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La Mia Cambogia - II

Diario di viaggio nel piccolo ma intrigante paese indocinese

 

...segue

 

5° giorno

Colazione a spizzichi e bocconi poi trattato il noleggio con conducente di un motoremorque iniziamo la visita dei dintorni della città dopo esserci assicurati un passaggio in nave per il giorno dopo verso Siem Reap. Il conducente ci consiglia di far subito tappa all’escursione con treno di bambù, tutta al sole e viste le temperature prossime ai 35° già nella mattinata meglio seguire il suo consiglio. Il treno di bambù è formato da due rulli sui quali viene posta una tavola di bambù, al rullo posteriore vien collegato un piccolo motore a cinghia che spinge il mezzo, visto che il binario è unico quando si incontrano altri “convogli” uno viene smontato e spostato per far strada. Una maniera pratica, veloce ed economica per spostarsi nella provincia tra boschi e fiumi, usata per caricare il treno dei prodotti della terra ed anche come emozionante e straniante gita per i turisti che arrivano fin qui. Un vagone costa 10$, ci si può accalcare in tanti, ma per godersi la corsa a fondo in due è il meglio perché ci si gusta vento in faccia il tracciato, occhio alle giunzioni dei binari perché qui di ammortizzatori non c’è traccia e si salta che è un piacere. La corsa di andata dura indicativamente 45’, dipende dalle soste e dagli smontaggi del treno, il paesaggio di campagne, fiumi e foreste proprio bello, all’arrivo ad un villaggio stanno sorgendo piccoli bar per ristorarsi e dato il caldo meglio approfittarne. Rientrati al punto di partenza dopo un ritorno più lento causa ingorgo della linea (ma si incontrano solo treni di bambù, non c’è traccia di grandi treni su questa linea) andiamo a visitare il Phnom Banan (il biglietto vale anche per il Phnom Sampeau), tempio dalle forme che ispirarono la costruzione dell’Angkor Wat sito su di una collina raggiungibile dopo oltre 350 gradini. Piccolo ma raccolto, il posto è bello e la vista spazia sulle risaie senza fine che attraverseremo per la meta successiva in un intrico di sentieri che se non fosse per la guida sarebbero un labirinto inespugnabile. Facciamo tappa anche ad un albero coperto da pipistrelli, solo in questo albero si fermano, percorrono centinaia di chilometri ogni giorno per far la spola da qui ad un posto passato il confine con la Thailandia, la guida che parla un po’ di inglese non sa purtroppo spiegarci il perché. Ci mostra la tipologia di riso coltivato, di dimensioni ridottissime, più tondo che ovale, la salvezza della zona. Arriviamo al Phnom Sampeau, decisamente più visitato soprattutto da parte delle genti locali che al tempio chiedono miracoli in cambio di donazioni di ogni tipo, il tempio è più pacchiano del precedente e moderno, la vista ugualmente bella ed i percorsi per salire sono molteplici, poco segnalati, da scegliere in base a cosa si preferisce vedere, panorami o piccoli templi. Da qui rientriamo in città, son quasi le 15:30, facciamo tappa al vecchio ponte francese sul fiume Stung Sangker dove sorge anche la vecchia residenza del governatore (non visitabile) e da lì risaliamo a piedi il lungofiume dove iniziano ad aprire le bancarelle del cibo. Un sandwich cambogiano è fatto con baguette, fette di insaccato di pollo, verdure e salse di ogni tipo, carburante giusto per ritemprarsi del viaggio giornaliero. Giriamo per Battambang a piedi, ma a parte alcune costruzioni del periodo coloniale c’è poco di interessante da vedere se non l’incredibile traffico di motorini e biciclette nei dintorni del mercato dove si stanno iniziando ad unire pickup e suv. A ritmi lenti si procede verso cena, proviamo l’altro Smokin Pot, se non si ha fretta un buon posto, menù abbondante anche se alla fin fine son quasi sempre gli stessi prodotti proposti in modo diverso. Come il giorno prima, alle 21:30 son solo facce occidentali a girare per la città, del resto i locali alle 5 di mattina iniziano già la loro complessa attività commerciale, qui tutti vendono qualche prodotto, possibilmente usato.

 

Il treno di bambù di Battambang

   

6° giorno

Il conducente del giorno precedente ci attende puntuale alle 6:40 per portarci all’imbarco della Angkor Express destinazione Siem Reap. Il viaggio lungo canali, fiumi ed il lago Tonlè Sap è gestito a giorni alterni da due compagnie, partono sempre alle 7 di mattina, nella stagione secca, ovvero ora, può comportare tempi lunghi e qualche volta scendere dalla barca, a noi questa eventualità è risparmiata ma effettivamente nella prima parte alcuni passaggi son difficoltosi, però il viaggio è veramente splendido. Passate le prime 2 ore piuttosto anonime e lungo una campagna piatta e poco abitata, si iniziano a scorgere svariate navi-casa della popolazione locale, posti di pesca, villaggi galleggianti sempre più grandi fino a vere e proprie città sull’acqua. Per molti in questi luoghi il battello che fa il servizio Battambang-Siem Reap è l’unico collegamento col mondo civile, è bello vedere bambini piccolissimi che guidano canoe nel venire a prendere i genitori che sono stati in città a far compere, certo pensare di vivere in questi luoghi durante la stagione delle piogge è durissima, ma ora lo spettacolo è fantastico, così come i colori che riempiono fiumi e campagna. In uno di questi villaggi facciamo una sosta più lunga fermandoci in una specie di rivendita che fa anche da ristorantino (molto sui generis, sia chiaro) dove poter mangiare un piatto caldo (quello che prepara la signora, nessuna possibilità di scelta, roba confezionata quanta se ne vuole) ma anche rinfrescarsi con bibite fresche. Poi si entra nell’enorme lago Tonlè Sap, la vista è meno emozionante anche perché pare un mare, ma per arrivare all’attracco finale ci si butta alla ricerca di strettissimi passaggi tra la foresta di mangrovie, meglio non rimanere sul bordo del battello se non si vuol finire rovinati, si può stare anche sul tetto, ma occorre proteggersi dal sole con creme adeguate. Quando sbarchiamo nel molo in costruzione di Chong Kneas (luogo battutissimo dai turisti presenti a Siem Reap per escursione ai villaggi flottanti del posto, ma se si son visti quelli precedenti nei canali l’escursione è evitabile) siamo attaccati da un numero incredibile di conduttori di motoremorque, siam definitivamente arrivati nei paraggi di Siem Reap, probabilmente il luogo più visitato di tutta l’Asia. Con tutta calma ne scegliamo uno per essere scaricati presso la una tranquilla guest house fornita di tutto, appena fuori dal centro vero e proprio di Siem Reap, immersa nel verde, ventilatori ovunque, wi-fi free ma anche un pc a disposizione gratuitamente, doccia calda (va sempre specificato, l’energia elettrica è il costo maggiore delle camere), ventilatori, aria condizionata ed acqua minerale (fornita a giorni alterni…). Un veloce giro della cittadina, imballata di gente in modo incredibile con comitive vocianti di cinesi come mai mi era capitato in passato, giusto per capire come muoverci nei primi giorni, capire come si muova la città ed accorgersi come ci sia ben poco da vedere viste le magnificenze che offre nei dintorni. Ceniamo nei dintorni del mercato, qui si trova di tutto, del resto se c’è un luogo dove trovare un cittadino di qualsiasi nazione al mondo forse è proprio qui che bisogna cercare. Un massaggio articolare costa sui 5$, si iniziano a trovare gli ambulatori dove i massaggi vengono eseguiti da ciechi, molto più sensibili anche se sovente molto più forti, tanto che è bene accordarsi prima di iniziare sull’intensità, anche se in seconda battuta i benefici sono evidenti. Ovviamente spopolano i massaggi ai piedi, viste le strade da percorrere ed i tantissimi gradini da salire e scendere nella foresta, son sempre un toccasana. A Siem Reap fa caldo, forse come a Battambang, probabilmente il caldo maggiore sofferto in Cambogia durante questo viaggio, fortuna che il meglio di Angkor è sempre nel mezzo della foresta, umidità accettabile.              

 

Navigazione verso Siem Reap

 

7° giorno

Colazione in guest house con abbondante insalata di frutta con yogurt, poi appena usciti iniziamo a contrattare con alcuni conducenti di motoremorque per tre giorni di escursioni verso Angkor. Abbiamo tempo e scegliamo di approcciare il grande complesso in modo graduale, quindi un giorno per ogni circuito, si possono fare più velocemente, diciamo in due, ma perché privarsi del piacere di godersi questi luoghi al ritmo rilassato, muovendosi nel mezzo della natura senza fretta? Così concordiamo la tariffa di 15$ al giorno, l’importante sarà non correre e lasciarci i tempi che preferiamo. Nella provincia di Siem Reap non si possono affittare motorini quindi o con un conducente di moto o motoremorque se non si è soli oppure in bicicletta, ma in questo caso tenete conto del gran caldo, del fatto che occorre comunque avere al seguito qualcuno che sia informato sui luoghi e che soprattutto il circuito grande non è proprio una passeggiata nel gran caldo. Partiamo per il complesso di Roluos, la parte più antica dei templi, ma prima occorre comprare il biglietto, fattibile solo presso la grandissima biglietteria in direzione di Angkor Wat. Più file a seconda del tipo di biglietto (20$ un giorno, 40$ 3 giorni e 60$ una settimana), noi optiamo per quello settimanale, allo sportello vien scattata una foto che troverete riportata sul biglietto plastificato valido per tutti i templi nella zona, escluso Beng Mealea. Dalla biglietteria a Roulos son circa 12 km, percorsi sul motoremorque si è sollevati da una brezza piacevole, che scompare immediatamente appena ci si ferma. Il primo approccio con la mitica Angkor per noi avviene con il Preah Ko, sei torri circolari consacrate a Shiva. Da qui spingendoci poco più a sud si arriva al Bakong, la gemma del complesso, attorniato da un bacino artificiale (che sarà lo standard per tutte le costruzioni khmer) si sale in vetta per godersi la prima splendida immagine della foresta attorno alle costruzioni. C’è anche un moderno wat in uso, ma notiamo come la presenza di monaci non sia così profonda come osservato nel viaggio precedente in Laos. Bakong richiede del tempo per goderne appieno lo vista, compresa quella sul versante esterno del bacino, poi da qui si prende a nord per il terzo monumento, Lolei, decisamente minore e male in arnese causa restauri che di fatto ne limitano la visione. Tutto attorno a questi tre monumenti sorgono altre rovine che però non vengono minimamente prese in considerazione, ed effettivamente con tutto quello che offre il sito non si può dare torto alle guide nell’evitare soste lungo il percorso. Da qui ci facciamo portare alla collina di Phnom Krom che domina il lago Tonlè Sap, circa 18 km a sud-ovest di Roluos, percorrendo vie lungo risaie, canali fitti di abitazioni ed animali padroni della strada. Nel momento di maggior caldo saliamo la collina dominata dall’omonimo tempio poco interessante, il contrario della vista, favolosa soprattutto sul versante settentrionale, dove le risaie regalano uno degli scenari più tipici del sud-est asiatico. Le viste sul lato meridionale sono invece migliori a metà sentiero, in corrispondenza di una piccola costruzione che a parte il belvedere regala anche un attimo di tregua dal sole fortissimo. Qui si ammira lo scenario dal lago fino a limitrofi costruzioni rialzate per evitare di esser coperte dalle acque nel periodo delle piogge, e nel mezzo la foresta di mangrovie. Scesi e recuperato il conducente rientriamo in città per un ristoro e per organizzare due giorni di escursioni fuori Angkor. Il giro dei luoghi verso Banteay Srei viene offerto da tutte le agenzie di viaggio che sono un numero impressionante, ma noi vogliamo combinare anche quella verso il remoto Prasat Preah Vihear con rientro a Koh Ker, così occorre trattare a lungo con più venditori per combinare qualcosa di logico, economico ed interessante. In realtà nessuna agenzia gestisce l’escursione al lontano sito sul confine in autonomia, si appoggiano ad autisti locali, l’importante e concordare un prezzo che soddisfi entrambi e con tutto ben riportato sul contratto. Cena al mercato notturno, di Siem Reap, zona est rispetto alla via principale, un mercato come tutti gli altri, made in China per qualsiasi prodotto.

 

Il tempio Bayon ad Angkor

        

8° giorno

Alle 7 di mattina un conducente differente ci viene a recuperare alla guest house, parla meglio inglese rispetto al suo amico del giorno precedente, e con lui partiamo verso Angkor, circuito piccolo (quello più celebre e famoso), dove facciamo colazione in uno dei tanti bar/ristorante in fronte ad Angkor Wat ma la visita la lasciamo al pomeriggio per via delle migliori condizioni di illuminazione. Entriamo quindi ad Angkor Thom, la città vera e propria edificata dai khmer tra l’800 ed il 1400. Dalla porta sud la prima sosta è al monumento più rappresentativo di questa perduta civiltà, l’incredibile Bayon opera formata da due strutture quadrate sormontate da una circolare. Ma la particolarità sono gli innumerevoli volti di Avalokiteshvara che ci osservano da qualsiasi posizione. Il Bayon non è comunque descrivibile ed anche la vista dall’esterno poco può significare rispetto al perdersi nei suoi meandri, qualsiasi luogo è visitabile e vien da chiedersi fino a quando potrà esser così dato che il numero di persone è elevatissimo e anche prestando la massimo attenzione non si può non portare disagi alla struttura. Ma ora si può fare e conviene approfittarne, poi da qui l’escursione continua a piedi verso nord passando per il Bauphuon dove si sale solamente con pantaloni lunghi (unico monumento dove vien richiesto questo costume) altrettanto imponente anche per la vista che dall’alto regala, sempre verso nord si prosegue al Phimeanakas da cui si sale sulla terrazza degli elefanti per arrivare a quella del Re lebbroso e da lì spingersi ad ovest verso il Preah Palilay, il primo monumento dove al natura si è fatta padrona del posto. Da queste parti si trovano molte bancarelle dove rifocillarsi e rinfrescarsi, perché camminare nel mezzo della foresta non è troppo caldo ma appena scompaiono gli alberi i 35° si sentono tutti. Nella spianata del Kleang, dopo ore ore di visite, ci ricongiungiamo col nostro conducente di motoremorque per continuare verso ovest alla ricerca di altri siti raggiungibili dalla porta est. Uno di fronte all’altro si trovano il Chau Say Tevoda ed il Thommanom e poco dopo altra sosta a Ta Keo, grande tempio a forma piramidale privo però di qualsiasi decorazione, ma da dove il panorama spazia lontano. Ultima tappa al più celebre, sebben piccolo tempio della zona, Ta Prohm, la cui immagine di alberi che si mangiano la porta centrale è uno dei simboli della Cambogia. Ovviamente l’assembramento è incredibile, gli spazi sono limitati, la vista frontale dell’immagine simbolo delimitata da piccole balaustre, ma è comunque possibile girare per le gallerie interne anche se non illuminate. Sarà immagine già vista più volte ma rimane comunque fantastica, la natura che domina le costruzioni umane, qui in una lotta paritaria (mentre a Beng Mealea la natura vincerà alla grande…) con due grandi vincenti. Da qui in un attimo arriviamo (gli spostamenti col motoremorque nella foresta sono rigeneranti perché l’aria fresca si rivela una brezza fantastica visto il caldo) al bacino artificiale per le abluzioni reali del Sra Srang attorniato da bancarelle e ristoranti. Nel pomeriggio riprendiamo l’escursione al limitrofo Banteay Kdei per recarci infine alla meta delle mete, l’Angkor Wat, il più grande tempio al mondo, se non addirittura la città tempio. Nel pomeriggio la luce lo illumina di fronte, l’incanto è ancora maggiore, si entra percorrendo una prima strada rialzata nel mezzo del bacino, una volta varcato il portico ovest ci si trova di fronte il vero e proprio wat, anche qui raggiungibile su di una ennesima strada rialzata di altri 200 m. Ma già qui ci sono altri monumenti da osservare, se non fosse che il wat fa diventare tutto minuto al proprio cospetto. La vasca sinistra prima del wat regala quelle favolose immagine dell’Angkor Wat riflesso sull’acqua, meglio approfittarne quando c’è meno ressa e magari le arancioni vesti dei monaci donano maggiori cromatismi all’insieme. Una volta entrati ci sono tantissime cose da vedere, volendo ogni singolo bassorilievo (in primis le splendide apsara) è un mondo a sé per comprendere cosa avvenne qui in tempi fastosi, tanto vale perdersi e ritrovarsi ogni volta in un luogo ancora più incredibile. Unica nota, non si può accedere all’ultimo piano, il Bakan, ma poco male. Permeati da questa magnificenza, attendiamo che il tramonto si avvicini in uno dei numerosissimi ristoranti dove sorseggiare qualcosa di ritemprante dal caldo per andare verso Phnom Bakheng, la collina ad ovest da cui godersi il miglior tramonto su tutta Angkor. Peccato che l’idea sia condivisa da migliaia di persone, la salita per la sommità è un serpente unico di genti, l’ascesa al tempio (niente di particolare) regolata da numerose guardie, una volta in vetta par di essere nella bolgia più totale, dove vedere qualcosa è un’impresa, chiunque scatta a caso chissà cosa e per di più le nuvole mai viste durante il giorno coprono il sole ed il tramonto non colora le fantastiche costruzioni di Angkor. Peccato da poco, scendiamo il sentiero ancora attorniati da un mare di gente, trovare il nostro motoremorque un’impresa non da poco, poi per fortuna il conducente conosce una scorciatoia nella foresta tale da evitare il flusso di pullman che coi gas di scarico a pochi centimetri sarebbero letali. Una volta calato il sole il percorso sul motoremorque pare addirittura fresco, un buon finale per una giornata “emozionante”. Dopo una lunga doccia rigenerante tempo di cena ma a Siem Reap non c’è che l’imbarazzo della scelta, da Pub Street all’infinito.

 

continua...

 

BLOGGER

Luca COCCHI

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