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La Costa Atlantica - II

Diario di un viaggio sulle coste nord-occidentali della Spagna

 

...segue 

 

9° giorno 

Ancora colazione a Posada visto che a Playa Berri di mattina non c’è nulla, poi via verso Gijon. Ci sistemiamo al Hostal Plaza e pranziamo alla Cafeteria Bariloche prima di girarci una grigia e triste città. L’unica cosa veramente degna di nota è l’esposizione fotografica del National Geographic del fotografo iraniano Raze, maxifoto esposte sul molo del porto turistico. C’è anche un’altra esposizione delle donne reporter del 1900, questa nella costruzione prospicente al molo. Le foto di Raze lasciano esterefatti, momenti indelebili a descrivere attimi indimenticabili di dure vite. Quello che più impressiona è l’essere sempre al posto esatto nel momento giusto, un sesto senso degno dei migliori fotoreporter della storia. La mostra è all’aperto, fortuna vuole che la grigia giornata ci risparmi la pioggia in questo momento. L’estremità della città è contraddistinta dall’Elogio dell’Orizzonte, un’opera dello scultore basco Chillida che si adatta al grigiore della città. Solo alcune piazzette del centro storico son degne di segnalazione, per il resto la città non ha nulla di particolare da vedere. Ovunque si scorgono nel panorama che circonda la città ciminiere, fabbriche, gru, depositi di carbone e di petrolio, insomma una città industriale che causa anche il periodo di vacanza non porta con se la gioia di vivere percui ultimamente viene descritta. Ceniamo in un ottimo posto, Rest. Xeitosa che presenta il cameriere più simpatico di tutti quelli incontrati in Spagna, che ci offre assaggi di cibo e di bevute, “costringendoci” a prenotarci una paella mixta per la serata seguente.

 

10° giorno

Colazione in panaderia sotto all’hostal, poi in auto andiamo ad Oviedo, distante 30km. Anche qui parcheggiare è possibile solo in parcheggi a pagamento, ma siamo vicinissimi alla famosa cattedrale, visitabile gratuitamente. Occorre invece pagare per accedere al museo ed al chiostro, ma è il posto dove nella Camara Santa poter ammirare le famosissime Croce degli Angeli (simbolo della città) e Croce della Vittoria, simbolo delle Asturie ovvero della Spagna vera, orgoglio del popolo locale inquanto unica regione che non ha avuto bisogna della riconquista ai danni dei mori arabi essendo da sempre stata legata alla corona spagnola. È bello girare per il piccolo centro di Oviedo passando da una piazzetta all’altra, mentre per ammirare una scultura particolare, un maxiculo femminile scolpito da Eduardo Urculo occorre uscire appena dal centro storico. Decidiamo di mangiare al mercato, comprandoci tra i vari banchi pan, jamon y queso. In molti ci guardano per questa iniziativa, finendo per dirci che facciamo bene a far così. Putroppo qui non è Sud America e non c’è lo spazio del comedor all’interno del mercato, così dobbiamo trovarci un giardino pubblico per mangiare le nostre scorte. Rientriamo a Gijon per strada normale anche se nei 30 km non c’è nulla di meritevole da vedere, ed il poco sole che l’avvolge poco cambia del suo aspetto. La città rimane grigia, unica consolazione la paella del Rest. Xeitosa prima di ritornarcene a dormire.

 

11° giorno

Colazione alla solita panaderia sotto all’hostal e poi via verso ovest. Prima tappa, ancora nelle Asturie è Cudillero, una paese di pescatori al termine di una stretta discesa. Assai famoso per la zona, il luogo è pieno di gente già di prima mattina. Purtroppo il giro al faro che domina il promontorio è chiuso a causa della condizione del sentiero, pericolante evidentemente per effetto delle onde del mare. Di prima mattina non ci sono però le condizioni migliori per fotografare il villaggio, essendo nascosto dalle montagne e quindi in totale controluce. Da qui continuiamo ed entriamo in Galizia (il castillano si mischia al portoghese e dà forma ad una lingua autoctona ora riconosciuta dopo gli anni di Franco che nonostante fosse di qui ne proibì l’uso), sempre seguendo la costa che inizia ad elevarsi parecchio sul mare. Qui il Mar di Cantabria scivola verso l’Atlantico, regalando però colori che sanno di Caribe e viste intramezzate da foreste che sembrano irreali. Primo paese di una certa rilevanza è Viveiro, che incontriamo sotto di un cielo nuvoloso. La caratteristica del paese, come di tutti quelli galiziani, è quella di avere tutte le terrazze delle abitazioni con le galerias, ovvero balconi chiusi da grandi vetrate che sono ovunque. In pratica una estensione dello spazio abitativo, che permette anche di avere più luce in un posto dove estate-inverno bisogna convivere con la pioggia. Giro del centro cittadino e veloce pranzo presso la Cafeteria Fontenova. Da qui saliamo ancora verso i Rias Altas, i luoghi più belli della Galizia anche se vista la loro formazione sono più famosi e battuti quelli Baixas. Per primo c’è Punta Da Estaca De Bares, il luogo più a nord di tutta la Spagna, dominato da un faro da cui parte un sentiero che conduce ad una scogliera con vista mozzafiato. Sarà anche per via del sole (complice un vento incredibile) ma questo sarà il luogo che a tutti noi colpirà maggiormente di tutti gli splendidi luoghi della Galizia, una tappa imperdibile. Si scorge anche l’altro Cabo, quello dell’unione dei 2 mari, dove andremo in seguito. Per arrivare a Cabo Ortegal che a vista pare vicino occorre fare parecchia strada e passare tra le viuzze incredibilmenti strette di Cariño. Da qui la strada sale ancora ed una discesa a precipizio porta al faro che delimita la fine della strada. La via per arrivarci è splendida, ma il posto ha meno fascino di Cabo De Bares, nonostante segni l’incontro tra l’Oceano Atlantico ed il Mar Cantabrico. Rientrando a Cariño troviamo da dormire presso Hotel Cantabrico e poi continuiamo il giro verso il piccolossimo villaggio di San Andres de Teixido. Per arrivarci, lungo una stradina che a lungo ci fa pensare di aver sbagliato percorso, incontriamo il posto di vedetta di Garita de Herberia, con vista inquietante dall’alto della scogliera nel momento esatto incui le nuvole iniziano a coprire il sole. Da qui lo scenario è forse migliore col cattivo tempo, sembra di essere di fronte alla fine del mondo ed uno squarcio nelle nuvole può regalare immaginifiche visioni. Da segnalare come ovviamente tutta la zona sia coperta da apparecchiature per l’energia eolica, che regalano ulteriore mistero al luogo. Il paesino di San Andres è costruito tutto in sasso, caratteristico e contraddistino da paesani che vendono di tutto, souvernir, miele e molluschi, compresi i percebes di cui sarebbe vietata pesca e vendita. Rientriamo a Cariño e dopo accurata scelta ceniamo presso il Rest. Mason O’Grilo che ci propone il miglior pulpo a la feria (come qui chiamano il famoso pulpo gallego) mai assaggiato in tutta la vita. Ce lo consigliano con le patate, una delizia infinita, con cui facciamo serata nel villaggio non propriamente vivo.

 

12° giorno

Colazione abbondante presso l’hotel poi ci dirigiamo verso Cabo Frouxeira dove il tempo ci regala tutto il peggio di quanto sia in grado di dare. Vento e pioggia la fanno da padroni, in un luogo che in queste condizioni un fascino lo porta con sé, ma dobbiamo velocemente andarcene verso Cabo Prior (poche indicazione per arrivarci, e non fate affidamento sui chilometraggi della gente del posto…) dove arriviamo in pieno cambiamento climatico. Nel breve volgere di 5 minuti il sole fa la sua comparsa e l’oceano regala una splendida visione del cabo e della sua roccia appena fuori dal faro. Tappa poi verso Betanzos, bella cittadina dominata ovunque dalle galerias situate su case a più piani. C’è la festa del paese, così per parcheggiare occorre andare nel parcheggio sotterraneo della piazza principale, con manovre millimetriche per muoversi e trovar posto. Di fronte alla piazza principale si apre una viuzza (Travieso do Progreso) in discesa piena ovunque di posti per ir de tapas, noi finiamo al O Pichi Caralo, assaggiando tante cose, con un ottimo chorizo in umido su tutto. Poi in pochi minuti arriviamo a La Coruña, dove trovar da dormire non è impresa semplice. Non è la capitale della Galizia, però è certamente la città più viva e vi si trovano anche varie spiagge proprio in città, così è meta di turisti spagnoli oltre che città universitaria. Riusciamo a trovare una splendida sistemazione presso l’Hospedaje Los Potes nella città vecchia, se non trovate nessuno presso il posto rivolgetevi al bar Los Potes, dall’altra parte della plaza General Azcarraga. Il posto assomiglia più ad un piccolo appartamento che ad un hotel, veramente una grande sistemazione in città. Attraversato il centro cittadino, dove maxi supereroi troneggiano sui vari monumenti, arriviamo alla playa (in galiziano praia) del Orzan, dove le onde si mangiano la spiaggia e nemmeno i surfisti hanno il coraggio di cimentarsi con l’oceano. Così costeggiamo tutto il promontorio che va verso l’acquario e poi alla torre de Hercules, che leggenda narra sia stata costruita proprio da Ercole dopo aver distrutto una tribù locale. Molto più terra terra il grosso faro fu costruito dai romani come fortezza ed ora domina la città e si erge ad identificazione della stessa per le navi che qui passano. Cenare in città è la cosa più semplice del mondo, basta decidere quale degli infiniti posti si voglia testare ed il gioco è fatto. Noi finiamo al Rest. Adega os Arcos in città vecchia gestito da 2 ragazze gentilissime che ci propongono la scelta di salumi tipici della Galizia. La vita notturna, uno dei richiami principali della città, questa sera latita, tutti arrivano da una serata di devastazione e per la vigilia di ferragosto è tendenza non distruggersi.

 

13° giorno

Colazione al bar Los Potes con paste giganti, poi partiamo alla scoperta dell’ultimo lembo di terra spagnola verso l’oceano in una splendida ed inaspettata giornata di sole. Prima tappa alla Ermida San Adrian, poi a Punta Roncudo che si raggiunge aggirando l’omonimo villaggio di Roncudo. Tappa poi a Cabo Vilan, promontorio dai forti colori ocra, scenograficamente molto spettacolare. Continuiamo lungo la costa per il paese di Camariñas dove ci fermiamo per pranzo gustando un buon pulpo e calamares rivedibili in uno dei tanti bar nei pressi del porto. Da qui, direzione Muxia e passiamo il paese per raggiungere Punta da Barca. Dominato dal santuario de Nuestra Señora de la Barca il capo è toccato da un mare inaffrontabile, dove onde di oltre 3 metri coprono l’orizzonte delle barche che passano nell’oceano. Giochi di onde, spruzzi e similari sono il paradiso del fotografo, poi continuiamo per Cabo Touriñan, il posto più ad ovest della Spagna. Poche persone in questo luogo particolarmente tranquillo, a picco sul mare e col vento che ci ricorda che di fronte ci sarebbero solo giorni e giorni di navigazione verso le isole dei Caraibi. Vissute le emozioni di questo luogo di confine ci spingiamo più a sud lungo un percorso segnato solo di tanto in tanto, verso quello che per i pellegrini del cammino di Santiago è il km 0, e in linea molto teorica il luogo finale del continente (che sarà in Portogallo a Cabo de Roca tanti kilometri a sud, ma strano che nessuno abbia mai notato che a soli 18 kilometri più a nord ne esista uno più spostato, evidentemente i troppi kilometri a piedi creavano fatiche con annebbiamento della vista…). Cabo Fisterra è invaso da gente di ogni tipo, pellegrini a piedi (qui pochi per la verità rispetto a quanti se ne vedono da altre parti) e turisti vocianti in massa, facendogli così perdere molto del suo fascino. Ovviamente ci si trovano bancarelle che vendono paccottiglia di tutti i generi, mentre a Cabo Touriñan non c’era nulla, ma così va il mondo e forse è anche meglio, almeno certi luoghi preservano ancora intonsi la loro carica di ultimo punto di un continente. Rientriamo a La Coruña e per cena finiamo in una specie di vecchia trattoria locale, La Farola, dove mangiamo la miglior empanada casera ma finiamo affumicati tra le tante sigarette fumate da tutti gli avventori e dai fumi della cucina che scarica tra i tavoli. La piazza della città vecchia è il luogo di ritrovo di questa serata così non serve nemmeno doversi spostare troppo.

 

Triplicle scala a chiocciola, Santiago de Compostela, Galizia

Triplicle scala a chiocciola, Santiago de Compostela, Galizia

 

14° giorno

Colazione al solito bar, e poi un giro verso il Castello di San Anton ora museo archeologico e ad una strana costruzione fatta ad immensa H che domina il porto turistico. La città ha un importante porto mercantile per caricare il carbone ed i vari containers e già di prima mattina sono tutti all’opera. Ci giriamo con comodo la Ciudad Vieja, tra chiese, Jardin de San Carlos ed il museo militare. Sosta per ristorarci da Inspiracion e poi giro delle spiagge. Il sole va e viene, qui non ci fanno caso e se ne stanno in spiaggia tranquillamente, ma per noi non è una situazione troppo semplice. Così attendiamo che si metta al bello per poter affrontare la spiaggia, ma alla lunga dobbiamo cedere arrivando al termine della Playa Riazon dove svetta lo stadio cittadino. Per 3€ si può visitare in ogni sua parte con un ragazzo non propriamente ferrato come guida. Ci racconta della trasformazione dello stadio per i mondiale del 1982, di come ne abbiano ricavato i palchi da vendere a caro prezzo ai facoltosi locali, ma sui successi della squadra di casa è assai lacunoso, tanto che 2 miei amici ne sanno ben più di lui. Visto che stare in spiaggia è ormai impossibile si finisce per fare il giro dei bar locali, in attesa di far arrivare ora di cena. Ci lanciamo al Rest. Zun in una parillada de mar, non semplice da mangiare ma muy rica. Questa sera nella piazza della città vecchia va di scena una specie di film girato da studenti locali, così prima che il posto si animi conviene far un giro nella zona prospicente le spiagge di Riazon e Orzan.

 

15° giorno

Colazione solita e poi in autostrada raggiungiamo Santiago de Compostela in poco più di 30’. Cerchiamo da dormire in Rua do Pombal, dove ci sono varie pensiones e molti affittacamere che durante l’anno fanno da base per gli studenti dell’università. Troviamo posto dopo un po’ di tutti esauriti in un posto con una vista fascinosa della celeberrima cattedrale. Dal nostro posto raggiungere il centro città è facilissimo, basta prendere Rua Da Hortas in salità alla destra della nostra sistemazione ed in 2’ si è in centro. La giornata è grigia e la gente una massa infernale, qui c’è il mondo e se possibile anche di più. Ovviamente tra curiosi e pellegrini siam tutti qui per vedere quella che molte guide definiscono come una delle più belle città del mondo. L’impatto con Praza do Obradoiro è notevole, se non fosse che uno sciame di gente si intrufoli ovunque. L’entrata alla cattedrale non è comunque dal fronte, occorre girare sulla destra, ma durante le cerimonie non si trova posta nemmeno per visitarla (a noi la cosa non fa certo dispiacere…), riuscendo comunque a visitarla con tutta calma nel pomeriggio. Quello che emerge del luogo è che al di là dell’importanza, sia a tutti gli effetti un grande mercato della religione. Tutto è in vendita, dal menù del pellegrino al bastone & conchiglia, insomma un grande affare ai danni di chi magari si è fatto 750 km a piedi (a tanto corrisponde il percorso Roncisvalle-Santiago) e grazie tante per la fede! Sosta ristoratrice al Rest. El Girasol, poi usciamo dal centro per raggiungere il Museo do Pobo Galego. Qui è ricostruita tutta la storia della popolazione locale, con indicazioni solo in galiziano (ma per ogni sala si possono trovare fogli con traduzioni in castillano ed inglese), con navi, abitazioni, costruzioni di ogni tipo come quella caratteristica per far essiccare il mais, il granoturco od il pane che fa da sfondo ad ogni immagine della Galizia rurale. Ma la perla del museo è un’altra, una triplice scala a chiocciola assiemata, di colore ocra che regala una immagine stupefacente, spesso usata come simbolo della Galizia. In più il museo, ospitato nel ex convento de San Domingos Bonaval è gratuito. Per toglierci l’immagine di quel gran mercato che in fondo la città è, facciamo venir sera in un pub irlandese, giusto per staccare la spina dal grigiore della giornata e dalle visioni spente che la città regala. Per cena finiamo in un bar che ha ben poco da offrire se non un maxi televisore pronto ad irradiare le immagini dell’amichevole Spagna-Lituania di pallacanestro. Queso & jamon ci accompagniano assieme alla facile vittoria iberica, qui son tutti già convinti che vincere l’Europeo sarà un gioco da ragazzi, ma un mese dopo dovranno poi svegliarsi su quel terribile canestro dell’americano Holden (naturalizzato russo da Putin in persona) che a pochi secondi dal termine della finale gelerà un’intera nazione (sarebbe bello essere stati ancora nel Pays Basco per leggerne gli umori…) e regalerà alla Russia il primo importante trofeo dalla fine della Unione Sovietica. Durante la notte la cattedrale ed i monumenti prospicenti sono illuminati, così far foto è un vero piacere.

 

Catedral de Santiago de Compostela, Galizia

Catedral de Santiago de Compostela, Galizia

 

16° giorno

Facciamo colazione sotto alle nostre camere in una città ancora grigia, poi iniziamo a visitare la Costa da Morte di cui fan parte i Rias Baixas, ovvero i grandi estuari della zona sud della regione. Seguiamo la costa fino a passare alla Illa de Arousa, collegata al continente con un ponte di 2 km. Al di là di vedere l’estuario dal suo punto centrale, l’isola non regala nessuna visione particolare, la costa non è a picco come al nord e coi primi momenti di sole capiamo perché per i locali questi rias siano molto più battuti di quelli alti. Qui ci sono spiaggette spesso riparate, si può far vacanza comoda a differenza di quelli a nord, così sempre incontreremo molta agente. Dopo l’isola proseguiamo per Cambados, famosa per la Praza de Fefiñas ma soprattutto per il vino Albariños che si trova ovunque nelle numerose enoteche del villaggio. Continuiamo verso O’Grove e terminato il periplo del rias tappa a Sanxenxo per pranzo al Rest Riviera, scelto per il televisore che irradia la gara di MotoGp della Repubblica Ceca (super Ducati e super Stoner), ma dalla qualità veramente bassa, cameriera a parte. Passando da Pontevedra ci sistemiamo presso Casa Alice, splendida casa con belle camere e pulitissimi bagni, decidendo di perlustrare anche il ria a sud, visto che in città c’è la festa del paese fatta da calcinculo, autoscontri e baracconate simili. Arriviamo a Cabo de Udra, che cromaticamente è uno splendore anche se il fascino di Cabo de Bares è tutt’altra cosa. Da qui si possono fare vari giri nei dintorni, ed al ritorno da una di questi ci fermiamo un attimo al Cruceiro de Hio, considerato il più bello della regione. Da qui rientrando verso Pontevedra si segue il Ria do Vigo, coloratissimo e tranquillo perchè riparato dalla isola di Cies. Questi luoghi, collegati ai problemi legati all’affondamento della petroliera Prestige, fecero da sfondo ad uno dei più importanti film spagnoli degli ultimi dieci anni, “I Lunedì al Sole” del regista galiziano Fernando Leon De Araona. Storia di pescatori di Cies che improvvisamente si ritrovarono disoccupati a causa della marea nera, incapaci di qualsiasi altra attività che non fosse pescare, capeggiati dal mitico Santa, impersonificato alla perfezione da Javier Bardem. Chi ha “vissuto” quella pellicola non può guardare dal mirador Cotoredondo a questi posti col cuore sgombro dalle emozioni. Vigo, città industriale che volutamente saltiamo, è l’epicentro di quella vicenda che partiva dalla riparatrice Cies e trovava la sua quadratura del cerchio in Pontevedra. Dalla cima del mirador tutto si scorge, bracci di mare che paiono laghi, città dai bei colori che in realtà son luoghi industriali e terre incantate che fan tanto isola del tesoro. Per arrivare al mirador non ci sono indicazioni, occorre chiedere alla gente del posto. Prima di arrivare si incontra un piccolo lago che funge da luogo di ritrovo per picnic. Mentre scendiamo ci imbattiamo in una sfilata di vecchie Fiat 600 in fantastico stato e dai colori più incredibili. È tempo di rientrare a Pondevedra, dove causa festa del paese siamo costretti a parcheggiare a pagamento. Su insistenza di Pierre ceniamo in una pizzeria italiana, Il Piccolo, pizza buona perché come ci dice il cuoco ormai per mangiare una vera pizza bisogna andare all’estero visto che tutti gli chef italiani hanno abbandonato il paese. Gli facciamo credere la cosa, così ci offre un giro di bevute. Per la città ci son palchi ovunque, ed in ogni piazza si suona e si fa festa. Peccato che nella piazza sotto al nostro alojamento inizino a suonare dopo l’una, cercando di turbare il nostro sonno ristoratore, in maniera peraltro vana dopo la lunga giornata di viaggio.

 

continua...

 

La Costa Atlantica - I

 

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Luca COCCHI

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