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Nel cuore della Papua Nuova Guinea - II

Diario di viaggio nella grande isola oceanica

 

...segue 

 

 5° giorno 

Colazione con pancake che potrebbero uccidere un elefante, poi riprendiamo il pessimo sentiero interno e questa mattina ci muoviamo a piedi lungo la highway. Incontriamo al solito molte persone curiose di incontrarci e tutte presissime nel farsi fotografare con noi, la prima meta è il villaggio delle vedove, luogo dove volontariamente si chiudono appunto le vedove. Si cospargono corpo e capelli di bianco, la visione una volta fatti accedere allo spiazzo d’accoglienza è forte, paiono fantasmi nella giungla. Ovviamente non parlano inglese e per dialogare Tony è fondamentale, veniamo edotti dalle vecchie usanze come quella dell’urna funeraria che era lasciata almeno 6 mesi col corpo del defunto sopra a un trespolo, cosa non più permessa al giorno d’oggi anche per ragioni d’inquinamento delle falde acquifere. Non c’è costrizione nel dover andare in questo villaggio al momento della vedovanza, ma è una sorta di rifugio dal quale si può uscire, anche se nei casi in cui avviene passano svariati anni. Salutiamo le vedove tagliando per i campi rialzati coltivai a patate dolci, rialzati per creare fossi di scolo altrimenti le copiose piogge spazzerebbero via le coltivazioni. Ritorniamo sulla via maestra e scendiamo verso il ponte sul Tagari River, incrociamo alcune abitazioni cinte da alte sponde di terra, alcune completamente estirpate. Significa che c’è appena stato un morto in famiglia, tutte la vegetazione viene estirpata per alimentare il fuoco attorno al quale si ritrovano i parenti, in alcuni casi si può parlare con le genti in altri meglio di no. Da notare come le tombe siano le uniche costruzioni in mattoni a differenza delle case, sempre di legno o lamiera. Dopo 1:30 arriviamo al ponte, attraversato prendiamo un sentiero solo pedonale per inoltrarci nella giungla, che denominarlo il paradiso del fango non rende ancora l’idea. Di non facile accesso nella prima parte, costeggiato da assi divisori di legno che servono pure per appoggiarsi, lasciata la prima parte ci inerpichiamo salendo nella montagna alla ricerca degli uomini che devono diventare appunto uomini, per il periodo formativo che porta al bachelor. Non possiamo visitare il luogo esatto dove soggiornano o a loro dire studiano per apprendere i fondamenti della vita, ma ne incontriamo alcuni assieme al maestro di cerimonia presso una pozza che serve per alcuni rituali. Vi sono sia giovani al primo passaggio ma anche anziani che prendono moglie per una volta in più, la particolarità che salta agli occhi è data dai giovani che vanno formando la parrucca con propri capelli che in futuro sarà utilizzata, arricchendola di svariati addobbi, per ogni evento importante della vita di questa remota provincia. Rientriamo al ponte, chi non scivola nel fango può esultare, mentre attendiamo un PMV per rientrare, iniziamo a familiarizzare coi locali notando la principale usanza di qui, masticare noce di betel, assieme a una polvere bianca che è recuperata dai sacchettini in cui è venduta da un rametto. Il risultato porta ad avere i lati delle strade cosparsi dagli involucri delle noci e dal rosso che la noce così trattata produce, perché una volta ingerita il succo viene sputato per terra da tutti, da qui i percorsi rossi che si trovano, ahimè, ovunque. Saliamo su di un comodo PMV nell’ilarità dei più per far tappa a nord del lodge presso il luogo in cui anziani esperti procedono alla manutenzione delle parrucche. Ci si arriva aggirando una chiesa adibita pure a magazzino, tagliando per i campi, visita veloce poiché da vedere non c’è molto. Rientriamo lungo la highway per accedere a un villaggio dove si sta svolgendo un singsing huli molto frequentato, poiché i visitatori in larga parte italiani sono tanti, e di conseguenza lo sono anche i locali che vi si esibiscono. Proprio qui al termine di questa manifestazione abbiamo appuntamento col Fortun Teller locale, una specie d’indovino, che sollevando uno strumento di legno comprendente pure alcuni teschi dipinti, potrà dire se una cosa andrà per il sì o per il no. Se sollevando l’aggeggio sente dolore è sì, se non lo sente è no. La profezia costa 30k, per cose complesse si esprime ma per costi più elevati, nessuno di noi prova l’effetto parendo il tutto una baracconata. C’è da dire che questi credi ed usanze sono in forte diminuzione pure in quest’area che rimane una delle più remote della PNG, il sopraggiungere della scuola ha portato i giovani a non rifugiarsi in queste credenze e molte di queste “istituzioni”, come pure le case degli spiriti, stanno lasciando spazio al nuovo. In 30’ a piedi, sotto un sole che al solo apparire cuoce la pelle, rientriamo al lodge, Tony vuole predisporci il pranzo in ogni caso, visto l’orario delle 15 quasi pranzo e cena si accavallano. A seguire tempo per una ritemprante doccia fredda, oggi ci sta, dopo tempo per definire il programma dei giorni seguenti che va adattato momento per momento durante il solito acquazzone pomeridiano e verso le 18:30 occorre già essere a cena, oggi inaugurata da una zuppa di fagioli che pare squisita, poi arriverà il solito kit semicommestibile. Nel lodge iniziamo ad essere in tanti, si è aggiunto un secondo gruppo d’italiani, uno di francesi e una ragazza giapponese che gira solitaria, che per l’occasione si è tinta i capelli come fosse pure lei una Huli. Ci scambiamo un po’ d’info apprendendo nuovamente di problemi nei trasferimenti e momenti di tensione che degenerano in battaglie vere e proprie tra la popolazione. Alle 21:30 l’energia elettrica viene tagliata ed è meglio essere sotto le coperte per una nuova notte fresca.   

 

Vedove dell'omonimo villaggio - Copyright Pianeta Gaia

               

6° giorno

La colazione ci accoglie dopo una notte intera di pioggia, espletata la quale con un PMV ci rechiamo a Tari per pagare il volo MAF che il giorno prima ci è stato confermato, Tari-Mt Hagen. Andare all’hangar e pagare è l’unico modo per avere il passaggio, versiamo 500k e riceviamo un biglietto vero e proprio, stupendocene, ci congediamo con un orario vago per l’indomani. In città c’è chi deve predisporre un nuovo passaggio all’ATM, un giro al mercato lo facciamo sorvegliati a vista da Tony mentre assistiamo ancora ad arresti di ceffi locali, poi finalmente arriva un PMV che sale verso Hedemari rifinendo nella confusione del viaggio di andata. Parlando con un locale chiedendo perché quello schieramento dell’esercito, popolazione infuriata, machete che vorticavano a più non posso, ero stato edotto dei disturbi accaduti nella notte, case bruciate, persona sgozzata e così via, al rientro non cambia di molto la situazione, per passare senza problemi il metodo è semplice, tirar dritto a velocità sostenuta, se qualcuno male intenzionato intende prendersela coi passeggeri e col mezzo sarà steso dal mezzo, mi pare una situazione alla fin dei conti di semplice lettura. Tutti felicissimi di averci con sé ci tranquillizzano, se ci fossero scontri sarebbero fra tribù locali, non verso gli stranieri. Scendiamo oltre il lodge per la visita alle Skulls Cave, essendo grotte ovviamente nascoste tra le montagne raggiungibili attraversando campi coltivati e piccola parte boschiva che causa pioggia della notte ci riporta all’ormai familiare fango. Queste grotte furono uno dei primi luoghi abitati dalle genti del posto, poi un po’ alla volta abbandonate lasciarono spazio a manifestazioni tradizionali, come appunto quella della conservazione dei teschi dei sacerdoti del culto. Ogni teschio è dipinto e rappresenta il passaggio da un sacerdote all’altro, le grotte sono visitabili solo in minima parte, di locali ormai pare ne passino pochi, ci si dedica ad altro. Rientriamo al lodge sempre a piedi per un veloce pranzo, a seguire sperando che la pioggia ci risparmi il primo pomeriggio nello spiazzo attiguo ci attendono i singsing del sole e della notte che vorrebbero farci pagare separatamente mentre si svolgono in contemporanea. A parte i colori e i costumi, la danza non dice nulla, su richiesta di uno di noi avviene anche la danza d’iniziazione delle ragazze del villaggio. Pratica totalmente desueta, una volta che hanno terminato il lavoro presso la scuola vengono ingaggiate due ragazze che nulla sanno della pratica, si propongono in una pseudo danza ridicola senza musica, ovviamente per questa baggianata non paghiamo i 150k richiesti vista la sola già proposta in precedenza. Nel frattempo, visto il tutto esaurito che propone il lodge, un gruppo nutrito di Huli si sta preparando per un singsing numeroso, già che siam lì assistiamo pure noi. Detto in tutta franchezza, mi pare di essere al carnevale, se gli portate un costume da Arlecchino per due soldi si vestono pure da quello e da Pulcinella e vi fanno uno spettacolo identico. Non finiamo di assistere a queste danze che ovviamente giunge puntuale ed immancabile la pioggia, scroscia potente ed interminabile, ci accompagnerà anche durante la serata, limitando gli spostamenti interni e relegando il numeroso gruppo di ospiti a condividere la sala comune della cena in spazi limitatissimi, permettendo però di chiacchierare più diffusamente. Quello che emerge è per tutti la grande difficoltà nell’organizzarsi, tutto è volatile, indefinito e riprogrammarsi non certo semplice, anche per questioni di tempi. Cena con novità pollo, oggi trattati da signori, quasi…   

 

Allievi e maestro Huli alla pozza dei rituali - Copyright Pianeta Gaia

                

7° giorno

Sveglia comoda, impegni per escursioni non ne abbiamo, colazione al limite del commestibile poi lentamente ci portiamo sulla highway, la solita strada non asfaltata in pessime condizioni, dove indicativamente alle 10 dovrebbe passare un PMV per portarci all’aeroporto di Tari. Attendiamo fiduciosi divenendo l’attrazione dei passanti, compreso un nutrito gruppo di bambini che già a quell’ora esce da scuola. È trascorsa quasi un’ora quando non avendo visto passare nulla e non avendo ritorni da genti del luogo per un’eventuale auto privata, riusciamo a trattare un passaggio da un autista che ha portato un gruppo di russi al lodge per un singsing, ritiene di farcela a portarci e rientrare in tempo. Guida da mondiale rally, nessuno ha il coraggio di mettersi nel mezzo del cammino a reclamare alcunché, arriviamo in leggero ritardo per l’appuntamento in MAF, ma niente problema, l’aereo non c’è. Qui con la lentezza di chi sa, tutto viene pesato, compreso noi, ogni kg in più dei bagagli (si pesano assieme sia quelli presunti da cappelliera sia quelli da stiva, qui tutto va nello stesso posto, ovvero nel mezzo dell’aereo) costa 5k, non derogabile. Riusciamo a partire solo alle 14 invece delle 12 previste, prima l’aereo ha dovuto portare cibo e materiali in altra destinazione, al rientro è adattato alle nostre esigenze, ovvero montano 4 sedili limitando lo spazio di carico. Il pilota è un canadese che da anni lavora per MAF assieme alla moglie, tranquillo e sereno, disposto alla chiacchiera, ci racconterà aneddoti del luogo e di quelli visti in precedenza compreso il tremendo Sud Sudan, dalle condizione di vita peggiori che abbia mai visto, ma accenna subito che un posto più difficile dove viaggiare della PNG non lo rammenta. Condizioni climatiche che variano in fretta, montagne, villaggi nel mezzo di queste senza alternative per arrivare e piste di conseguenza cortissime ove sfruttare le pendenze delle piste. Impariamo da lui che una di queste tocca anche a noi proprio oggi, andremo sì a Mt Hagen ma passando da nord, tappa a Wanekipa. Partiamo proprio quando inizia a piovere e l’intensità si fa corposa, il Cessna 208 però non teme queste condizioni. Il volo lo rammento come l’escursione più bella del viaggio, saliamo appena sopra le montagne sfruttando le vallate migliori, il verde della giungla in larga parte inesplorata è vicino a noi, i fiumi paiono pennellate di pittori astratti, ogni tanto incontriamo piccoli villaggi, poco dopo una confluenza del Lagaip River c’è il villaggio dove dobbiamo atterrare. Una virata ed una picchiata non sono ritenute sufficienti al pilota per atterrare al primo tentativo, rifacciamo l’operazione molto più rasenti le montagne e questa volta l’atterraggio su di una pista di erba in pendenza del 7% è vincente. Al termine dell’airstrip ci accoglie una popolazione che impazzisce nel vederci, son lì per recuperare materiale edile e cibarie, ma ovviamente le attenzioni son tutte per noi. Prima sono timorosi poi pian piano familiarizziamo ma l’interazione è limitata, nessuno parla inglese, non abbiamo una guida che faccia da traduttore, l’unico che parla inglese deve regolare il tutto col pilota, qui alcune persone, soprattutto bambini, sono ancora vestiti con abiti tradizionali, sarebbe bello poter fermarsi per condividere anche se per pochi giorni la vita del luogo, non raggiungibile via strade, fattibile solo in aereo o a piedi, circa 2 giorni di cammino montano per il primo villaggio, presso il quale non ho idea di cosa si possa trovare. Lasciamo quest’angolo di mondo dimenticato sfruttando tutta la pista, ora in discesa, voliamo per un po’ sopra al fiume poi prendendo quota invertiamo la rotta ed andiamo verso ovest, seguendo il Lagaip River di colore rosa, dovuto a scarichi di un’antica miniera di oro, ora chiusa. Il fiume pare un serpente bizzoso, la vista spettacolare, in seguito sorvoliamo altre montagne che pian piano si riempiono prima di capanne ed in seguito di villaggi per arrivare alla civiltà di Mt Hagen, grande aeroporto con pista asfaltata e 2 terminal, noi facciamo base a quello di MAF che è solo per cargo, come notiamo i passeggeri sono un di più, un vero favore che ci è stato fatto. Prima di uscire un addetto australiano ci mostra l’operatività della compagnia, come raggiungere i posti più disparati, dove far base e così via, gli addetti stranieri son tutti volontari, ovvero gente che è stipendiata ma con standard molto più bassi della media delle compagnie di volo in giro per il mondo. Il nostro pilota canadese lo fa per vocazione e perché gli piace volare in luoghi non battuti, qui sperimenta altre condizioni estreme rispetto a quanto avvenuto fino ad ora, unica cosa che chiede il posto di lavoro doppio, per lui e per la moglie, pure lei pilota. Usciti dall’aeroporto, che non ha accesso libero nemmeno nel parcheggio, va sempre esibito o un biglietto o per gli accompagnatori un permesso, attendiamo che qualcuno ci venga a recuperare, accordo preso molto vagamente da Tony con una guida locale. Incredibilmente si paventa, ci caricano per portarci nel suo hotel in città, che dista nemmeno 15 km ma da percorrere lungo una strada distrutta e con un traffico non indifferente. Impieghiamo oltre 45’ per raggiungere la guest house che accettiamo solo dopo un’escursione nei paraggi. La tanto consigliata GH Mt Hagen Missionary Home è al completo, un albergo per locali avrebbe posto ma gli standard sono inaffrontabili, senza nemmeno provare a visionare i servizi. Ci fermiamo quindi da costui, niente di organizzato in città poiché la nostra guida contattata in precedenza non si paleserà nemmeno qui quindi l’indomani vedremo di gestircela in autonomia, prendendo qualche info da un francese che cena in hotel con noi che viaggia in autonomia. La cena nel ristorante dell’hotel è quasi un obbligo, fuori c’è ben poco e la situazione è particolarmente tesa, ci consigliano di non uscire di sera, il buio è totale e il colore della pelle che normalmente viene in aiuto non è riscontrabile. La cena è a buffet, varia e di buona qualità, servono acqua e birra che però devono andare ad acquistare in città, i tempi sono giusti per un digestivo in tarda sera. Qui incontriamo di nuovo un gruppo d’italiani che hanno avuto pure loro problemi con le prenotazioni alberghiere, sfrattati da una struttura prenotata e pagata in anticipo e messi qui, anzi una parte qui un’altra lasciata nell’altra struttura, cose normali qui. A fine cena tè e caffè offerti, unica cosa fattibile prima di salire in camere anzitempo è giocare a carte per variare le serate, almeno l’energia elettrica non ci abbandona, come non ci abbandona la pioggia, caduta fortunatamente in serata.  

 

Spettacolare volo interno con la compagnia aerea dei missionari  - Copyright Pianeta Gaia

 

8° giorno

Colazione in hotel buona ed abbondante, poi ci rechiamo nella via principale alla ricerca di una banca dove cambiare soldi. Siamo in fila con altri 2 gruppi composti da 3/4 persone variamente assortite, maltesi con canadesi, statunitensi con francesi, il tutto per cercare di guadagnare tempo e risparmiare, 25k a pratica purché si cambino soldi della medesima valuta. Perdiamo comunque 90’, a quel punto decidiamo di comprare anticipatamente il biglietto per il Mt Hagen Cultural Show che sulle prime ovunque dovrebbe essere venduto ma in realtà si trova solo all’Highlander Hotel, ovviamente dalla parte opposta della città, abbiamo così la possibilità di vedere al meglio la cittadina, che definire orribile è poco. Il biglietto, per paura di falsificazioni, è emesso solo a ridosso del celebre festival ed è in forma di spilla, dall’esorbitante costo di 300k per entrambi i giorni. Per una volta non esistono biglietti ridotti per i locali, e come vedremo l’indomani nessun indigeno assiste alla manifestazione. Il programma previsto per la mattina è già archiviato, decidiamo quindi di salire al Kumul Lodge, un albergo in montagna dove poter assistere al passaggio di variopinta avifauna, compreso il simbolo dello stato, ovvero l'uccello del paradiso. Troviamo immediatamente un PMV dal campo che funge da stazione per quelli diretti a ovest ridosso il presunto parco Pope Paul, un campo con nulla a parte mille persone vocianti attorno a bus semidistrutti, giriamo per oltre un’ora alla ricerca di persone fin quando non sia stipato. Partiamo ma è una falsa partenza, andiamo solo ad un magazzino di cemento a caricare alcuni sacchi che però occupano il posto di 2 persone e questo facilita il riempimento, la partenza vera avviene quando ormai abbiamo perso le speranze. Arriviamo in 1 ora nonostante molteplici soste, si sale fino a 2.900 m, ma essendoci il sole il freddo è scongiurato. Per entrare al lodge anche solo per cercare di avvistare il bird of paradise occorre pagare 40k, si può stare all’aperto o su di un terrazzo prospicente la sala pranzo degli ospiti della struttura. Su di un argine nei paraggi del bosco gli inservienti gettano i resti della frutta, gli uccelli accorrono numerosi, colorati e particolari, ma ovviamente l’attesa è tutta per il simbolo che sta sulla bandiera nazionale. Non si palesa, anche se poi vediamo edotti che tra le 18 specie ve ne sono anche di quelle “minori” quindi con penne meno lunghe ed elaborate e così tra alcuni di quelli passati forse ne abbiamo pure intravisto qualcuno. Quando il sole si nasconde e la pioggia la fa da padrona il freddo è pungente, lasciamo lo spiazzo e ripariamo in terrazza, e proprio da lì vediamo il primo e vero bird of paradise con la sua coda bicolore lunghissima, vola veloce alla ricerca di un riparo nel bosco. Date le condizioni atmosferiche impossibili, scattare foto non dico degne di nota (quelle non le fanno nemmeno i cinesi che si palesano con attrezzature da oltre 10.000€) ma nemmeno dignitose, così anche per sconfiggere il freddo decidiamo di mangiare, pasto fisso a 52€ comprensivo di acqua ed aranciata, birra da pagare a parte, mentre tè e caffè si prendono dal piano superiore sempre gratuitamente, o almeno, noi così abbiamo fatto. Da segnalare che come frutta, assieme a banane e ananas c’è servito cetriolo, cosa né unica né rara qui in PNG. Ritorniamo sulla via maestra ad attendere il PMV che ci aveva garantito alle 17 di riprenderci. Non c’è traccia di questo PMV, il freddo sale, la luce cala in questa terra di nessuno fuori dai confini della regione (c’è un posto di blocco per arrivare, i PMV non sono fermati ma il tutto dipende dagli umori e dalle lune delle forze del (dis)ordine), mentre la nebbia si fa padrona del poco che si vede. Udiamo un mezzo giungere dall’alto, ci sbracciamo e oltrepassati di 100 m si ferma, l’ultima speranza è stata esaudita, a una folle velocità precipita più che correre a Mt Hagen. Anche qui lunga discussione col ceffo che fa da bigliettaio, subito ci segnala il costo di 10k, con tutti gli altri viandanti locali che si raccomandano della tariffa, non più di 10k, poi una volta recuperati i soldi vuole che gli diamo altri 30k a testa senza ben specificare il perché. Non cediamo, con tutta la gente che fa il tifo per noi, e ci imponiamo pure nella scelta di dove farci scaricare, non al campo che fa da stazione ma all’angolo del nostro hotel. È già buio, abbiamo già mangiato, ci allunghiamo fino alla Missionary Home per cercare un contatto internet. Il gestore dopo svariati tentativi non ha altro modo di soddisfare la nostra richiesta se non quello di fare da hotspot col suo smartphone, il servizio regolare non funziona. Veloce navigazione di tre di noi anche per ritentare il contatto con la guida per Goroka, cosa che avviene, ci chiede 10k in tutto, ma ha già trovato clienti per quando ripasseremo da qui. Il nostro hotel è proprio alle spalle ma per arrivarci nel buio assoluto del cielo e col fango, la pioggia, le auto che vagano e gente che si chiede chi siano questi avventurieri bianchi ed infagottati, anche poche centinaia di metri non sono il massimo della vita. In hotel acqua calda assente, sommato al freddo che si è fatto padrone della serata, poteva andare meglio, restiamo nella sala comune che funge anche da ristorante per una bevanda calda e per scambiarci impressioni e consigli con gli altri viaggiatori, in pratica tutti gli stranieri presenti nella parte continentale della PNG sono ora a Mt Hagen per via del Cultural Show.

 

continua...

 

Nel cuore della Papua Nuova Guinea - I

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Luca COCCHI

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