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Nel cuore della Papua Nuova Guinea - III

Diario di viaggio nella grande isola oceanica

 

...segue 

 

9° giorno 

Alle 7 siamo già pronti per colazione, peccato che non lo siano al ristorante, oggi è IL GIORNO e non vogliamo mancare un minuto del Cultural Show di Mount Hagen. Prendiamo pezzo per pezzo di quanto viene approntato al desco del cibo, terminato percorriamo tutta la cittadina per andare a piedi al campo sportivo dove la manifestazione prenderà forma (circa un km scarso fuori dall’Highlander Hotel verso sud-ovest). Il Mt Hagen Cultural Show è il secondo festival per importanza della PNG, la favorevole data di metà agosto favorisce l’afflusso di turisti stranieri (a star larghi saremo 500, e chi è sull’isola principale oggi è qui), mentre il più celebre si svolge a Goroka a settembre inoltrato. La via che porta all’impianto è trafficata da pulmini malmessi che portano accatastati un’infinità di gente e i loro tradizionali abiti, mentre a piedi procedono i più scalcagnati e quanti provano a vendere qualsiasi cosa ai turisti che in larghissima parte arrivano a bordo di pulmini a costi spropositati dagli hotel (50k a/r, il costo è rimasto il medesimo quando lo show si svolgeva oltre 10 km fuori città…). Il primo campo sportivo che si scorge è quello da basket che però è ancora fuori dall’impianto, tutto cinto da una barriera di ondulato sottocoppo sponsorizzato da compagnie telefoniche di qui, presenza costante in ogni dove. È importante arrivare prima dell’inizio dello show vero e proprio perché si assiste così ai preparativi delle varie tribù partecipanti, tra le 80 e le 100, a quello che per loro è una vera e propria gara a chi si presenta nel modo più autentico e tradizionale. Abbiamo circa 2 ore di tempo nel muoverci in una melma esagerata alla ricerca dei personaggi più inquietanti e colorati, anche se l’idea di essere al carnevale è ascendente. Si entra e si esce dall’impianto adibito a campo da rugby a piacimento, la spilla che fa da biglietto non è mai controllata, vien dato per scontato che gli stranieri, unici presenti come spettatori, abbiano tutti il biglietto anche perché al 90% giungono con bus di tour operator od hotel. All’interno del campo ci sono alcune postazioni predisposte per questi avventori sotto teloni parasole dotati di sgabelli, appena il sole buca le nuvole ne comprendo il perché, il caldo è elevato e l’umidità ancora peggio. Pian piano i vari gruppi iniziano ad entrare nel campo poco dopo le 10, sui primi si riversano fotografi all’impazzata che diventano più numerosi dei gruppi stessi, tanto che la direzione richiama all’ordine. Assistiamo così alla lenta entrata di ogni singolo gruppo, presentato ovviamente in lingua locale non si sa per chi poiché d’indigeni non vi é traccia, ma poco male, quello che interessa è assistere allo spettacolo folkloristico proposto. Onestamente è come andare al carnevale, belli e caratteristici, nulla da dire, ma alla lunga paiono più una baracconata all’eccesso che altro, soprattutto per il fatto che ora nessuno si veste e vive più in questa maniera e che ai locali nulla interessa di tutto questo, se non per provare a vendere suppellettili e bibite appena fuori dallo stadio. Mentre sfilano le tantissime tribù, si può approfittare dei servizi che i gruppi di turisti vip hanno al seguito, mentre mi riposo all’ombra su di una sedia mi viene offerta acqua minerale e cibo, così i panini di scorta sottratti a colazione non sono nemmeno necessari. Devo dire che il servizio catering di alcuni di questi gruppi è di altissimo livello, tra tutti un dolce al cioccolato con cuore di cioccolato fuso ricoperto di cocco da applausi a scena aperta. Acqua a volontà, e col caldo che imperversa meglio così, pensare ai Fire Men che sfilano con in testa un coccio ed il fuoco all’interno mi viene male. I tanto attesi Mud Men forse sono quelli che colpiscono meno, girano più per vendere la loro paccottiglia che per esibire i loro caratteristici copricapo, sarà che li conoscono tutti e non necessitano di ulteriore fama, meglio gettarsi su altri gruppi, una volta che tutti sono nello stadio si può girare allegramente e tutti sono estremamente contenti di farsi fotografare, anzi, sono lì per quello. Il concorso prevede una premiazione finale, di questo ai vari turisti poco interessa a differenza dei gruppi presenti perché possono rientrare con un buon gruzzolo. Usciamo dallo stadio verso le 15 con tante foto e tanto sole incamerato, in tempo per arrivare in hotel sulle prime gocce di pioggia, acqua che accompagna l’arrivo ma non bagna le docce del Travellers Hut se non a spizzichi e bocconi e rigorosamente fredda. Tempo per un po’ di relax con lettura e musica e a seguire cena dove ovviamente si parla della giornata trascorsa, del numero di foto (non faccio testo per la quantità risibile di scatti, come detto i carnevali non sono il mio forte) per finire coi programmi futuri visto che il festival replica l’indomani ma i problemi legati agli spostamenti fanno sì che in tanti diserteremo la seconda giornata. Per finire si gioca a carte, passatempo serale in un luogo dove uscire non è consigliato, altra domanda sarebbe per andare dove…  

 

Preparazione per il Cultural Show di Mt Hagen - Copyright Pianeta Gaia            

 

10° giorno

Terminata colazione e terminati i pagamenti all’hotel (fatti e rifatti più volte i conteggi perché inseriscono più voci ripetute e servizi mai utilizzati e che comunque faticano a fare i conti anche con la calcolatrice) iniziamo la ricerca di un PMV destinazione Goroka. In hotel non vogliono che andiamo soli alla ricerca, anche lasciando qui i bagagli, con un addetto due di noi vanno nello spiazzo fangoso alla ricerca di un mezzo, ovviamente la presenza di stranieri genera un richiamo esagerato, l’indigeno al nostro seguito fa più confusione che altro, così con quello che trattiamo arriva anche un altro a cui il ceffo non ha fatto capire la nostra situazione già soluzionata. Questo ci causa una lunga attesa all’interno dell’hotel, poi in pratica il PMV esce e fugge con noi all’interno, solo che non è ancora stipato all’inverosimile e così all’attesa di 30’ se ne somma un’ulteriore di 45’ prima di lasciare Mt. Hagen. La strada inizialmente è asfaltata ma in cattivo stato, facciamo sosta per rifornimento benzina e cibo, le soste si susseguono lungo il percorso, una volta arrivati a Chuave si sale al Daulo Pass a circa 2.500m per una strada sterrata in pessime condizioni. Una volta svalicato sosta presso piccoli negozietti all’aperto dove trovare un po’ di cibo e potersi sgranchire le gambe che godono di poco spazio nel PMV mentre devo dire che la schiena poggia su sedili accettabili, se la strada rimane pessima per la discesa ora ci si mettono alcuni blocchi stradali che non sempre sono di militari. Il destino è tutto nelle mani dell’autista che oltre a non cadere in uno dei numerosi burroni che ci fanno compagnia deve sapere quando fermarsi a un posto di blocco governativo e quando non a quelli presidiati da locali pronti a sventolare ed usare machete, se uno viene arrotato poco male, fidatevi. Ci fanno notare come alcune aree bruciate che ancora fumano erano case date al fuoco nella notte di guerriglia tra tribù del posto, fortuna che Goroka ci è stata presentata come tranquilla, ma precisano che non siamo a Goroka, fuori dalla cittadina la legge tribale è quello che vale e così ci si regola. Arriviamo dopo 5:20 e ci scaricano all’ingresso dell’hotel più prestigioso della città. Qui abbiamo appuntamento con la guida che ci ha dato buca già due volte, ma prima che arrivi gli addetti all’hotel ci proteggono affettuosamente perché richiamiamo indigeni a più non posso. La guida se la prende comoda, arriva dopo oltre 45’, non ha organizzato nulla se non il posto dove dormiremo, la Lutheran GH che dopo lunghissima contrattazione dovrebbe pagare lui. Per definire il nuovo programma, i relativi costi, come muoverci impieghiamo almeno due ore, ci fidiamo poco della cifra che ci chiede anche perché ci mette in mezzo un ultimo giorno con visite lungo la via del ritorno con un mezzo privato dal prezzo elevato, vorrà rifarsi dei soldi non guadagnati nei due luoghi in cui non si è fatto trovare. Qui grandi alternative non abbiamo per andare a visitare le varie comunità dell’area, ci fidiamo ma solo in parte, ovvero paghiamo una quota indicativamente dei primi due giorni e non la terza e per oggi la sua presenza è finita qui. Prima vera ottima doccia calda e lunghissima del viaggio, a seguire poiché la domenica i luterani nulla fanno usciamo a cena, abitudine che avevamo riposto. Le scelte non sono numerose, o la pizza al Bird Of Paradise o il Mandarin Restaurant, optiamo per quest’ultimo dove entrano anche altri stranieri (che poi ci accorgiamo sono russi che lavorano alla costruzione di dighe nella zona e dormono al BoP). Menù non economico ma opzione scelta piatti S-M-L-XL, già la S ha quantità pantagrueliche, ecco il perché dei prezzi non così popolari, tanto che parte del cibo in eccesso ci è predisposta in confezione da asporto per la gioia di alcuni senzatetto in zona a cui lo doniamo. Rientriamo al buio alla guest house percorrendo una città molto meno pericolosa delle precedenti e con un clima decisamente meno polare nella notte. Come previsto, fondamentale partire presto nella mattinata da Mt Hagen sacrificando la seconda giornata del Cultural Show per raggiungere Goroka se si utilizzano mezzi pubblici, non si sa mai quando si parte, passato mezzodì iniziano a scarseggiare. La differenza tra un PMV ed un mezzo privato con autista va da un costo di 30k a testa ad almeno 650k per il mezzo. In termini di tempo il risparmio non va oltre l’ora di viaggio, a questo però va aggiunto il tempo perso alla ricerca di avventori. Nel nostro caso, in 4 coi bagagli abbiamo pagato 180k invece di 650k.

 

Un momento del Cultural Show di Mt Hagen - Copyright Pianeta Gaia                

 

11° giorno

Abbondante colazione self-service in guest house, attendiamo la guida che si palesa alle 9 PNG time (ovvero quando uno arriva) con la sorpresa che al posto del mezzo privato c’è un PMV con congrega di gente al seguito. Prima tappa la Goroka Main Market, molto interessante, questo sì tradizionale e utilizzato solo da avventori del posto, per quello della noce di betel ci viene detto che oggi non è consigliabile andarci, lo faremo domani. Diviso per aree tematiche, coloratissimo e con gente ben disposta che non ha nessun problema a raccontare cosa vende, come coltiva, ovvio sempre con tramite la guida perché l’inglese va poco oltre ai prezzi. Risaliamo verso il Daulo Pass passando nella zona degli Asaro, in un loro centro scolastico fa bella mostra di se un campo da basket, che come sempre non ha mai giocatori perché mancano cronicamente i palloni. Arriviamo lungo la Highland Highway fino al villaggio di Geremiaka dove entriamo e tra spelacchiate baracche attraversiamo una confusa piazza centrale con ennesimo campo da basket, fondo in terra e canestri storti. Da qui prendiamo un sentiero in discesa che ci porta nel villaggio di Nokondi, anche qui la piccola piazza è contraddistinta da un campo da basket che la riempie per intero. In una delle baracche che si affacciano sulla piazza c’è una sorta di cinema locale, uno schermo tv e un lettore dvd, il proprietario ogni sera proietta un film diverso a pagamento (5k per adulti, 2k per bambini, non so i piccoli maialini che scorrazzano indisturbati). Usciamo dal villaggio attraverso piccoli sentieri che lambiscono campi coltivati a patate dolci e marijuana fino a due capanne con uno spiazzo nel mezzo, sarà dove assisteremo al singsing dei Nokondi Half Men, mezzi uomini e mezzi spiriti, mezzi dipinti e mezzi no. Spettacolo simpatico, loro sono cordiali, alcuni sparlicchiano inglese e quindi qui un po’ d’interazione con loro riusciamo a farla, poi un gruppo di bambini di rientro dai giochi nei campi esibisce quanto raccolto, topi uccisi utilizzando piccoli sassi lanciati con la fionda. Ne vanno fierissimi e vogliono essere fotografati con le bestiole morte, cibo per le famiglie di qui. Da questo villaggio proseguiamo a piedi lungo i campi incontrando bambini che tengono in braccio piccoli maiali, gente che lavora nei campi e regola l’afflusso dell’acqua con primitivi sistemi di dighe, prossima meta i celebri Mud Men in un loro villaggio. Ci accolgono in uno spiazzo assolato con solo una baracca spelacchiata sotto un sole assassino, pian piano si palesano prima con la prova del fuoco acceso senza bisogno di accendini o fiammiferi, poi entrano in scena tutti i protagonisti celebri per il corpo coperto di fango e per le grandi teste di fango secco. Ognuno deve crearsi la propria e custodirla nella maniera migliore, leggenda narra che furono scacciati da una tribù nemica, si rifugiarono tra fossi e paludi coprendosi di fango fino a sfigurarsi, quando tornarono verso il loro villaggio i nuovi padroni dell’area rimasero impietriti da queste apparizioni a metà tra uomini e spiriti ed abbandonarono i possedimenti dei Mud Men, la cui leggenda travalica i confini della PNG. Dotati pure di lunghissime propaggini alle dita che sbattute producono inquietanti rumori, scendono a più miti compromessi quando è tempo di mumu, il pranzo tipico preparato sottoterra, con foglie di banano dentro cui ci stanno carne e verdure ed il fuoco sopra. Questa presunta chicca c’è servita una volta aperta ed illustrata nei minimi dettagli, ovviamente il cibo è stato pagato da noi nella quota alla guida, anche se è impossibile sapere quanto andrà a loro, quanto alla guida e quanto ai suoi scagnozzi al seguito, che una volta che la guida ci ha abbandonato non hanno smesso di chiederci soldi svilendo e di molto la giornata tradizionale. Il pollo non è cotto, le patate poche e dolcissime, le banane sono mangiabili perché lo sarebbero anche senza esser cotte, la solita verdura verde a foglia lunga è insapore, se ci mettiamo che il tutto è cotto senza un briciolo di condimento ci troviamo con un pranzo disgustoso, forse volutamente perché non mangiandolo noi rimane tutto a loro che si trovano con cibo per giorni pure offerto. Ricompare la guida giusto in tempo per prelevarci sulla statale dove ci attende il PMV che nel rientro non fa nemmeno la finta di essere un mezzo privato a nostra disposizione caricando avventori lungo la via e facendosi pagare. C’è una casa degli spiriti prima di giungere a Goroka, chiedo di fermarci a vederla, mi è risposto di fare una foto senza scendere perché vietato, capisco che ci vogliono prendere in giro, almeno faccio perdere del tempo scattando più foto di cui so non farmene nulla. In città ci accordiamo per l’indomani facendo presente che ci sentiamo truffati, vediamo come andrà domani prima di pagare l’ultima quota che già ci chiede. Un giro al supermercato del centro per un gelato locale che va a ruba, 1 gusto 1,5k, 2 gusti 3k, se la vaniglia può passare, quello blu non mi azzardo a provarlo. Qui è possibile comprare anche birra (solita SP, ma la export mi dicono i miei amici è potabile la standard poco), non nel market ma in una parte separata dove vendono anche sigarette, birra anche a lattine singole, cosa non da poco perché nei bottle shop la vendono solo a cartoni. In guet house trattiamo la cena per le 18:30 ma niente da fare, alle 18:15 è già tutto pronto, così mangiamo anzitempo ma affamati poiché il mumu non ci ha di certo nutriti.  Rimane tempo per una salutare e prolungata doccia e per giocare a carte, leggere, ascoltare musica, altro non c’è da fare in città che col calare del sole si spopola.      

 

Gli Asaro Mud Men di Geremiaka - Copyright Pianeta Gaia

        

12° giorno

Nuova abbondante e soddisfacente colazione, poi alle 9 PNG time, molto PNG time oggi… si presenta la guida col solito PMV e una congrega di amici per la spedizione quotidiana. Oggi possiamo visitare il mercato del betel dove la popolazione locale accorre per la droga locale, la noce di betel che si mangia aprendo il guscio, masticando la noce mischiandola alla polvere di kambang che si recupera con la daga, una specie di bastone a forma di senape che si coglie dagli alberi del luogo. Al mercato siamo scortati e la nostra presenza è evidenziata dagli accompagnatori ai referenti del luogo, c’è una calca terribile e capiamo bene il perché questa zona sia sconsigliata ai più, ma problemi nessuno. Fa specie vedere questi sacchetti di polvere bianca in vendita su tutti i tavoli, il materiale si recupera dai coralli, quindi tutto il kambang proviene dalle zone costiere e genera un mercato fiorentissimo. Ma non pensate male, il kambang non è una droga, anche se il suo utilizzo provoca guai seri, dalla caduta dei denti al tumore orale. È la noce di betel la vera droga che crea dipendenza, come si può tranquillamente verificare in ogni persona che s’incontra in PNG ad eccezione di alcuni adepti ad alcune delle infinite chiese religiose del luogo, e dai rifiuti ai bordi di ogni strada sotto forma di gusci e sputi rossi. Finita questa escursione e chiacchierato con un venditore di casse mortuarie, numerosissime e impreziosite di una gamma di colori che sfida l’arcobaleno (ce ne sono tantissimi sia in città sia lungo la strada, i machete non girano a vuoto), partiamo per le visite ad alcune comunità tradizionali nei paraggi, sempre risalendo la via verso il Daulo Pass. Tappa a Korekoreto, entriamo in un villaggio maltenuto così come i canestri che contrappuntano la piazza per proseguire tagliando in discesa tra i campi all’ancora più piccolo villaggio di Cecero per il Korokua dancing in uno spiazzo apposito che ha la fortuna di avere baracche riparate dal sole. Spettacolo pessimo, allestito in tutta fretta come se non fossero nemmeno stati avvisati del nostro passaggio, qui dovrebbero esserci anche i Fire Men, in realtà dopo lunga attesa senza che nessuno sappia dirci se aspettare o meno gli stessi figuri si ripropongono in versione Fire Men. Situazione che ha del ridicolo, non essendo di quella tribù si mettono in testa invece dell’autentico fornello in terra cotta una specie di fuoco in piccola struttura di legno che più di una volta deve essere spostato per evitare tragiche conseguenze. Lasciamo il villaggio evitando la paccottiglia in vendita, ritorniamo sulla highway per attraversarla ed incamminarci in direzione opposta ad un villaggio Moko Moko. Anche qui lunga attesa, però uno dei ragazzi che funge da guida locale parla inglese e quindi riusciamo ad avere più info sulle tradizioni. Ovviamente anche lui si aspetterebbe soldi da noi perché dalla guida pare non aver ricevuto nulla, chiunque chiede soldi e capiamo di essere entrati in un loop dove il primo inizia a fregare al secondo e così via di seguito. Per non fare scontenti nessuno decidiamo di non offrire più nulla a nessuno e venga quel che venga, lo spettacolo di questo singsing è però più interessante e curato, la guida lo fa svolgere anche al figlio più piccolo per non perdere le tradizioni o meglio le credenze antiche che passando i ragazzi dalla scuola abbandonano. Finito questo spettacolo di primo pomeriggio e senza nemmeno il pasto tipico promesso, la guida viene a recuperarci col solito PMV che funziona appunto da PMV e non da private car come pagato. Ci accompagnano direttamente in guest house, qui vorrebbe la seconda parte del pagamento per predisporre la giornata a seguire, cosa che non faremo essendo chiaramente stati truffati. Parliamo inoltre con i responsabili della guest house che a loro volta non hanno ricevuto il pagamento della seconda notte e temono già per la terza. Litighiamo a lungo per uscire dalla situazione, quelli della guest house non pretendono nulla da noi, anzi, ci supportano nel non mollare nulla alla guida, ci penseranno loro con la polizia. Proviamo a fare il punto della situazione per ritornare a Mt. Hagen da dove avremo l’aereo per Wewak pensando già di arrangiarci con un PMV rinunciando alle ultime visite tra cui gli Skeleton Men. Nel frattempo facciamo conoscenza con una coppia inglese, lui missionario lei in visita (bella visita per il missionario, niente da dire) che ci danno altre info di sconforto sul luogo e sul Sepik che sarebbe meta futura, oltre a una guida qui di passaggio originario dell’isola di Mushu, al largo di Wewak, col quale prendo contatto per escursioni future avendo poca fiducia in quelle lunghe e definite con ceffi locali. Con questi incontri facciamo tardi, ovvero andiamo oltre le 18:30 e quindi la cena in guest house salta, tempo quindi per una nuova energica doccia e cena al fidato Mandarin, che quando ci vedono nuovamente ci trattano come clienti abituali. Cena abbondante col solito plus da take-away per gli indigeni che ancora stazionano per strada, anche questa sera città serena, rispetto a Mt Hagen par di stare in Svizzera. Chiudiamo qui i contatti con la guida e la sua organizzazione inesistente, quanti incontrati più o meno ci hanno detto lo stesso, meglio gestire il tutto giorno per giorno, tanto le tribù locali una carnevalata son sempre in grado di organizzarla senza dover impegnare somme di denaro che andrà buttato da parte di chi lo elargisce e del quale quasi nulla finisce in mano a questi che si esibiscono. La forza contrattuale è tutta in mano ai pochi che parlano inglese tagliando i contatti con le genti dei villaggi.

 

continua...

 

Nel cuore della Papua Nuova Guinea - I

Nel cuore della Papua Nuova Guinea - II

BLOGGER ma anche fotografo e ciclista

Luca G. GHIGLIANO

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