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Asia Centrale - I

Diario di viaggio in Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan

 

1° giorno 

Da Bologna in treno con un intercity notte raggiungo Milano, dove con il Malpensa shuttle che si prende a fianco della stazione raggiungo l’aereoporto. Da lì volo della Turkish per Istanbul e dopo un’attesa di 4h nuovo volo sempre Turkish  per Tashkent, capitale dell’Uzbekistan. Devo dire che in questi momenti di voli con servizi risicati la Turkish non lesina su pranzi e bevute. Finite le procedure di dogana, lunghe soprattutto perché i doganieri hanno grosse difficoltà nel capire il nostro alfabeto e per chi dichiara troppo contante costretto ad un ulteriore modulo, un servizio a noi dedicato ci porta presso l’Hotel Jam-Buh, nella zona sud della città. Le formalità di registrazione sono velocissime, ci pensa il personale dell’hotel a cui va consegnato il passaporto (che verrà restituito la mattina seguente). Tra viaggio e fuso orario, 3h avanti l’Italia, è già notte fonda ed il primo giorno è già terminato.

 

Colonne e preziosa ombra - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

2° giorno

Colazione a buffet in hotel, iniziando a prendere le misure alle cose tipiche di qui (salame, frutta secca, formaggio…) poi con una guida di chiare origini russe si parte alla visita della città che è divisa in 2 grandi parti, quella nuova di impostazione russa e la parte vecchia, a nord-ovest del XV secolo. Prima visita al teatro dell’opera e del balletto Alisher Navoi, progettato dallo stesso architetto che realizzò la tomba di Lenin nel mausoleo a Mosca e costruito dai prigionieri giapponesi. Per questa ragione la guida ci informa che sia sede di svariate visite del popolo del Sol Levante, ma onestamente non se ne vede uno in tutto l’Uzbekistan durante la mia visita. Poi si gira attorno alla grande piazza della città nuova, dove fa sfoggio della sua grandezza una statua di Tamerlano a cavallo, visione che in tutto il paese è cosa di routine. Tamerlano ha sostituito Marx, altra situazione tipica del paese. A fianco della piazza c’è la via che fino a poco tempo fa era la “vasca” tipica per la movida locale, ma il fatto che la nuova nomenklatura abbia preso casa nei dintorni ha portato ad un fermo del fenomeno. Da qui ci si spinge poi verso la città vecchia, con prima sosta al monumento commemorativo del terremoto. Il 25/04/’66, alle 5:25 del mattino un fortissimo terremoto distrusse la città segnandone la sua evoluzione. Mosca promise una casa a tutti i volontari che fossero andati a Tashkent per ricostruire la città così da sovieticizzare il luogo, fatto che ora turba la popolazione locale e che viene ricordato come una pesante intromissione, ma va segnalato che la ricostruzione portò un tetto ad oltre 300.000 rimaste sprovviste di una casa. Della città vecchia in realtà non è che sia rimasto molto, tanto è stato ricostruito con in primis moschee e madrasse. Ma la prima tappa è al bazar Chorsu, uno spettacolo soprattutto la parte dove pranzare. Ma inanzitutto è il luogo dove cambiare i soldi. Problema principale è che qui non ci sono le monete, si fa tutto con la carta e la carta più grande vale ben mezzo euro. Così prendetevi almeno uno zainetto per metterci anche solo 50 € altrimenti le tasche non bastano. Soprattutto se siete in tanti il problema è trovare lo sgabuzzino che abbia i soldi per tutti, e poi munitevi di tempo, serve una dichiarazione scritta del fatto e come al solito faranno fatica a leggere i dati del passaporto. Poi primo assaggio della cucina uzbeka, tra prelibati shashlyk (spiedino di montone che può essere con pezzi o tritato), laghman (tagliolini serviti in vari modi ed anche senza nulla al naturale), barak (una specie di ravioli al vapore come tutti avranno assaggiato al ristorante cinese) serviti con burro, samsa (sfogliatine ripiene o di verdure o di carne e cipolla, soprattutto cipolla…) per finire con l’immancabile plov che ognuno realizza a suo piacimento e che sovente si rivela il piatto più sicuro per chi ha problemi con cibi poco conosciuti. Il plov altro non è che riso cotto con qualsiasi tipo di cibo assieme, può essere fantastico come può essere di una banalità tristissima, ma in fin dei conti è riso e problemi non ne da mai. Poi saranno anche orgogliosamente musulmani, ma trovarne qualcuno che non mangi bevendoci birra o alcool è difficile. Anzi, si trovano anche confezioni di birra da 2 litri in ottime bottiglie di plastica, altrimenti il chay, ovvero il the. Finito il pranzo è ora di visitarsi il bazar, regno di mille colori, di spezie e frutta secca in ogni dove, tutto tenuto in splendida maniera e con molta pulizia. Da qui al centro religioso il percorso è corto, e così ci si inizia ad immergere tra moschee, mausolei e madrasse, alcune delle quali appena terminate di costruire. Fra tutte queste costruzioni vi è anche il museo Moyie Mubarek dove viene custodito il Corano di Osman, ritenuto il più vecchio del mondo (ma sicuramente in altri luoghi vanteranno la stessa chicca). Il giro della città vecchia porta tra le case di fango, a dire il vero poche sono quelle rimaste, coi ragazzi che si divertono a giocare nei canali ed i vecchi che giocano serenamente a backgammon. È già tempo di andare all’aereoporto per il volo della Uzbekistan Airways destinazione Urgench. I famosi voli interni della ex Unione Sovietica incutono sempre un po’ di timore, l’aereo è un RJ85, ci viene risparmiato un Antonov o un Tupolev. Qui tutti telefonano in volo, non c’è senso a dir qualcosa alla hostess perché anche lei si adegua all’andazzo generale. Arriviamo che l’aereoporto è già chiuso, così usciamo direttamente senza passare dal terminal, ed in un secondo tempo ci vengono portati i bagagli che ognuno ritira direttamente dal camion di trasporto. Da qui un pulman ci porta a Khiva presso l’Hotel Sobir Arkhanchi (veloce regitrazione del passaporto), dove ceniamo in una sala che pare uscire dalla naftalina del tempo degli zar, non fosse per l’immagine del presidente uzbeko Karimov impresso ovunque, tappeti compresi.

 

3° giorno

Colazione nella medesima sala del giorno precedente, dopo aver a lungo litigato col servizio idrico della camera, e poi via verso la visita di Khiva, le cui mura-fortezza si raggiungono a piedi in 5’. Famosa come luogo di compravendita degli schiavi lungo la via della seta, Khiva è ora una città-museo chiusa all’interno delle sue meravigliose mura di fango. 10.000 sum per entrare e 5.000 per fotografare, la visita richiede almeno una giornata e se non si coglie più l’atmosfera di terrore che regnava all’epoca del khanato, già al primo colpo d’occhio l’impressione è comunque notevole. C’è da perdersi tra moschee, madrasse, mausolei, minareti, mura e soprattutto tra mercati, perché al di là di tutto ovunque vendono qualcosa. Non c’è monumento risparmiato, se non all’interno della moschea del venerdì, e se non vi pesa portarvi uno zaino pesante da subito potete già iniziare a far affari, anche perché qui ci sono meno turisti che a Bukhara e Samarcanda così si può iniziare a trattare da cifre più basse. Unica cosa, il passaggio dollaro-euro è già stato fatto anche in questi luoghi, conviene trattare in euro e poi pagare nella loro moneta, ma se volete semplificare gli euro sono molto ben accetti. Al di là delle visite ovvie, motivo di interesse per gli amanti della foto è sicuramente la vista serale dal bastione di Oq Shihbobb sulle moschee e sulle mure, colori caldissimi e luce perfetta, mentre l’ascesa al minaretto Islom Hoja (scalini altissimi nella prima parte) avviene al buio in mezzo a giovani coppiette che lì si rifugiano per attimi di intimità tra viandanti che li usano per non perdere l’equilibrio. Vari i luoghi per pranzare in città, con le solite specialità locali. Fuori dalle mure, consigliata la visita della parte sud-ovest al calar del sole, sorge ovunque un grande mercato con in evidenzia angurie, meloni e zucche. Vari i luoghi di relax, provato il Farruh dove ci si accomoda sui tavoli-letti tipici di qui in una atmosfera di totale relax. Rientro in hotel e cena, dove si inizia a testare la solita zuppetta che accompagna ogni cena di qui, assieme a tante specialità che ci verranno riproposte all’infinito. Il pane è sempre presente, unica forma tondeggiante alto sui lati e schiacciato nel centro, decorato di disegni e non male da mangiare.

 

Frutta perfettamente ordinata al Chorsu Bazar

Frutta perfettamente ordinata al Chorsu Bazar - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

4° giorno

Solita colazione in hotel, poi bus per Bukhara. Lungo la strada nella prima parte domina il verde, poi si entra nel deserto e non c’è più traccia di vegetazione. Incontriamo una pattuglia della polizia col telelaser, non so quanto usato perché il traffico è poco e sovente si incontrano carretti trainati da animali. Prima sosta nel mezzo del deserto con temperatura che inizia a farsi dar del Lei, nulla in vista e primi dubbi sul percorrere la Via della Seta nel periodo estivo. Sosta per pranzo in una specie di autogrill che fa da deposito di immondizia di vecchie bottiglie sul retro. I tavoli sarebbero pieni, ma ci mettono poco a trovar da far sedere un gruppo di avventori stranieri. Il menù non offre dubbi, i piatti son sempre i soliti e sbagliare è difficile. La cottura dei samsa è visibile proprio fuori dal locale, in un forno a forma di vulcano dove le sfogliatine vengono attaccate al bordo del forno con una semplice pennellata di acqua. Poi si continua per Bukhara dove si giunge sul calare della sera presso un hotel appena terminato di costruire, veramente bello per i miei standard (poi in Tagikistan mi riadatterò…), per la registrazione occorre lasciare il passaporto che già al rientro dalle cena ci viene riconsegnato. Cena al ristorante Al Mukhammad a bordo della vasca che fa da centro della città (da poco riattivata alla sua antica funzione, i sovietici l’avevano riempita di terra perché dall’acqua arrivavano tante infezioni e malattie), con giganteschi spiediti e svariate altre specialità locali. Si cena all’aperto a bordo vasca ma l’aria è ancora calda, per fortuna ci sono i ventilatori, ma una pala decide di prendere aria in autonomia cercando di ferire un gruppo di avventori del locale.

 

5° giorno

Colazione in hotel e poi via a scoprire la città simbolo dell’Asia centrale, luogo di scambi e luogo sacro dell’antico Turkestan. La visita parte dalla zona nord-ovest, per interdeci dal Parco Samani (ex Kirov) coi suoi mausolei per arrivare alla fonte di Giobbe all’interno del mausoleo Chashma Ayub. Leggenda narra che Giobbe allo stremo delle forze battè col bastone per terra e da lì uscisse l’acqua, da qui il perché della fonte sacra. Per fotografare la fonte all’interno occorre pagare 1000 sum, ma all’interno non c’è niente altro d’interessante. Si continua passando per le vie che fanno da mercato e che conducono alla moschea Bolo-Hauz proprio di fronte all’entrata dell’Ark, la vecchia città regale della quale però resta ben poco. Prima di entrarci pranzo di fronte all’Ark, in una ombrosa chaykana che propone un plov da Insalatissime Rio Mare. Per entrare all’Ark oltre al biglietto bisogna pagare 1.700 sum per fotografare. Lo sconsiglio, rimane ben poco di questa enorme fortezza, bombardata a lungo dall’Armata Rossa quando entrò in città. Così è meglio dirigersi verso il centro vero e proprio di Bukhara, dove sorgono una di fronte all’altra la madressa Mir-i-Arab con le sue perfette cupole azzurre e la moschea più famosa della città, Kalon, che sorge a fianco dell’omonimo minareto, unica costruzione non distrutta da Gengis Khan, perché si dovette inginocchiare nel cogliere il cappello che il vento gli aveva portato via (leggenda narra). Purtroppo non c’è traccia di vento oggi, la temperatura si avvicina ai 50°, fortuna che c’è un secco bestiale ed all’ombra si vive bene. La vista più bella di Bukhara è proprio dall’interno di questa moschea, dove si incontra un enorme albero di gelso. Da qui per arrivare alla piazza Lyabi-Hauz (quella della vasca) dove i ragazzini locali si tuffano da alberi alti oltre 10 metri, è un susseguirsi di madrasse e mercati coperti, con poca distinzione tra gli uni e gli altri. Alla fine tutto è mercato, nel segno della Via della Seta dove si andava per far compere già ai tempi di Marco Polo. Un po’ fuori dal centro merita una visita la strana moschea Char Minar, costituita da un corpo centrale e 4 minareti dalle solite cupole azzurre, un cambio di stile rispetto alle continue costruzioni viste per l’intera giornata. Ovviamente al suo interno sorge un negozio di souvenir, occorre abituarsi a queste presenze ma per 1000 sum si può salire, anche se la vista non regala molte emozioni. A Bukhara è sempre esistita una forte comunità ebraica fin dal XII secolo, ed anche ai giorni nostri la presenza si nota in città. Così per cena siamo ospitati in un'abitazione tipica dove veniamo serviti con una cena in stile, che per una volta si differenzia (ok, non di troppo…) da quanto sta diventando standard da queste parti.

 

Cortile uzbeko

Cortile uzbeko - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

6° giorno

Solita colazione a buffet, poi giro nei dintorni della città. È venerdì, giorno di festa, quindi c’è tanta gente in giro e ne troviamo moltissima al mausoleo Bakhautdin Naqshband. Bello spaccato locale, paradiso assoluto per ritratti di gente con radici centroasiatiche al meglio dei loro lineamenti e vestimenti (è pur sempre giornata di festa). Sono tutti felicissimi di essere fotografati, sovente son loro che chiedono foto a patto che vi facciate a vostra volta fotografare assieme a loro o coi loro bambini ed anziani. Peccato non parlare nessuna lingua in comune, sarebbero tutti molto loquaci e con una gran voglia di confrontarsi. Seconda tappa alla residenza estiva, un luogo molto kitch e stipato di pavoni. Infine terza tappa alla necropoli Chor-Bakr. Il caldo si fa opprimente, i 50° sono standard e per muoversi nel luogo è quasi obbligatorio cercare l’ombra per non farsi cuocere. Ricercatissima sia dai giovani che dagli anziani del posto l’ombra del grande albero centrale, naturale luogo di incontro della necropoli. Rientrando a Bukhara è tempo per visitare un hammam, il Borzi Kord, in piena zona di bazar. Hammmn con massaggio, spezie e thè costa 30.000 sum ed è un ottimo relax. Vista la temperatura esterna non preoccupatevi per quella interna, non c’è molto da sudare più che fuori. Meglio prenotare in anticipo, il tempo riservato è di un’ora, e le catinellate di acqua fredda con cui vi congederanno sono un toccasana super. Dopo questo trattamento girare per la città è un vero relax, così con ritmi lenti raggiungo la prigione dello Zindon, all’interno di una zona particolarmente incasinata. Mi ci porta un’anziana locale che non potendomi parlare in una lingua comprensibile mi accompagna di persona. Peccato che gli orari siano molto stretti e quando arrivo è già chiusa, sarebbe stato interessante vedere il luogo di detenzioni e di morte di 2 famosi emissari della corona inglese nel 1842, Stoddard e Connoly, morti perché il locale Khan non apprezzò il loro arrivo, il primo a cavallo (doveva entrare a piedi e mettersi ai suoi piedi) ed il secondo senza la lettera di accompagnamento della Regina ma solo con quella del Comandante delle Indie (il Khan si riteneva un pari ruolo della Regina, la lettera del Comandante delle Indie lo paragonava ad un personaggio di secondo piano). Cena di nuovo a bordo vasca della piazza centrale, con menù sempre similare. Da segnalere che quando i getti d’acqua del bordo vasca cessano la temperatura diventa calda anche col sole calato da ore.

 

7° giorno

Colazione sempre in hotel e poi via in bus verso Shakhrisabz, la città natale di Tamerlano, eroe a tutti gli effetti dell’Uzbekistan. Lasciati gli zaini all’hotel Orient Star pranzo al vicino Al Kyarium e poi visita di un coloratissimo mercato. Luogo ideale per compere perché non tanto visitato, ci sono soprattutto generi alimentari (ottimi i pistacchi ed i semi di albicocche che qui si trovano solo essicate) e copricapi (si impara che ne andrebbe sempre portato con se uno piccolo e nero decorato a piacere di chi lo realizza, pronto all’uso in caso di dover partecipare alle essequie di un conoscente) ed in generale una grande calma ed un grande senso di sicurezza, peraltro riscontrabile in tutto l’Uzbekistan. Attorno all’enorme statua di Amir Timur (il nome originale di Tamerlano) ci sono sempre comitive di matrimoni, pare porti bene venire a festeggiare qui. Dietro alla statua sorgono alcune parti dell’enorme palazzo di Tamerlano, purtroppo ancora in rovina, anche se su di una parte è possibile salire per avere una vista della città. Attraversando tutta la città si arriva alla zona della cripta di Amir Timur, che però è vuota. Il condottiero morì di polmonite nell’attuale Kazakistan in una campagna invernale, riuscirono a portare le spoglie fino a Samarcanda ma a causa della neve il passo per arrivare a Shakhrisabz era invalicabile e così fu tumulato nella capitale della Via della Seta. Resta comunque la sua cripta con le iscrizione che volle riportare. La sera la città si vuota, ceniamo in albergo veramente male in una sala infinita dove siamo soli, poi proviamo a visitare la città in notturna ma non c’è un’anima in giro e nessun locale aperto e tantomeno luci sui monumenti per foto particolari. Così mestamente si rientra in albergo tenendo le energie per un’altra volta.

 

continua...
 

BLOGGER

Luca COCCHI

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