima gente, non c’è fila alla biglietteria, se ne incontra di più a quella per noleggiare gli indumenti per coprirsi le gambe (ideali i pantaloni estendibili con lampo). Le donne possono entrare in gonna, ma deve essere lunga alla caviglia, altrimenti anche per loro c’è una maxigonna da indossare. Che il Palazzo Reale sia un autentico gioiello non devo certo esser io a dirlo, è unanimemente riconosciuto come tale, io posso solo confermalo, come segnalare l’incredibile Buddha di Smeraldo che irradia la sua luce per tutto il tempio principale. Ovviamente nei templi si entra scalzi, e le file sono maggiori più per “posteggiare” le calzature che per entrare nei vari luoghi. Nel biglietto è compreso anche il museo sempre nello stesso luogo oltre a un altro tempio che però è fuori città e che non riusciremo a vedere, da qui la prossima tappa è il Wat Pho, conosciuto perché ospita la statua del Buddha Sdraiato più grande al mondo. Il tempio esternamente è in ristrutturazione ma comunque visitabile, l’enorme Buddha fa effettivamente impressione, come la fanno i giganteschi piedi, finemente ricamati. Il tratto di strada dal palazzo reale a qui è un unico mercato lungo la strada, quindi calcolare il tempo di percorrenza è di fatto impossibile, da 10 minuti a 2 ore… Uscendo e avvicinandosi all’imbarcadero, già si scorge dall’altra parte dell’inquinatissimo fiume Chao Praya un’altra delle bellezze storiche della città, il Wat Arun dove si può ascendere e godersi una bella vista della città dal fiume. Sempre col traghetto rientriamo all’imbarcadero per mangiare in un ristorante locale sul fiume, iniziando a far prova di noodles. Da qui il tour intensivo continua con una sosta ad un anonimo Buddha Nero e poi tappa alla Golden Mountain, una piccola collina nel pieno centro della città sormontata dal Wat Srakesa, dove è uso lasciare una banconota appesa a un filo come ricerca della fortuna e firmare su di un lunghissimo telo la propria presenza. Da qui si gode un ottimo panorama, coi canali che si mischiano ai mercati e ai templi, e ovunque vaghi lo sguardo si vede sempre la città, un agglomerato-nazione che pone l’immagine del re ovunque. Iniziamo a rientrare a piedi praticamente a caso tra piccoli templi, mercati lungo quasi tutte le strade incrociando anche una sfilata di Harley Davidson, cosa che impressiona perché gli scooter qui impazzano ma le moto sono decisamente più rare. Arriviamo in zona Khaosan Road col sole già ampiamente tramontato alla fine di una visita che verrebbe da definire “alla giapponese”, finendo per far confusione tra un tempio visto e l’altro. Ci prendiamo un passaggio per l’aeroporto per l’indomani, in zona sono in vendita ovunque. Tra i mille banchetti e ristoranti si trova anche il tempo per un massaggio articolare (sono ovunque, da quelli ai piedi fatti coi pesci a quelli con gli oli, prezzi identici tra tutti), con schiena che “scrocchia” all’impazzata e polpacci stirati che limitano alquanto il giro alla ricerca di un posto dove cenare, finendo come la sera precedente per scegliere una panca lungo la strada a consumare carne alla griglia e riso condito con varie spezie.

 

Il Mekong a Luang Prabang

 

4° giorno

Sveglia di buon mattino, colazione in un 7 Eleven in Khaosan Road e con un shuttle raggiungiamo l’aeroporto muovendoci in un traffico cittadino paralizzante, mentre nel frattempo l’autista si ascolta un The Best dei Boney M. Nonostante l’aeroporto sia pieno di cartelloni che invitino ad arrivare con largo anticipo per poter accedere in tempo utile ai gate di partenza, le file sono ridotte all’osso, anzi al check-in della Lao ci siamo solo noi, poi con un ATR72 si parte per Luang Prabang che raggiungiamo dopo 1:45’, volo buono con servizio pasto a bordo. L’aeroporto internazionale della vecchia capitale del regno Lao è di dimensioni ridottissime anche se in ampliamento, sorge in mezzo alle montagne e fino all’ultimo non si capisce dove possa essere la pista. Il visto si prende all’arrivo, si può pagare solo in dollari e la tariffa varia a seconda della nazionalità (sono tutte esposte), nonostante l’arrivo di 70 persone la procedura è rapida, come rapida è la registrazione all’immigrazione e il ritiro bagagli (quando si finisce con le pratiche del passaporto è già disponibile), all’uscita si trova un ufficio cambio valuta (nessuna commissione applicata, consigliabile) ma non un bancomat. Per la città che dista 4 chilometri c’è un servizio shuttle a prezzo imposto che scarica a piacimento. Optiamo per una piccola guest house che si trova appena fuori dalla zona che di sera diventa senza pedonale, ma attenzione a carretti, biciclette e scooter. La temperatura è sui 25°, si può pranzare all’aperto in una bancarella sulla via principale che taglia il centro storico della città, poi percorrendo la via che costeggia il Mekong iniziamo ad ammirare lo spettacolo del fiume al fianco della città, veramente affascinante come ovunque descritto. In buona parte ricostruita ma sotto l’egida dell’UNESCO tutto viene rifatto così com’era, tra vecchie costruzioni coloniali e templi, templi in ogni dove pieni di monaci. Visitiamo il può importante, Wat Xieng Thong dal tempio rosa e dal tempio con la rappresentazione dell’albero della vita e col solito viavai di monaci nelle loro canoniche tonache arancioni, per poi percorrere il periplo della città incastonato tra il Mekong e il Nam Kham che sfocia poco oltre al tempio. Alcuni piccoli ponti di legno e vimini collegano a pagamento le parti della città a nord e ovest ma preferiamo continuare la perlustrazione perdendoci nel mercato che si sta allestendo sulla via principale. Fortunatamente arriviamo sul lato del Mekong proprio al momento del tramonto, e il fiume non tradisce: si illumina di giallo/rosso in modo incredibile, ogni volta sembrerà sempre una visione favolosa di cui non stancarsi mai, la prima volta è ovviamente un incanto. Il mercato notturno funziona da vero e proprio ristorante all’aperto dove cenare a piacimento con ogni specialità del luogo, dai buffett sontuosi di piatti vegetariani (riso, noodles, verdure, tofu, il tutto combinato in ogni stramba possibilità sempre) per passare alle carni (lì il prezzo si tratta, ma difficile spendere molto) e al pesce di fiume, ottimo ma pieno di lische. Si mangia tutti assieme sui tavoli misti tra una bancarella e l’altra così da scambiarsi anche info interessanti per le escursioni in zona, immancabili i dolci, curiosa un cestino di foglie di palma che contiene le frittelle di latte di cocco. Un’ora di internet in quasi tutti i posti in città costa sui 6.000k, ma spessissimo le guest house o gli hotel hanno il wi-fi free per chi pernotta. Uscendo dal mercato la temperatura cala, serve almeno una felpa, e anche nelle stanze ventilatori per non dire dei condizionatori restano spenti, anzi meglio avere a disposizione una coperta leggera.

 

continua...

 

BLOGGER

Luca COCCHI

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