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Messico del Nord e Bassa California - II

Il dettagliato diario di viaggio del nostro Luca

 

...segue 

 

5° giorno 

Partenza alle ore 7 per la Reserva de la Biosfera Sierra Gorda con Rogelio, guida della Sierradventuras. La Reserva si trova nel mezzo di una zona aspra ma è verdissima e coperta di foreste, il viaggio da Querétaro necessita di 3 ore per arrivare a Pinal. Prima però passiamo da Bernal dove ammirare la Peña, il terzo monolite al mondo, che domina il tranquillo pueblo dall’alto di oltre 350 m. Sosta a La Estacion per una ricca colazione a base di gorditas, che sono tacos molto spessi riempiti a piacimento con uova, salsiccia, barbacoa, stufati vari o verdure di ogni tipo, sembra un qualcosa di pesante ma qui tutti fanno una colazione nutrientissima. Prima di Pinal carichiamo un campesino amico di Rogelio che servirà per muovere la camioneta, visto che il nostro percorso sarà solo di andata. La guida (atletica ai massimi livelli, compie gare di corsa nella foresta fino ad 8 ore, roba da Tarahumara) ci fornisce anche i bastoncini per camminare visto che ci muoveremo prevalentemente in discesa, ma alla fine non vengono quasi mai utlizzati. Dovremo percorre circa 12-15 km, partenza tranquilla così iniziamo a sentire i racconti della guida sulla vita da queste parti, un luogo da pochissimo scoperto dai viaggiatori, e visitato in pratica solo da questi, rare sono le visite degli abitanti locali. Prima di metà percorso c’è l’unica salita dura del cammino (nel bel mezzo di tanti maguey, la pianta da cui si ricava il distillato per tequila e mezcal), lungo un sentiero ampio e regolare, mentre la seconda parte, meno battuta è più brigosa perché coperta da molte foglie e radici. Quando raggiungiamo il Rio Escanela è tempo per rifocillarsi (occorre portare tutto con se da prima della partenza, non si incontra nulla lungo il sentiero), poi lo risaliamo all’interno di uno stretto canyon usando delle mensole messe come appoggi a mezz’aria, tutto molto bello ma poco pratico e non adatto a chi soffre di vertigini. Dopo questi passaggi si iniziano vari attraversamenti del fiume su sassi mobili per raggiungere una cascata e grotta, ma vista la situazione che prevede inevitabilmente di cadere in acqua io mi fermo attendendo il ritorno degli “eroi”. Nel frattempo mi imbatto nei lavoratori degli impianti idrici che devono guadare ogni giorno il fiume immergendosi fino al collo e poi farsi a piedi una lunga risalita sulla statale (oltre 1 ora di cammino), per loro fortuna oggi passiamo noi con una camioneta quasi vuota e riusciamo a stiparne quasi una decina. Sarebbe stato molto bello continuare la perlustrazione della Sierra Gorda fino alla Huasteca Potosina ma ahimè dobbiamo rientrare perché il percorso è ritenuto a rischio Zetas, e così quando il sole è già sceso entriamo in città coi primi acciacchi a ginocchia e caviglie che si fanno sentire causa le tante ore di discesa continua (per circa 1.300 m. di dislivello). Pranziamo in un ristorante indigeno di fronte alla Alameda, il nome Al Mar dovrebbe chiarire il menù anche se siamo in piena montagna ed in effetti ceniamo a base di ottimo pesce spendendo pochissimo, mentre il titolare passa l’intera serata a intagliare una enorme radice. Sentendo che siamo italiani ed avendo una figlia che vive in Toscana ci chiede conferma dei tanti problemi che attanagliano l’Italia, cosa di cui si parla in Mexico quando si parla di Italia.      

 

Paesaggi della Sierra Gorda



6° giorno

Di prima mattina lasciamo l’hotel per prendere un autobus destinazione central camionera. Visto che non ne passano, un ragazzo del posto ferma un taxi e ci dice di salire anche a noi, lui scenderà prima e dà indicazioni all’autista di portarci al posto delle partenze per S. Miguel de Allende, il tutto senza volere un solo peso. Con un bus raggiungiamo la cittadina new-age o beatnik di S. Miguel de Allende, che deve il nome a S. Miguel, frate francescano fondatore del primo insediamento, ma soprattutto ad Allende che con Hidalgo è ritenuto uno dei fautori del Mexico indipendente. Il terminal è fuori città, con un bus raggiungiamo il centro e facciamo tappa in una splendida posada, iniziando subito la visita della cittadina, coloratissima, piena di gente soprattutto statunitensi che vivono qui (non in Mexico, proprio qui, la città ne è piena) ma soprattutto tranquillisima anche se alcune piazze del centro son piene di negozietti con prezzi non da sierra messicana. Ma lungo Insurgencias facciamo un pranzo tonico e dopo aver visto i vari templi, chiese, l’oratorio S. Felipe Neri e le piazzette è tempo per raggiungere uno dei celebrati stabilimenti termali nei paraggi. Dalla central camionera si prende qualsiasi bus con destinazione Dolores Hidalgo, l’autista ci indica la fermata più prossima a La Gruta, che dista solo 200 m dalla statale ed è per giunta il più caratteristico. Fornito di armadietti dove riporre la roba senza costi aggiuntivi, si passa poi alle sue 3 piscine calde e alla particolarità che lo fanno il più attraente dei tanti in zona (anche se nei fine settimana il più caotico) un lungo tunnel di quasi 30 m che immette in una grotta dove un caldissimo getto di acqua fa da idromassaggio naturale, mentre vi troverete in una specie di bagno turco immerso nell’acqua. Una sensazione fantastica, poi essendo giornata infrasettimanale non c’è praticamente nessuno e non ci sono file o addirittura persone nella grotta. Non si vorrebbe mai uscire, ma al calar del sole chiudono e quindi occorre ritornare sulla strada ad attendere un bus per il ritorno, che passa dopo pochissimo tempo. Un salto alla posada per una doccia (ci sono anche alle terme, ma le acque della doccia odorano di “terme” anche loro), poi rimiriamo con l’illuminazione notturna la vivissima S. Miguel. Qui è pieno di ristoranti di alto livello, ma noi ovviamente ripieghiamo su un ristorantino che serve piatti locali ottimi ed abbondanti, fatti al momento perché a parte 2 ragazzi amici dei gestori non c’è nessuno e cucinano solo per noi. Col benessere delle terme e con la tranquillità del suo centro storico è facile comprendere il perché S. Miguel sia stato scelto come luogo dove addolcire l’inverno da tanti statunitensi alternativi.

 

Una delle stradine di San Miguel de Allende

 

7° giorno

Colazione in una fornitissima panaderia in calle Relox e caffè in piazza centrale, uno dei pochi aperti verso le 7, poi col bus raggiungiamo la central camionera per andare a Guanajuato. La central è molto fuori dal centro, occorre un lungo giro col bus per arrivare in zona centrale, e lo si fa percorrendo i tunnel sotterranei costruiti nel mezzo del vecchio percorso del fiume Guanjuato, deviato a inizio ‘900 a seguito di una disastrosa alluvione. Emergiamo dai sotterranei in zona del Mercado Hidalgo e troviamo subito l'albergo con spazi ampi in una camera decadente con terrazza sulla via principale (da qui in poi troveremo l’indicazione “regadora” in tanti alberghi, che starebbe non per l’annaffiatoio ma per disponibilità di doccia senza affitto di camera). Simbolo della città, visibile in migliaia di salse differenti, è la Calavera Catrina, scheletro femminile a rappresentare la morte, figura celeberrima e osannatissima per i messicani, rappresentata nell’esecuzione dello scultore Josè Guadalupe Posada. Lasciare Guanajuato senza un suo souvenir nella più amabile delle reinterpretazioni è quanto di più offensivo si possa fare! La cittadina, una delle più celebri delle città dell’argento, appare immediatamente splendida, costruita sui due lati del canyon che la attraversa, coloratissima e piena di gente che si sposta tra i tanti negozi, locali, posti storici e vedute incredibili. Luogo celebre per le vacanze dei mexicanos, è piena all’incredibile di gente e percorrere la stretta e tortuosa avenida Juarez/Obregon è un’impresa. Iniziamo a perlustrare il centro storico passando dal Callejon del beso, la via più stretta del mondo, dove il balcone di una facciata finisce nel muro dell’altra, notando come l’eroe sia Cervantes ed i suoi Don Quijote&Sancho Panza, qui ogni ottobre si tiene un importantissimo Festival Cervantinos ed in occasione dei 200 anni dall’indipendenza la città è stata sede dell’expo e culla della cultura del mezoamerica, cosa che emana da ogni pietra, non fosse per la presenza pesante e invadente della polizia in ogni dove in assetto da guerra. Da dietro il teatro Juarez saliamo col funicolar al Mirador San Miguel da dove la vista è favolosa. Di fronte e sotto di noi sorge una coloratissima e incredibile città che sale e scende dai suoi tanti cerros, una vista che nel sole costante e senza nuvole del Mexico (ma non era Messico&nuvole?) “costringe” a un numero infinito di scatti fotografici. Non fosse per la mancanza del mare, la visione riporta alla mente quella della fantastica e decadente Valparaiso in Cile, anche se qui sembra tutto in fermento ed espansione mentre là tutto in ridimensionamento forzato a causa del canale di Panamà che le ha tolto il passaggio di ogni nave commerciale. Scendiamo a piedi per visitare la parte est della città (dove si trova il museo di Cervantes, iconografico del Quijote) ritornando in centro per una via più a nord della principale che dopo tante piazzette che quasi sembrano finte ci porta alla casa natale di Diego Rivera, ora monumento nazionale ma va ricordato che al tempo il pittore era persona non grata nella sua città in quanto bolscevico. Ora ovviamente fa molto comodo all’economia locale esibire questa interessantissima casa/museo che ospita anche mostre temporanee come quella apprezzabilissima presente al momento di Jazamoart. In plaza S. Fernando facciamo tappa per un refrescos poi iniziamo la visita della parte più a ovest che ha come caposaldo la Alhondidas de Granadies, luogo simbolo dell’indipendenza, dove avvenne la prima vittoria contro il potere spagnolo degli indigeni locali guidati da El Pipila, ma dove nel prosieguo della guerra di liberazione vennero esposte ai quattro lati come monito futuro le teste dei leader caduti, fra cui Hidalgo. Dopo aver fatto sosta in un intenet point (con a fianco un personaggio intento a cercare svendite di armi…), visitiamo il grande mercato Hidalgo per poi cenare con la zuppa locale, il pozole rojo con carne e mais, oltre ovviamente a una grande portata di bistecca alla tampiqueña. La signora che gestisce il locale mi fa notare la differenza tra l’ordinare acqua minerale (quasi solo gasata) da quella in bottiglia (una sorta di microfiltrata, sovente marche legate alla CocaCola) oppure purificata da loro. Tra le seconde due non c’è in pratica differenza, prezzo a parte. La sera, con temperatura che necessita almeno di una felpa, è ideale per vedersi con più calma e molta meno gente la splendida città, ben illuminata e sempre gradevolissima, peccato solo che la miniera più celebre si trovi ben al di fuori dalla città e necessiti di più tempo per visitarla.     

 

Guanajuato vista dal Mirador San Miguel



8° giorno

Colazione abbondante al Mercado Hidalgo e col bus ci dirigiamo alla central camionera dove impariamo che per andare a San Luis de Potosì non c’è un collegamento diretto ma occorre andare a Leon con bus Metropolitano e poi con PrimeraPlus raggiungere la capitale dell’omonimo stato. La central è fuori dalla città, con un bus raggiungiamo la ex-stazione dei treni dove si trovano tanti hotel economici di livello veramente basso. Scegliamo un hotel basico all’ennesima potenza, per poi dedicarci subito alla visita della città che a parte piazze su piazze e alcuni palazzi coloniali non ha nulla di rilevante da regalare ai viandanti. Inoltre molti musei/tempi sono chiusi, riusciamo a vedere solo il museo del Virreinado (vicereame spagnolo), alquando deludente, ma viste le premesse non ci attendevamo altro. Tempo per degustare le famose paletas (ghiaccioli di crema o acqua a gusti incredibili) e per notare che anche il parco dell’alameda non presenta nessuna attrattiva. Così, dopo un veloce giro in internet, ci dirigiamo nella zona nord-est del centro immersa in un infinito mercato che fa perdere l’orientamento. Non che ci siano cose imperdibili, ma lasciarsi trasportare nella baraonda fa molto Mexico, in una parte del mercato ci si imbatte anche in pseudovetrine stile Amsterdam, ma tutto molto tranquillo dove parlare col salumiere o con la meritrice pare cosa quotidiana per i potosinos. Trovata la strada per uscire da questo infinito luogo che si riproduce strada per strada il difficile diviene incontrare un ristorante dove rifocillarsi, così dopo un lungo peregrinare dobbiamo chiedere in giro info e ci viene consigliato un posto dalle dimensioni pari al mercato, da poliziotti locali, visto che altre persone non sapevano dove indirizzarci. Finiamo la serata con una sopa de hongos muy rica e il solito piatto a base di carne di dimensioni da dinosauri. Rientriamo nel tugurio dove fuori dalla camera tipo prigione bulgara c’è almeno una ottima e spaziosa doccia calda, la cosa migliore dell’hotel presumibilmente privo di stelle (ma per l’equivalente di 3 € non ci si può lamentare, anzi).

 

continua...

 

Messico del Nord e Bassa California - I

 

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Luca COCCHI

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